Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La scelta di vivere a Sderot Davide Frattini intervista la scrittrice Avirama Golan
Testata: Corriere della Sera Data: 23 aprile 2008 Pagina: 16 Autore: Davide Frattini Titolo: «Sotto i razzi a Sderot. Per scelta»
Dal CORRIERE della SERA del23 aprile 2008:
Avirama Golan con il compagno Shmulik Shem Tov, produttore televisivo, davanti alla loro nuova casa di Sderot
GERUSALEMME — I più sorpresi sono stati i traslocatori. «A Sderot?», hanno chiesto due volte prima di caricare gli scatoloni sul furgone. Via della Mandorla, 12. E' il nuovo indirizzo di Avirama Golan. Che ha lasciato la baldoria colorata del quartiere Sheinkin a Tel Aviv per una casa con due camere da letto: una ha le finestre, l'altra è tutta muri, rinforzata, dove passare le notti, quando i botti dei Qassam e la paura tengono svegli. La scrittrice si è trasferita da pochi giorni con il compagno. Fa la pendolare due volte alla settimana, per passare negli uffici del giornale Haaretz (è una degli editorialisti) e per convincere gli amici che ancora non ci credono. «Anche noi siamo sbalorditi — scrive in un diario dalla città sotto assedio —, è un'avventura che unisce la voglia di andare controcorrente e la ricerca di un significato». Avirama e Shmulik Shem Tov sono cresciuti nella sinistra israeliana. Lui, produttore televisivo, è tra i fondatori di Peace Now e il padre è stato un ministro di Mapam, il partito marxista-sionista, considerato il progenitore di Meretz. Hanno scelto di vivere in una delle case del Kibbutz Migvan, un villaggio urbano nel mezzo di Sderot. «Gli occhi dei vicini — racconta la scrittrice — riflettono la loro sorpresa: davvero rimanete qui? Non è solo per il fine settimana? ». Tre bambine offrono le nuove rose di un cespuglio che due mesi fa era stato centrato da un missile. Qualcun altro cucina una torta o una zuppa, nel kibbutz si mangia ancora nella sala comune. «La sera tiriamo fuori la coperta che a Tel Aviv non serviva più. Qui le notti sono fredde, l'aria è pulita e secca. Il rumore delle auto sulla strada, una conversazione sottovoce, musica da una festa lontana. L'esplosione di un razzo che arriva senza avvertimento». Il primo Qassam è caduto su Sderot sette anni fa. «Allora pensavamo che fossero colpi di mortaio — ricorda il sindaco Eli Moyal —. In pochi secondi ci siamo ritrovati in prima linea. Ho paura che i prossimi sette anni saranno anche peggiori ». Negli ultimi sette giorni la città è stata colpita da una cinquantina di missili, sparati dalla Striscia di Gaza. Un cartello all'ingresso tiene il conto, il grande numero nero dà il benvenuto ai visitatori. «Per una giovane madre è l'inferno — dice Avirama Golan —. Pensare ai tuoi figli che vanno e tornano da scuola. I miei amici di sinistra mi dicono: per i palestinesi a Gaza è peggio. Non è questo il punto ». La scrittrice spiega di aver scelto Sderot anche perché «sta alla periferia del Paese. Povera gente, dimenticata da tanti governi. Ci si arriva in un'ora d'auto, eppure sembra così lontana da Tel Aviv. Voglio ridurre questa distanza». Come lei, altri neopionieri lasciano il centro di Israele — e i palazzi di quelli che non ci vogliono pensare — per spostarsi tra i cubi bianchi delle case popolari, gettate come dadi nel deserto del Negev. Iki Elner, ex portavoce di Yossi Sarid (fondatore di Meretz), è arrivato due anni fa. «Chi può permetterselo, chi ha i soldi, lascia Sderot — commenta —. Quello che succede qui sta frantumando la nostra società». In città si sono trasferiti anche Michael Eitan, parlamentare del Likud, Droor Zeevi, docente all'università Ben Gurion, Anat Saragosti, giornalista del Canale 2. Ehud Olmert è stato criticato per non averci voluto passare neppure qualche giorno: ha scelto di trascorrere le vacanze della Pasqua ebraica sulle alture del Golan. «Il primo ministro avrebbe potuto alleviare lo sconforto degli abitanti— commenta il quotidiano Yedioth Ahronoth — che si sentono abbandonati. Avrebbe potuto usare l'occasione per mandare un messaggio a quelli che sparano i missili: non ci intimidite, non ce ne andiamo. Invece ha fatto una scelta vergognosa». Il primo Qassam di Avirama cade tra i mandorli fioriti. «La voce di donna registrata avverte due volte "codice rosso, codice rosso". I bambini corrono al rifugio più vicino, anche se non è in casa loro. Sentiamo il botto, poi il silenzio di un'immagine congelata». Il cartello all'ingresso della città conta un altro razzo. Benvenuti a Sderot. Avirama Golan con il compagno Shmulik Shem Tov, produttore televisivo, davanti alla loro nuova casa di Sderot
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