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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - L'Opinione Rassegna Stampa
30.05.2008 Olmert sempre più in difficoltà
una cronaca e l'analisi di Michael Sfaradi

Testata:Il Giornale - L'Opinione
Autore: la redazione - Michael Sfaradi
Titolo: «Anche il partito si mette contro Olmert - Israele, tre scenari per il dopo Olmert»
Dal GIORNALE del 30 maggio 2008:

Rompendo gli indugi, il ministro degli Esteri israeliano, signora Tzipi Livni, alla fine ha lanciato il guanto di sfida al premier Ehud Olmert, chiedendo primarie per scegliere la nuova leadership del partito. Una sortita che arriva nel mezzo di una tempesta politica che vede il primo ministro, indagato per finanziamenti illegali, sollecitato da più parti a dimettersi.
La proposta della signora Livni non ha precedenti. «Kadima dovrebbe iniziare a prepararsi ora per un possibile scenario, comprese le elezioni. Personalmente sono una convinta sostenitrice delle primarie» ha detto la responsabile della diplomazia israeliana e numero due del partito. «Credo che l’opinione pubblica debba essere coinvolta nell’elezione della nuova leadership, che servirebbe anche a coagulare l’attenzione della gente sul Kadima».
Ieri era stato il ministro della Difesa e leader del partito laburista, Ehud Barak, a chiedere le dimissioni di Olmert nella convinzione che sia ormai inevitabile che il premier sia incriminato per fondi illegali ricevuti prima di rilevare la guida del governo da un finanziere statunitense di origine israeliana. Ma se il ministro laburista del governo di coalizione non ha avuto riserve, la signora Livni non ha chiesto esplicitamente le dimissioni di Olmert da premier o da segretario del partito. Ha detto però che «la questione non è soltanto legale né soltanto penale», perché «non si tratta di questioni personali del primo ministro, ma di valori e regole che devono essere rispettate». Olmert, il cui mandato scade a novembre 2010, ha già fatto sapere che non ha alcuna intenzione di dimettersi, sebbene un sondaggio riveli che il 70% dell’opinione pubblica chiede che si faccia da parte.

L'analisi di Michael Sfaradi sulla crisi politica in Israele:

La pubblicazione della lettera del ministro della Difesa Ehud Barak che chiede al primo ministro di dimettersi è stata accolta negli ambienti politici come un terremoto, in quanto si tratta di un vero e proprio ultimatum. Barak, che è il segretario del Partito del Lavoro “Ahavoda” ha annunciato che in caso di rifiuto, lui e i ministri del suo partito lasceranno il governo, e il suo partito farà mancare la maggioranza in parlamento. Una mossa del genere era nell’aria dopo le rivelazioni di Morris Talansky, il milionario che ha raccontato alla commissione d’inchiesta che sta indagando sulle accuse di corruzione mosse contro il primo ministro, come, dove e quando ha passato denaro a Olmert. Denaro in contanti e rigorosamente in nero, regali, vacanze nei posti più belli del mondo, all’allora sindaco di Gerusalemme e delfino di Sharon. Olmert si è giustificato dicendo che si trattava di prestiti personali ma vista la sua posizione avrebbe fatto meglio, in caso avesse avuto bisogno di liquidità, a rivolgersi alle banche, evitando a se stesso ed alla nazione imbarazzanti situazioni.

Il primo ministro avrebbe dovuto dimettersi da tempo, soprattutto per i danni che ha fatto nominando nel suo primo governo un sindacalista eccentrico come Perez a ministro della Difesa e un generale con grande esperienza come Shaul Mofaz ai Lavori pubblici. Il pressapochismo con il quale ha governato ha toccato l’apice nella conduzione della guerra del 2006 che vide Israele in gravi difficoltà contro Hetzbollah. Olmert era miracolosamente riuscito a superare il momento di crisi politica solo perché il resoconto della commissione Vinograd, che indagò sulla conduzione della guerra, alla fine fu addomesticato, e perché il Capo di stato maggiore e il ministro della Difesa diedero le dimissioni assumendosi in toto la responsabilità dell’impreparazione con cui Israele aveva affrontato la crisi libanese. Nel rimpasto di governo che ne seguì dovette però inserire Barak, che nel frattempo era diventato segretario di “Ahavoda”, come ministro della Difesa, lo stesso che con la lettera di ieri apre, di fatto, la crisi di governo.

Uno degli scenari possibili è che la direzione politica di Kadima possa chiedere le dimissioni ad Olmert da segretario ed indire nuove elezioni di partito che l’attuale ministro degli Esteri Zipni Livni ha ottime possibilità di vincere. Se ciò dovesse accadere, Olmert sarebbe obbligato a lasciare il suo incarico. Ieri mattina però, proprio per evitare questa eventualità, ha chiesto al partito di dargli il tempo di dimostrare la sua innocenza, affermando che non è possibile che delle accuse possano costringere un primo ministro alle dimissioni. Gli altri possibili scenari sono: o una crisi di governo con conseguente apertura delle urne, la popolazione sarebbe chiamata al voto anticipato. Oppure, ma questa è solo un’ipotesi quasi fantapolitica sebbene esista un precedente: il presidente Shimon Peres potrebbe decidere di affidare l’incarico per un nuovo governo a Bibi Nethaniau, segretario del “Likud” e capo dell’opposizione. Nethaniau potrebbe quindi formare un esecutivo di unità nazionale con la sinistra di Barak e traghettare il paese in questo difficile momento.

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