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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Repubblica - Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.05.2008 Bush denuncia la minaccia iraniana
Teheran "consiglia" all'Italia di distanziarsi dall'alleato americano

Testata:La Repubblica - Corriere della Sera
Autore: Richard Engel - Maurizio Caprara
Titolo: «Bush: "Bisogna fermare l´Iran e un blitz non è da escludere" - L'Iran mette in guardia Roma»

Da La REPUBBLICA del 20 maggio 2008

Presidente Bush, di fronte alla Knesset in Israele lei ha detto che negoziare con l´Iran è inutile. Poi ha aggiunto che è una forma di appeasement. Si riferiva al senatore Obama? Lui lo ha pensato…
«La mia politica non è cambiata, ma evidentemente il calendario politico sì. Bisogna che la gente si legga il mio discorso: io ho detto che dobbiamo prendere sul serio le parole altrui. Quando un leader iraniano dice che ha intenzione di radere al suolo Israele, dobbiamo prendere le sue parole sul serio. Se non lo facciamo, verrà un giorno in cui ascolteremo chi dirà che non l´abbiamo fatto… È stato del tutto appropriato che io alla Knesset ricordassi che le parole di Adolf Hitler non furono prese sul serio».
Lei sostiene che Teheran non deve assolutamente mettere a punto l´atomica. Quanto tempo manca, a suo parere, prima che l´Iran acquisisca la capacità nucleare?
«Non intendo fare supposizioni, se ne fanno troppe. Ma una cosa è sicura: dobbiamo assolutamente evitare che imparino ad arricchire l´uranio. Ho detto chiaramente agli iraniani che c´è un posto al tavolo delle trattative pronto per loro se sospenderanno le operazioni di arricchimento e consentiranno di verificarlo sul campo. Altrimenti continueremo a far fronte comune nel mondo per isolarli».
Il potenziamento dell´Iran è in gran parte una conseguenza della guerra in Iraq…
«Non credo di condividere questa sua affermazione. Anzi, penso che l´Iran sia preoccupato perché in Iraq sta nascendo una giovane democrazia. Del resto l´idea che se Saddam Hussein fosse ancora al potere tutto in Medio Oriente filerebbe liscio e senza problemi è completamente ridicola. Saddam Hussein sosteneva il terrorismo… riesce a immaginare che cosa sarebbe successo in termini di instabilità in Medio Oriente se tra Saddam Hussein e Ahmadinejad si fosse scatenata una corsa agli armamenti? Io credo che, al contrario, l´unico modo per sconfiggere coloro che ricorrono al terrorismo per destabilizzare le giovani democrazie sia quello di aiutare le democrazie ad avere pieno successo».
Lei afferma che l´Iran è una delle minacce più pericolose per le politiche americane nella regione – con Hamas, Hezbollah, le milizie in Iraq… Ha in mente di concludere il suo mandato alla presidenza con un´azione militare di qualche tipo contro l´Iran?
«Sono congetture. Ho sempre affermato chiaramente che questa possibilità esiste, è sul tavolo. Ma sappiamo che l´arma migliore che abbiamo contro coloro che non tollerano la libertà è far guadagnare terreno alla libertà stessa».
Considera ancora l´Iraq un successo? Sul terreno le cose non sembrano proprio stare così, e la gente continua a voler lasciare il Paese…
«Strano, ciò che lei dice contrasta con i sondaggi d´opinione che ho visto e anche con l´atteggiamento degli iracheni con i quali ho parlato. Naturalmente lei è libero di avere le sue opinioni ».

Dal CORRIERE della SERA un articolo sull'"avvertimento" iraniano all'Italia:

ROMA — La Repubblica islamica di Mahmoud Ahmadinejad ha risposto con un tono né brusco né accondiscendente a Franco Frattini, il ministro degli Esteri che aveva promesso un approccio «molto fermo» verso l'Iran a causa dei suoi piani nucleari e, allo stesso tempo, aveva dichiarato di voler far ricoprire all'Italia un ruolo di «facilitatore» per un dialogo tra Washington e Teheran. Il governo di Silvio Berlusconi non dia retta alle cattive amicizie, è un po' il messaggio arrivato in cambio dall'Iran, laddove le peggiori sono considerate quelle dei fautori di un inasprimento delle sanzioni decise dall'Onu.
Tramite il portavoce del suo ministero degli Esteri, Mohammad Ali Hosseini, Teheran ha raccomandato al governo italiano di avere «una posizione più realistica sul programma nucleare pacifico dell'Iran» e di «non farsi influenzare da false notizie» o dalla politica di altre nazioni. Questi suggerimenti, troppo garbati per essere un altolà, ma non privi di un sottile avviso, sono stati rivolti ricordando «i rapporti cordiali» con l'Italia e attestando, riguardo al Medio Oriente, che «le autorità italiane hanno una visione più profonda e realistica della regione rispetto ad altri Paesi».
Prima che Romano Prodi lasciasse Palazzo Chigi, in via riservata e senza certezze dagli iraniani era stato domandato un parere sull'ipotesi che Ahmadinejad potesse venire a Roma tra il 3 e il 5 giugno, quando si svolgerà la conferenza della Fao su sicurezza alimentare e clima. Non risulta che l'idea abbia compiuto alcun passo avanti. Da parte italiana era stato suggerito che, se realizzato, il viaggio andava impiegato per lanciare una nuova fase della politica iraniana su quei progetti nucleari nei quali una parte del mondo, Usa in testa, vede la premessa della costruzione di un arsenale atomico. Insomma, se Ahmadinejad fosse venuto sarebbero servite proposte tali da permettere sviluppi nel dialogo con l'Europa.
L'interscambio commerciale tra Italia e Iran nel 2007 è stato superiore a cinque miliardi di euro. Anche se la visita non ci sarà, sembra che il governo Berlusconi e Iran si stiano annusando, cercando di capire se esistono prospettive per aprire un varco nello scambio di valutazioni piuttosto sordo tra Occidente e Teheran, operazione tanto difficile quanto teoricamente possibile considerata la durata dello stallo. In una conversazione con giornalisti in un volo verso Lima e in un'altra con il Financial Times, Frattini la settimana scorsa ha annunciato la richiesta di portare l'Italia nel «5+1», il comitato sul nucleare iraniano formato dai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu e dalla Germania.

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