Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Chi vuole che Unifil 2 non cambi? Michele Giorgio, Umberto De Giovannangeli, Massimo D'Alema e naturalmente Hezbollah
Testata:Il Manifesto - L'Unità Autore: Michele Giorgio - Umberto De Giovannangeli Titolo: «Unifil, «vietato cambiare linea» - Scontro con Israele D’Alema difende l’Unifil in Libano»
UNITA' e MANIFESTO difendono l'Unifil. Il quotidiano comunista cita la contrarietà a una modifica delle regole d'ingaggio di Nassib Lahoud, esponente della maggioranza antisiriana(che ovviamente teme le armi di Hezbollah, che non vuole affrontare), e di Hezbollah stesso (non certo una sorpresa). Il quotidiano post-comunista cita ovviamente D'Alema.
D'Alema, Hezbollah, Michele Giorgio, Umberto De Giovannangeli. Una bella compagnia che vuole che in Libano le cose rimangano come stanno. Non potrebbe esserci prova più evidente, ci sembra, del fatto che devono cambiare.
Ecco l'articolo del MANIFESTO:
Indicato lo scorso anno dal fronte antisiriano «14 marzo» come uno degli esponenti cristiani candidati alla presidenza della repubblica libanese - poi la scelta è caduta su Michel Suleyman (ancora non eletto) - Nassib Lahoud non è certo un amico di Hezbollah e come gli altri componenti dello schieramento di maggioranza vuole il disarmo della guerriglia del movimento sciita. Allo stesso tempo Lahoud conosce bene la realtà del Libano. Sa che nella situazione delicata in cui vive il paese, le prove di forza potrebbero provocare una catastrofe e che la soluzione dei contrasti interni deve essere necessariamente politica. Perciò non sorprende che Lahoud stia registrando con una certa preoccupazione gli attacchi durissimi ai quali viene sottoposto il comandante della missione Unifil in Libano del sud, il generale Claudio Graziano, da parte di Israele ma anche il desiderio di cambiare le «regole d'ingaggio» della missione internazionale manifestato dal premier in pectore Berlusconi. «Abbiamo apprezzato molto il ruolo svolto sino ad oggi dall'Italia in Libano e ci auguriamo che resti immutato», dice Lahoud, «quello che i libanesi vogliono è il rispetto della risoluzione 1701 dell'Onu (che ha fissato i termini del cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah, ndr) e crediamo che i soldati italiani dell'Unifil e il comandante Claudio Graziano stiano svolgendo un ruolo fondamentale in quella direzione». «Per noi libanesi - ha aggiunto - sarebbe una forte delusione vedere l'Italia diminuire il numero dei suoi soldati e con esso l'impegno per la stabilità del Libano». Nei giorni scorsi lo stesso governo libanese aveva denunciato come «estremamente pericolose» le dichiarazioni di Berlusconi in merito alle regole d'ingaggio. Le preoccupazioni della maggioranza antisiriana sono legate alla instabilità, con sviluppi imprevedibili e pericolosi, che provocherebbe un atto di forza contro Hezbollah che, da parte sua, ha già messo in guardia da «cambiamenti» in Libano del sud. «Una modifica volta a dare alle truppe internazionali l'autorità di far uso della forza - ha scritto in un comunicato - e anche di installare posti di blocco all'esterno del dispiegamento attuale, cambierebbe il mandato dell'Unifil dal compito di garantire il rispetto della risoluzione 1701, nel ruolo di forze di occupazione». Ma la stabilità interna del Libano non sta a cuore a Israele, che dopo aver espresso moderata soddisfazione per oltre un anno, dopo la guerra del 2006, per la funzione svolta dall'Unifil e apprezzamento per il lavoro fatto dal ministro degli esteri italiano, Massimo D'Alema, adesso attraverso il suo quotidiano più autorevole, Ha'aretz, spara raffiche di accuse alla missione internazionale e al suo comandante Claudio Graziano e parla addirittura di «copertura intenzionale» delle violazioni della risoluzione 1701 che avrebbe compiuto Hezbollah (secondo Tel Aviv il movimento sciita starebbe rafforzando le sue postazioni a sud del fiume Litani e riempiendo i suoi arsenali di migliaia di razzi). Il governo Olmert naturalmente ritiene del tutto normale e legittimo che l'aviazione israeliana violi costantemente - l'ultima volta due giorni fa - lo spazio aereo libanese e con esso la risoluzione 1701. Approvata nell'agosto 2006 dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, la risoluzione 1701 ha dato mandato all'Unifil di garantire il rispetto del cessate il fuoco, collaborando con l'esercito regolare libanese. L'Italia con 2.500 soldati rappresenta il contingente principale dell'Unifil (13mila uomini). Di recente la Germania ha trasferito il comando della Task Force marittima dell'Unifil alla Forza marittima europea «Euromarfor», a guida italiana, incaricata di pattugliare i 200 km di coste libanesi. Israele vorrebbe che la missione internazionale disarmi, anche con la forza, Hezbollah, portando a compimento quello che il suo esercito, il più forte del Medio Oriente, non è riuscito a fare con l'offensiva di due anni fa. E in questo sembra trovare il pieno appoggio del nascente governo Berlusconi che, evidentemente, non ha problemi con le probabili perdite in vite umane che subirebbe l'Unifil. D'Alema ieri ha espresso sostegno a Claudio Graziano e sottolineato come le forze della missione internazionale stiano operando nel pieno apprezzamento di tutte le parti coinvolte. I quasi due anni di stabilità al confine tra Israele e Libano, ha detto il ministro degli esteri, costituiscono la miglior testimonianza dell'efficacia dell'azione svolta dall'Unifil. E che le regole siano «assolutamente coerenti con la risoluzione 1701» lo afferma anche il capo di stato maggiore, Vincenzo Camporini. «Noi non abbiamo mai sentito parlare di insoddisfazione, il mandato delle Nazioni Unite è molto chiaro - ha spiegato -. Lo scopo politico della missione è stato definito in termini di regole d'ingaggio e di strumenti. E non mi risulta che vi siano motivi di insoddisfazione. Se poi un giornale (Ha'aretz), per quanto autorevole, lo scrive, saranno problemi suoi». Sulla modifica delle «regole d'ingaggio» era intervenuto nei giorni scorsi anche il primo maresciallo Pasquale Figo, veterano di missioni all'estero, per criticare l'ex ministro della difesa Antonio Martino, fautore di un intervento più belligerante dei soldati italiani in Libano o, in caso contrario, del loro impiego su altri «fronti di guerra». «L'onorevole Martino ha dimenticato i tanti morti avuti sotto la sua guida al ministero della difesa - ha scritto Figo - ha dimenticato con quale leggerezza sono morti i miei colleghi militari a Nassiriya». L'ex presidente Francesco Cossiga invece, a commento delle accuse israeliane all'Unifil, ha dato suggerimenti al nascente esecutivo italiano. «Al governo e al nuovo ministro della difesa consiglio non solo di rimuovere il generale Graziano ma, d'intesa con il ministro degli esteri, anche di rinunziare al comando di Unifil».
E quello dell'UNITA':
LA SUA RIMOZIONE ha una matrice politica. La sua uscita di scena non ha nulla a che vedere con ragioni operative, ma rimanda a una determinazione che accomuna ambienti governativi israeliani con il futuro governo di centrodestra italiano. Il «caso-Grazia- no» si spiega così. Nei tempi e nei modi della sua esplosione. A sostegno del comandante della missione Unifil nel Sud Libano è sceso ieri in campo il ministro degli Esteri Massimo D’Alemma. Il titolare della Farnesina ha espresso pieno sostegno all’operato dell’Unifil e del suo comandante, Claudio Graziano, sottolineando come le forze della missione internazionale delle Nazioni Unite stiano operando nel pieno apprezzamento di tutte le parti coinvolte e in piena conformità con le disposizioni della risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 1701. Lo rende noto la Farnesina, precisando che «a commento di articoli di stampa che rilevavano asserite carenze nei meccanismi di informazione da parte Unifil su incidenti verificatisi nel territorio di propria competenza, D’Alema, in linea con quanto è stato ribadito anche dalla portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha evidenziato che il mandato prevede una stretta collaborazione tra l’Unifil stesso e le Forze Armate Libanesi per la stabilizzazione dell’area a sud del fiume Litani. Tale obiettivo è stato perseguito attraverso un meccanismo di costante raccordo e scambio di informazioni che coinvolge, ha poi rimarcato, anche le Forze Armate israeliane. I quasi due anni di stabilità al confine tra Israele e Libano dopo il devastante conflitto dell’estate 2006, ha sottolineato il Ministro D’Alema, costituiscono la miglior testimonianza dell’efficacia dell’azione svolta dall’Unifil. Puntualizzazione che trova consensi sia negli ambienti governativi che in quelli dell’opposizione libanesi, che non nascondono la loro preoccupazione per la ventilata modifica delle regole d’ingaggio dei nostri soldati impegnati nella missione Onu, della quale nei giorni successivi alle elezioni del 13 e 14 aprile hanno parlato esplicitamente sia il futuro premier Silvio Berlusconi che il pressoché certo neo ministro degli Esteri, Franco Frattini. Una cosa è certa: la serietà del giornale israeliano, Haaretz, che ha esplicitato gli attacchi rivolti da ambienti politici e di governo israeliano all’operato dell’Unifil e del suo comandante, il generale Claudio Graziano. È lo stesso Graziano a chiarirlo quando in una dichiarazione all’Ansa afferma: «Oggi (l’altro ieri sera, ndr.) sono stato in contatto con i vertici dell’esercito di Israele e mi hanno confermato che l’articolo (di Haaretz, ndr.) non proviene da fonte militare israeliana e non interpreta in alcun modo il pensiero dei militari israeliani». Si tratta di un punto-chiave nella ricostruzione di un attacco tutto politico: «Al di là delle differenze di opinioni - insiste il comandante dell’Unifil - che possono esserci tra parti che cooperano, l’operato dell’Unifil è giudicato credibile e il suo comandante non è mai stato criticato, hanno detto i miei interlocutori». Haaretz aveva scritto che l’Unifil non riferisce al Consiglio di Sicurezza dell’Onu un quadro preciso della situazione in sud Libano, «dissimulando intenzionalmente» violazioni della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite da parte degli Hezbollah. Secondo lo stesso giornale, Graziano avrebbe inoltre una «blanda interpretazione della sua missione» e «sta riferendo mezze verità per evitare imbarazzi e un conflitto con gli Hezbollah». Graziano ha sottolineato che anche con l’esercito libanese il rapporto è ineccepibile, e ha ricordato che i militari libanesi sono partner dell’Unifil, in base alla risoluzione 1701 dell’Onu: «con loro lavoriamo spalla a spalla, a volte li chiamiamo fratelli in armi». Ma è forse proprio questa «fratellanza» che non è gradita ad ambienti governativi israeliani che vorrebbero un impegno più deciso, «combattente», dei caschi blu, nei confronti delle milizie di Hezbollah. Per farlo, occorre una modifica delle regole d’ingaggio dei soldati Onu, e tra essi di quelli italiani; modifica che delinea una profonda trasformazione del senso politico della presenza della forza internazionale nel Paese dei Cedri. Gerusalemme sa che il nascente governo italiano intende operare una sostanziale discontinuità nella politica mediorientale del governo uscente. Una discontinuità che parte dal Libano. E dall’uscita di scena di un generale troppo «dialogante».
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