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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - Il Riformista Rassegna Stampa
29.05.2008 Il Libano come Gaza
ed Hezbollah già cerca di rifarsi il trucco per le opinioni pubbliche occidentali

Testata:Il Foglio - Il Riformista
Autore: la redazione - Francesco De Leo
Titolo: «Perché l’unità nazionale libanese prepara uno scenario alla Gaza - Hezbollah battezza la missione Unifil»
Dal FOGLIO del 29 maggio 2008:

Beirut. Michel Suleiman, neopresidente libanese, ha guidato ieri a Beirut le consultazioni parlamentari dopo che la maggioranza del 14 marzo ha proposto l’attuale premier, Fouad Siniora, a capo del futuro governo. In Libano ancora una volta la politica si arena sul termine “consenso”: per mesi la crisi ha ruotato attorno al “consenso” sul nome di un candidato alla presidenza, poltrona rimasta vacante dal novembre 2006 a domenica. Poi l’opposizione degli sciiti di Hezbollah ha portato il confronto nelle strade, dove si è combattuto per giorni, con più di 70 morti. L’accordo di Doha ha poi aperto alla nomina di Suleiman, imponendo la formazione di un esecutivo di unità nazionale in cui il Partito di Dio detiene il potere di veto. Ma il consenso non sembra essere arrivato con l’intesa raggiunta in Qatar. Ieri l’opposizione ha mostrato subito di contrastare la scelta della maggioranza. “La nomina di Siniora – ha detto il generale Michel Aoun, cristiano maronita alleato di Hezbollah – è la continuazione della disputa e non è il consenso”. Il presidente libanese non è stato eletto per mesi non perché mancasse un’intesa sul suo nome, ma perché le parti non si mettevano d’accordo sulla formazione di un governo d’unità nazionale in cui Hezbollah pretendeva un terzo dei ministri e il potere di veto. Oggi il Partito di Dio ha raggiunto con le armi il suo obiettivo, ma l’elezione di Siniora a premier non significa un futuro di coordinamento tra le parti e di raggiungimento di obiettivi comuni, come si aspetta – a parole – Suleiman, che in occasione della sua elezione ha parlato di dialogo nazionale. Poche ore dopo, in seguito a un discorso del segretario generale del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, il movimento e il suo alleato sciita Amal e uomini armati sunniti vicini alla maggioranza sono tornati a battersi nelle strade della capitale, 18 persone sono rimaste ferite e due uccise. Gli scontri rispecchiano le prossime difficoltà e i futuri testa a testa all’interno del governo d’unità nazionale. Come spesso è accaduto in questi ultimi anni, le similitudini tra il Libano e Gaza sono ricorrenti. Del resto, la regia è unica. Nel gennaio 2007 gli scontri politici tra il partito del presidente palestinese Abu Mazen, Fatah, e Hamas, gruppo di maggioranza, hanno ormai preso la forma di quotidiane lotte armate nelle strade della Striscia. Il movimento islamista è nettamente superiore a livello militare: le vittime nelle fila di Fatah sono molte. Con la mediazione saudita si arriva a un compromesso alla Mecca, al consenso, alla formazione di un governo di unità nazionale in cui i più forti sul campo di battaglia ottengono molto, come a Beirut hanno ottenuto molto con le armi i leader del Partito di Dio. Ma l’esecutivo d’unità nazionale palestinese non ha risolto la situazione, anzi, il consenso politico non è mai arrivato e gli scontri per le strade di Gaza si sono intensificati fino alla rottura definitiva arrivata a giungo del 2007, quando con le armi Hamas ha ottenuto quello che non otteneva tra gli scranni, annientando militarmente e politicamente, a Gaza, i rivali. Così in Libano il premier Siniora accetta di guidare un esecutivo in cui i rivali di Hezbollah – che, come ha detto al Foglio il ministro delle Telecomunicazioni Marwan Hamade, hanno una visione di stato inconciliabile con quella della maggioranza del 14 marzo – non soltanto hanno un alto numero di ministri, ma anche il potere di veto su tutte le decisioni che cercherà di prendere a partire da oggi.

Il RIFORMISTA pubblica un'intervista ad Abdallah Kassir, direttore della televisione di Hezbollah, l'antisemita Al Manar.
Kassir sarà a Roma per due giorni, a quanto pare
 " incontri non ufficiali di particolare importanza".
Nell'intervista, Kassir dismette i toni della propaganda bellicosa e dell'odio antiebraico.  Parlando a un pubblico occidentale Hezbollah indossa  la maschera della ragionevolezza.

Ecco il testo:

Incontri non ufficiali di particolare importanza. Questi i rumours sulla due giorni romana del leader di Hezbollah Abdallah Kassir, direttore di Al Manar , la televisione del Partito di Dio. Noi lo abbiamo incontrato a qualche giorno dall'elezione del presidente Suleiman mentre in Libano si susseguono incontri per la formazione di un nuovo governo di coalizione, che potrebbe essere guidato dal premier uscente Fuad Siniora. Hezbollah è ovviamente il massimo protagonista di questa importante fase politica del Paese e la radio dell'esercito israeliano ha diffuso la notizia, poi smentita da un alto funzionario israeliano, che Israele sarebbe pronto a liberare cinque detenuti libanesi e a restituire i resti di dieci miliziani di Hezbollah in cambio del rilascio di due soldati catturati quasi due anni fa.
Perché avete accettato l'elezione a presidente del generale Suleiman?
«Perché è un patriota. In dieci anni poi è riuscito a trasformare l'esercito e a guidarlo secondo sani principi. Lo sosteniamo perché ha mantenuto la pace sociale evitando per il Libano un'altra guerra civile. Non è stato scelto solo da noi, ma da tutte le parti del panorama politico libanese».
Facciamo un passo indietro. Il colpo di mano militare che ha preceduto la sua elezione non ha infranto il vostro mito di resistenti? Vi siete sempre appellati a questo per giustificare il possesso di armi e avevate più volte promesso che non le avreste mai usate contro i libanesi?
«È stata una forte reazione da parte di tutta l'opposizione a una vera e propria dichiarazione di guerra contro Hezbollah del governo Siniora. Un governo che noi non consideriamo legittimo per la mancanza di una componente sciita al suo interno. Hanno voluto mettere le mani sulla nostra rete di comunicazione sotterranea, che ha permesso di resistere agli israeliani nel 2004. Questo è stato un diretto attacco alla resistenza. Abbiamo fatto 18 mesi di opposizione a Siniora e al suo governo e neanche quando abbiamo portato in piazza un milione e mezzo di persone ci hanno dato attenzione».
Cosa c'entra tutto questo con il gravissimo attentato alla televisione Futura?
«Non siamo stati noi a bruciarla, ma un piccolo gruppuscolo dell'opposizione, il Partito Sociale Nazionalista Siriano. Hanno anche issato la loro bandiera, dopo essere entrati negli studi, tutto il Libano è al corrente di questo. Hezbollah è sempre stato per la molteplicità dell'informazione e ha invitato subito gli amministratori della televisione a riprendere le trasmissioni. E così è avvenuto».
Armi, rete di telecomunicazione, controllo dell'aeroporto. Siete uno Stato nello Stato, come può il Libano considerarsi uno stato sovrano?
«Quello che dice è il risultato di una deformazione della nostra immagine. Hezbollah non è altro che un movimento di liberazione, il suo compito è difendere il Paese da qualsiasi aggressione nemica. Dal '92 tutti i governi hanno riconosciuto il nostro ruolo e vedrà sarà lo stesso per il prossimo. La nostra scelta non è quella di conservare in eterno il possesso delle armi e non è questa la nostra forza. Abbiamo un largo consenso tra la gente, combattiamo la corruzione, offriamo servizi e una mano ai diseredati, difendiamo tutti i libanesi, non solo gli sciiti».
La presenza di Unifil è un problema per voi?
«Assolutamente. Abbiamo accettato la risoluzione 1701 che ha messo fine al conflitto con Israele. Unifil è di grande aiuto. L'importante è che non interferisca con le questioni interne del Paese».
Lei oltre che parlamentare è un uomo di comunicazione. Non crede che sarebbe mediaticamente vincente, oltre che moralmente, la liberazione dei due soldati israeliani che dal 12 luglio del 2006 custodite impunemente e illegalmente?
«Hezbollah da tanto tempo sta facendo un appello alle Nazioni Unite, al mondo arabo e a tutte le organizzazioni internazionali per la liberazione dei molti libanesi che sono stati rapiti dal nostro territorio durante l'invasione israeliana e ancora non sono stati restituiti. Sono in prigione in Israele da 23 anni, mentre i soldati israeliani lo sono solo da due. Noi leghiamo la loro liberazione a quella dei nostri, credo sia così per ogni conflitto».
Che ne è di loro, sa dirci qualcosa della loro condizione?
«Io non posso dare dettagli. Solo il segretario generale del Partito, Hassan Nasrallah, in stretto rapporto con gli organi di sicurezza, può dare le giuste risposte. Io posso dirle che guardiamo a questo sequestro anche con un occhio alla questione umanitaria».
Il presidente Ahmadinejad è atteso a giorni qui a Roma. Cosa pensa delle sue dichiarazioni sulla distruzione dello Stato di Israele?
«Quanto dichiara Ahmadinejad non ci impegna per nulla. Sono sue parole e riguardano solamente lui. Noi auspichiamo che palestinesi ed ebrei vivano assieme pacificamente. Però attenzione spesso l'informazione deforma la realtà, si estrapolano frasi da un discorso più articolato. Personalmente riconosco l'olocausto degli ebrei, ma allo stesso tempo ritengo che a volte lo si strumentalizzi per giustificare l'occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele».

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