Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Dossier Iran l'atomica cge potrebbe essere più vicina di quanto si pensi, l'islam pacifico dei dervisci, osteggiato dal regime
Testata:La Repubblica - L'Opinione Autore: la redazione - Vanna Vannuccini Titolo: «Dennis Ross lancia l’allarme: “Atomica islamica entro il 2009” - La Jihad di pace dei mistici iraniani»
Da L'OPINIONE del 25 aprile 2008, un articolo sull'allarme lanciato da Dennis Ross, ex consigliere del presidente Clinton: “Entro il 2009, l’Iran potrebbe essere una potenza nucleare, se non una potenza nucleare militare". Ecco il testo:
Potrebbe mancare poco alla realizzazione della bomba atomica iraniana, molto meno di quanto si possa pensare. Già l’annuncio di Ahmadinejad sull’installazione di 6000 nuove centrifughe e sulla costruzione di un nuovo impianto per l’arricchimento dell’uranio ad Ardakhan aveva preoccupato la comunità internazionale. Ma il pericolo potrebbe essere ancora maggiore. E ad affermarlo è Dennis Ross, alto funzionario del segretariato di Stato statunitense, esperto di Medio Oriente, ex consigliere del presidente Clinton e uno degli “architetti” del processo di pace. “Entro il 2009, l’Iran potrebbe essere una potenza nucleare, se non una potenza nucleare militare”. Se il regime di Teheran non sarà fermato in tempo, potrà accumulare una quantità di materiale fissile sufficiente alla costruzione delle sue prime armi nucleari. Secondo Ross, la Repubblica Islamica, ha “quasi passato il varco”. E: “Una volta che lo avrà passato, noi dovremo giocare in modo differente. Dovremmo affrontare la questione con ben altra urgenza. Stiamo finendo fuori tempo massimo”. Ross ricorda agli smemorati di turno che sia l’ex presidente “pragmatico” Rafsanjani, sia l’attuale presidente Ahmadinejad parlavano esplicitamente di bombe atomiche per annientare Israele, facendo capire molto chiaramente al mondo intero quali fossero le loro intenzioni.
Da La REPUBBLICA del 28 aprile, un articolo di Vanna Vannuccini sull'islam pacifico dei dervisci iraniani, invisi al regime:
Il vecchio signore dalla barba e i capelli bianchi e lo sguardo di nonno affettuoso parla davanti a un migliaio di giovani donne radunate. È una domenica mattina. Nourali Tabandeh, capo spirituale dei sufi dell´Ordine dei Gonabadì Nematollahi, parla di jihad in toni molto diversi da quelli che siamo abituati a sentire dal mondo islamico: «Ne viene data un´interpretazione assolutamente falsa. I musulmani non hanno diritto di aggredire, solo quello di difendersi», dice. «Jihad non è la guerra santa, è lo sforzo che i nostri cuori debbono fare per raggiungere Dio». Parla di diritti umani e di diritti delle donne. Legge le lettere che alcune delle donne presenti gli hanno consegnato, pronuncia a voce alta i loro nomi, forse una promessa di intercedere per loro presso Qualcuno più in alto. Dice che per percorrere la via della spiritualità c´è bisogno di una guida, altrimenti c´è il pericolo di smarrirci nel mare dell´anima. La preghiera comincia recitando i versetti del Corano per i defunti. Nella sala, dove le donne sono sedute in circolo, si leva un coro, interrotto ogni tanto da lamenti, invocazioni affannose che poi si ricongiungono alle altre voci. Si recitano i 99 nomi di Dio, e i nomi dei pir, i capi spirituali dell´Ordine risalendo fino ad Alì, che per gli sciiti è il secondo califfo legittimo dopo Maometto. Si recitano poesie che parlano dell´amore assoluto - un amore che non ha bisogno né della promessa di ricompense nell´aldilà né della minaccia di punizioni. Alcune donne piangono silenziosamente. Dalla sala accanto, riservata agli uomini e munita di altoparlante (gli uomini radunati sono almeno tremila, mi dirà poi l´amico che mi ha accompagnato) la tensione e il tono della preghiera sono più alti, a un certo punto prorompe un grido «Hu», «Lui!» , che scuote anche la nostra sala. Se c´è un Islam sconosciuto in occidente ma che è molto diverso da quello che ormai viene visto dagli occidentali come una religione militante che predica l´odio e l´intolleranza è proprio il sufismo, dice Tabandeh. Questa tradizione mistica è una corrente parallela che si è diffusa con tanta più forza quanto più la rete delle prescrizioni e dei comandamenti della sharia minacciavano di soffocare l´Islam ortodosso. I sufi, o dervish - così chiamati dalle parole arabe "suf", dai sai di lana che alcuni portavano nei tempi passati, o "dervish", povero - al posto delle regole rigide seguono una religione emotiva alla ricerca dell´esperienza diretta di Dio. Chiedo alle due donne che sono sedute in cerchio accanto a me se anche tra le donne c´è chi raggiunge uno stato estatico. Mi dicono che molto raramente succede, ma che per loro l´esperienza straordinaria è di sentirsi allo stesso tempo come individui e provare un legame inscindibile con le altre, come una corda che le tenesse legate insieme. Una di loro che fa l´insegnante è preoccupata che alla scuola dove insegna vengano a sapere che lei frequenta questo Hosseinyè. La ricerca del rapporto diretto con Dio rende infatti i sufi molto sospetti ai governanti. Gli ayatollah al potere a Teheran vedono il sufismo come qualcosa che mette in questione la loro stessa legittimazione e hanno intensificato negli ultimi tempi repressioni e vessazioni. Nourali Tabandeh è stato arrestato pochi mesi fa con il pretesto di aver disobbedito all´ordine, arbitrario e immotivato, di lasciare la sua città natale Gonabad. L´autunno scorso sono stati attaccati i dervisci di Boroujerd, ci sono stati 80 feriti e centinaia di arresti. Un anno prima, a Qom, 1200 sufi sono stati espulsi dalla città per dieci anni, diversi paesi islamici avevano protestato. Ma forse proprio la diffidenza dei potenti è alla radice del grande afflusso di giovani che si sono avvicinati ai sufi in questi ultimi anni in Iran. Da due a cinque milioni, si dice, non esistono statistiche, ma i luoghi di preghiera sono molto più affollati che in passato. «L´organo della conoscenza è il cuore», ci dice Ahmad Bedii, uno dei sufi che conducono la preghiera nello ziarat di Beydokht, un luogo di pellegrinaggio dove sono sepolti gli ultimi tre grandi maestri dell´Ordine. Beydokht, alla periferia di Gonabad, è il centro spirituale dei sufi nematollahi. «Qui si sente l´odore di Dio» dice Bedii. Si arriva a Gonabad da Teheran attraverso 800 chilometri di deserto fatto di rocce annerite, laghi di sale e terreni crepati sotto il sole. Ma a Gonabad uno dei più antichi qanat dell´Iran porta da millenni l´acqua delle montagne, lontane qualche centinaio di chilometri, alla città, circondata in questa stagione da una distesa di albicocchi e mandorli fioriti. Nello ziarat, sotto una cupola intarsiata di specchi e cristalli, due donne toccano con devozione la tomba di uno dei maestri, Reza Ali Shah, nell´anniversario della sua morte. I grandi maestri sufi vengono considerati come dei santi, dotati di forze soprannaturali, ed è soprattutto sulle tombe che è bene chiedere loro una grazia. Il giardino è come tutti i giardini persiani circondato da mura, con una fontana che sprizza frescura sui fiori bianchi degli albicocchi. C´è un piccolo cimitero dove due donne accarezzano la tomba del padre. Su una terrazza un giovane è assorto, forse bisbiglia il dhikr, quel "ricordo interno di Dio" che per un sufi è la pratica religiosa più importante. «Attraverso il ricordo di Dio i cuori diventano sereni», dice il Corano. Ogni nuovo allievo viene iniziato da un maestro che il giorno in cui lo considera pronto ad affrontare il viaggio, gli suggerirà all´orecchio la parola segreta che gli insegnerà come praticare il dhikr. Al bazar un commerciante di zafferano (a Gonabad cresce il miglior zafferano iraniano) dice che da un sufi comprerebbe qualsiasi cosa a occhi chiusi. «Sono loro i musulmani migliori perché non mentono, sono onesti, hanno il senso della giustizia e della compassione. Ma il regime, soprattutto il nuovo governatore di Gonabad, un hezbollah fedelissimo di Ahmadinejad, fa di tutto per rendere loro la vita impossibile».