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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Repubblica - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
19.06.2008 Quelle verità omesse
sulle fattorie Shebaa e sui pretesti di Hezbollah

Testata:La Repubblica - Il Sole 24 Ore
Autore: Alberto Stabile - Roberto Bongiorni
Titolo: «Israele: Trattative dirette con il Libano - Israele a Beirut: trattiamo»

Quella avviata tra Israele ed Hezbollah è "la trattativa che ha reso ancora più inutile la Seconda Guerra del Libano". L'esordio della della cronaca di Alberto Stabile pubblicata da La REPUBBLICA del 19 giugno 2008 non riguarda i fatti, ma la loro interpretazione politica. Interpretazione discutibilissima: si può benissimo ipotizzare che Hezbollah sia stato costretto alla trattativa proprio dai colpi subiti durante la guerra del Libano, che non l'hanno distrutto, ma l'hanno sicuramente danneggiato.

Passando a scrivere dell'iniziativa diplomatica americana per la favorire la cessione al Libano, da parte di Israele, delle fattorie
 Shebaa, Stabile omette di precisare che esse non sono territorio libanese nemmeno per L'Onu. Spiega invece correttamente che Herzbollah, e il governo libanese che dal gruppo terroristico è condizionato, chiedono che gli israeliani si ritirino dalle fattorie prima dell'inizio del negoziato. Ma non trae da questa circostanza la logica conclusione: che il "Partito di Dio" vuole ottenere da Israele concessioni senza sedersi al tavolo negoziale, edunque senza dare nulla in cambio. E soprattutto che le sue rivendicazioni territoriali sono solo pretesti. Hezbollah non ha alcun vero interesse a che le fattorie Shebaa vengano cedute al Libano. Anzi, teme questa prospettiva, che gli toglierebbe una (inconsistente) giustificazione per il suo mancato disarmo. Le armi di Hezbollah non servono alla "resistenza" contro un'occupazione inesistente. Ciò che il gruppo sciita, seguito da troppi media occidentali, chiama "occupazione" deve anzi continuare.
I veri obiettivi di Hezbollah restano la distruzione di Israele e l'espansione della rivoluzione khomenista.

Ecco il testo:


GERUSALEMME - Lo trattativa che ha reso ancora più inutile la Seconda Guerra del Libano si è conclusa. Con ogni probabilità, già all´inizio della prossima settimana i due soldati israeliani Eldad Regev ed Ehud Goldwasser, il cui rapimento, il 12 luglio del 2006, per mano degli Hezbollah, venne considerato dal governo Olmert un casus belli cui seguì un conflitto durato oltre un mese, saranno scambiati con alcuni detenuti libanesi, tra cui Samir Kuntar, un terrorista condannato a vari ergastoli, e un centinaio di cadaveri. Poco si sa sulla sorte dei due ostaggi israeliani, ma le autorità militari hanno fatto capire che potrebbero essere morti.
L´iniziativa diplomatica americana che, invece, dovrebbe portare all´apertura di un vero e proprio negoziato di pace tra Israele e il Libano sembra invece non ricevere una grande accoglienza, tranne che da parte israeliana. Ieri, il portavoce del premier Olmert ha dato seguito all´inattesa proposta avanzata qualche giorno fa dal segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice alle autorità libanesi («è tempo di discutere delle fattorie di Shebaa») affermando la disponibilità del governo israeliano ad avviare un negoziato. Da Beirut, tuttavia, non è arrivata una risposta incoraggiante. Il premier designato Fuad Siniora ha preso tempo, trincerandosi dietro la solita precondizione: prima i soldati israeliani devono ritirarsi dalle fattorie, quindi dovrà subentrare una forza internazionale, infine parleremo di pace. In realtà Sinora, non può ignorare il veto subito degli Hezbollah alla proposta della Rice. Il partito di Dio sospetta, infatti, che dietro l´apertura americana vi sia la volontà di disarmare, o per lo meno neutralizzare il peso politico della guerriglia.
Le fattorie di Shebaa, un piccolo territorio ai piedi del Golan, sono infatti l´ultimo baluardo cui gli Hezbollah restano aggrappati per giustificare il mantenimento del loro ricco armamento. Finché le fattorie resteranno sotto occupazione israeliana, l´Hezbollah potrà rivendicare il suo ruolo in quanto forza della resistenza all´occupazione. La differenza, di cui la Rice non sembra aver tenuto conto nella sua sortita a Beirut, la scorsa settimana è che oggi il Partito di Dio, dopo l´accordo di Doha, è anche una forza di governo di cui tanto il premier Sinora, quanto il presidente Suleiman non possono non tener conto.
Laddove gli Hezbollah vedono esaltato il proprio ruolo è sullo scambio di prigionieri che si prospetta ormai imminente con Israele. Una vicenda che, di contro, coglie in difficoltà il governo israeliano. Non solo il governo Olmert ha finito con il trattare, seppure tramite i buoni uffici di un diplomatico tedesco, dopo aver detto che non avrebbe trattato, ma dovrà liberare quel Samir Kuntar definito, a suo tempo «una pedina di scambio» per ottenere la liberazione di Ron Arad, un aviatore caduto con il suo aereo in territorio libanese e nel 1986 e di cui s´è persa ogni traccia.
Anche per quanto riguarda la tregua con Hamas, Olmert pretende di aver mantenuto la linea della fermezza. «Non trattiamo con i terroristi», ha detto, aggiungendo che è stata Hamas ad invocare la calma dopo mesi di pressione economica e militare. Ma anche qui c´è un ostaggio di mezzo, il soldato Gilad Shalit, da due anni nelle mani delle milizie islamiche, e dunque un compromesso prima o poi sarà opportuno.

Neanche Roberto Bongiorni sul SOLE 24 ORE spiega che non è solo Israele a considerare le fattorie parte del territorio siriano: lo dice anche l'Onu (non proprio un organismo filoisraliano)

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