Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Hamas disponbile alla pace ? rassegna di quotidiani che danno credito alla bufala
Testata:La Repubblica - L'Unità - Il Manifesto - Liberazione - Metro Autore: Giampaolo Cadalanu - Umberto De Giovannangeli - la redazione Titolo: «Hamas offre una tregua a Israele Ma deve tornare ai confini del ‘67 - Hamas: sì a confini '67 - Carter: Hamas vuole trattare Ma senza riconoscere Israele - Hamas offre tregua a Israele»
"Riconoscimento implicito" , "promessa strappata" ", "cambiamento di termini molto significativo", "riconoscimento della controparte" implicato dal passaggio dal termine "tahdiya" (calma) al termine "hudna" (tregua).
L'articolo di Giampaolo Cadalanu sull'esito dell'incontro tra l'ex presidente americano Jimmy Carter e il capo di Hamas Khaled Meshal è una pura e semplice mistificazione.
Meshal ha è stato chiarissimo nel rifiutare il riconoscimento del diritto all'esistenza di Israele. La differenza tra un cessate il fuoco non dichiarato e una tregua concordata ufficialmente non ha alcun vero significato politico. Per Hamas l'obiettivo resta la distruzione di Israele. La tregua dei dieci anni sarebbe soltanto un preludio a una nuova guerra. E il gruppo islamista potrebbe sfruttare quei dieci anni per armarsi e rafforzarsi.
Particolarmente scandaloso il fatto che l'articolo non citi nemmeno, tra le condizioni poste da Hamas per la hudna, il "diritto al ritorno dei profughi" in Israele. Che segnerebbe la fine dello Stato ebraico. Certo la proposta "Siamo disposti a una tregua di dieci anni se accettate di suicidarvi", che è il vero significato delle parole di Meshal ( che per altro non spostano di una virgola la sua abituale posizione politica) suona meno bene che "Hamas sarebbe pronta ad accettare il diritto dello stato ebraico a vivere in pace con i vicini", che è quanto sostiene Jimmy Carter.
Nessun cenno nemmeno alle dichiarazioni del portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri, che poco dopo le dichiarazioni di Carter ha chiarito che il gruppo terrorista islamista non si riterrebbe comunque vincolato dall'esito di un referendum palestinese.
Ecco il testo completo:
Hamas è pronta a un riconoscimento implicito di Israele, purché lo Stato ebraico torni ai confini precedenti al ‘67: è la promessa strappata da Jimmy Carter nel suo viaggio diplomatico alla ricerca della pace in Medio oriente. All´incontro di Damasco con l´ex presidente Usa, il leader palestinese Khaled Meshal non ha parlato esplicitamente di riconoscimento ma ha detto che Hamas è pronta ad accettare «uno stato palestinese nei confini precedenti al ´67, con Gerusalemme capitale e senza insediamenti, ma senza riconoscere Israele». Non è il passo formale che molti volevano, ma c´è un cambiamento di termini molto significativo: «Abbiamo offerto una tregua se Israele si ritira ai confini del 1967, una tregua di 10 anni come prova di riconoscimento», ha detto Meshal. Il fatto più importante è che per indicare la "tregua" il leader islamico ha usato il termine arabo hudna, mentre fino ad ora aveva detto tahdiya, che indica un periodo di calma. Meshal, scrive il quotidiano israeliano Haaretz, utilizzava questa parola per indicare un semplice "cessate il fuoco", mentre il termine hudna comporta il riconoscimento della controparte. È presto per valutare le prospettive di questa apertura, ma secondo Carter, Hamas sarebbe pronta ad accettare il diritto dello stato ebraico a vivere in pace con i vicini. Finora il movimento islamico aveva sempre rivendicato l´intero territorio compreso nello stato di Israele: la stessa carta fondamentale di Hamas invoca la distruzione dello stato ebraico. Il movimento palestinese, ha aggiunto l´ex presidente Usa, accetterebbe un accordo di pace mediato dal presidente palestinese Abu Mazen, persino se i termini dell´accordo non fossero graditi, purché siano approvati in un referendum. Nella conferenza stampa a Gerusalemme, Carter ha dovuto ammettere di aver incassato un "no" da Hamas sulle sue richieste di tregua unilaterale e di uno scambio rapido di prigionieri che includesse il soldato Gilad Shalit, rapito da palestinesi nel giugno 2006. La "missione diplomatica" di Carter ha fatto fare passi avanti anche alla trattativa fra Israele e Siria per le alture del Golan, ma non è riuscito a strappare a Meshal l´impegno a far cessare i lanci dei missili Qassam dalla striscia di Gaza: «Ho fatto del mio meglio», ha detto l´ex presidente.
Entusiasta Umberto De Giovannangeli, che inzia il suo articolo pubblicato da L' UNITA' con l'elogio di Carter, "uomo di parola". Perché come aveva promesso ha tenuto una conferenza stampa per fare un bilancio del suo viaggio a Damasco...
Peccato che in tale occasione non abbia semplicemente ammesso il totale fallimento dell'iniziativa. Al contrario, in modo molto pericoloso ha cercato di vantare un successo inesistente. U.d.g. , com'era facile prevedere, lo segue su questa via:
È UN UOMO DI PAROLA, Jimmy Carter. All’inizio del suo contrastato «viaggio di studio» in Medio Oriente, l’ex presidente Usa incontrando a Gerusalemme un gruppo di giornalisti stranieri, tra i quali il collaboratore de l’Unità, Osama Hamdan, si era impegnato, al suo ritorno nella Città Santa, a trarre un bilancio della sua missione mediorientale. Impegno mantenuto. Nel colloquio con il pool di giornali, tra i quali l’Unità, l’ottantaquattrenne Premio Nobel per la pace (nel 2002) parte da una considerazione generale: «È stato un viaggio importante - dice - dal quale ho tratto la convinzione che esistono ancora le condizioni per rilanciare il negoziato di pace ma ciò sarà possibile solo se tutti i protagonisti dimostreranno coraggio e lungimiranza». Speranza e inquietudine: sono i sentimenti che hanno caratterizzato i colloqui che Carter ha avuto a Gerusalemme, Ramallah, Il Cairo, Damasco. «Siamo ad uno snodo cruciale della tormentata vicenda mediorientale - sottolinea l’ex presidente Usa a l’Unità -. Al Cairo, ho registrato le preoccupazioni del presidente Mubarak, uno dei coraggiosi protagonisti del dialogo arabo-israeliano, convinto che il fallimento delle trattative tra Israele e Autorità nazionale palestinese aprirebbe una fase di destabilizzazione per l’intero Medio Oriente che finirebbe per rafforzare le spinte estremiste e mettere a rischio le leadership arabe moderate». Tra gli elementi confortanti, l’ex presidente americano inserisce anche «la disponibilità manifestata dal presidente siriano Hafez Assad (incontrato da Carter a Damasco, ndr.) a negoziare con Israele una pace globale, fondata sulle risoluzioni Onu e sulla reciproca garanzia di sicurezza». In questo scenario si colloca la questione-Hamas. Le aperture di Carter al movimento integralista palestinese hanno irritato la Casa Bianca e il premier israeliano Ehud Olmert. Il «viaggio di studio» è servito all’ex presidente Usa - che è stato mediatore della trattativa che, avviata a Camp David nel 1978, portò Israele a firmare uno storico accordo di pace con l’Egitto - «per rafforzare la mia convinzione che non sia possibile parlare di pace tagliando fuori metà di un popolo e criminalizzando la sua dirigenza». Hamas, dunque. Carter ha avuto modo di incontrare a Ramallah, al Cairo e a Damasco i vertici del movimento integralista palestinese. Grazie al nostro collaboratore, l’ex presidente Usa ha preso atto, «molto positivamente», dell’apertura di credito: «Per noi, il presidente Carter può mediare il cessate il fuoco con Israele», a lui rivolta dal premier di Hamas (dimissionato da Abu Mazen) Ismail Haniyeh. Carter rivela che i leader di Hamas, da lui incontrati nei giorni scorsi: gli ex ministri Mahmud al Zahar e Said Siam (i referenti dell’ala «dura» del movimento integralista) e, soprattutto, il capo dell’ufficio politico, in esilio a Damasco, Khaled Meshaal, che accetterebbero un accordo di pace con Israele negoziato dal presidente palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen) se approvato con un referendum dai palestinesi. I leader di Hamas, spiega Carter, «mi hanno detto che accetterebbero uno stato palestinese sui confini del 1967 se approvato dai palestinesi anche se potrebbero dissentire su alcune clausole dell’accordo». «Ciò significa - aggiunge - che Hamas non saboterà gli sforzi di Abu Mazen di negoziare un accordo a condizione che sia approvato dai palestinesi con un voto libero». Una condizione che il Premio Nobel per la Pace giudica «ragionevole, perché accetta una prassi democratica che la comunità internazionale dovrebbe sostenere con convinzione». Una importante conferma alle parole dell’ex presidente Usa giunge da Damasco. Hamas accetta la creazione di uno stato palestinesi sui territori occupati da Israele nel 1967 ma non riconoscerà lo stato di Israele, dichiara Meshaal. Hamas, aggiunge il leader integralista in esilio, «rispetterà la volontà nazionale dei palestinesi, anche se questo andasse contro le sue convinzione». Le affermazioni di Meshaal rafforzano l’iniziativa dell’ex presidente americano. In questo quadro Carter si dice «dispiaciuto» per le critiche rivoltegli dalle autorità israeliane e dalla Casa Bianca per aver voluto incontrare i dirigenti di Hamas. Un dispiacere, puntualizza, che «non ha nulla di personale ma che è tutto politico». «Il problema - sottolinea Carter - non è che mi sono incontrato con Hamas in Siria. Il problema è il rifiuto di Israele e degli Stati Uniti di incontrarsi con qualcuno che deve essere coinvolto». «Un coinvolgimento - valuta l’ex presidente Usa - che potrebbe favorire una evoluzione politica di Hamas». Non solo parole. Da Damasco, Carter ha portato con sé un documento nel quale i dirigenti di Hamas si dicono disposti a formare un nuovo governo con il presidente Abu Mazen, leader del partito laico Fatah, costretto a riparare lo scorso giugno nella Cisgiordania occupata, dopo il colpo di mano degli integralisti islamici nella Striscia di Gaza. «Siamo pronti a negoziare con il presidente la formazione di un governo di coalizione, non di esponenti di Hamas o di Fatah, ma di tecnici e la costituzione di una forza professionale di polizia», recita la lettera. Carter si dice convinto che sia Hamas sia la Siria devono essere coinvolti in qualsiasi tentativo di soluzione del conflitto mediorientale. «La strategia attuale, che esclude Hamas e Siria, non sta funzionando. Sta esacerbando il ciclo di violenza, creando equivoci e animosità», rileva. Israele non ha permesso a Jimmy Carter di recarsi a Gaza, ma l’ex presidente Usa è «pienamente consapevole della condizione di sofferenza in cui versa la popolazione civile della Striscia, un milione e mezzo di persone praticamente chiuse in gabbia», così come, visitando la Cisgiordania, «ho potuto constate di persona il permanere di centinaia di posti di blocco che, assieme alla crescita degli insediamenti, spezzano la Cisgiordania in una miriade di enclave». Carter ha potuto visitare la città israeliana di Sderot, continuamente bersagliata dai razzi sparati dalla Striscia di Gaza. «Non posso che ribadire - dice a l’Unità - quanto ho affermato durante la mia visita a Sderot: i razzi contro quella città sono un crimine. Quella visita mi ha convinto ancor di più ad agire perché sia raggiunto un cessate il fuoco». Nei giorni di permanenza in Israele, Carter ha avuto modo di parlare con i genitori di Gilad Shalit, il giovane caporale israeliano, rapito da miliziani palestinesi nel giugno 2006. «Hamas - annuncia l’ex presidente Usa - ha acconsentito che Gilad scriva una lettera ai suoi genitori». Quella lettera è un segno di vita da tempo atteso dalla famiglia Shalit.
Disinforma anche Il MANIFESTO secondo il quale Hamas "ha mostrato la sua disponibilità" e accetta i confini del 67 (in realtà, accetta la nascita di uno Stato palestinese nei confini del 67, il che è diverso: Israele può essere distrutta anche per fasi, come nel vecchio piano dell'Olp) Ecco il testo :
Hamas accetta la nascita di uno stato palestinese solo nei confini dei Territori occupati da Israele nel 1967 ma, nello stesso tempo, rifiuta di riconoscere l'esistenza dello Stato ebraico. È questa la formula trovata ieri dal leader supremo degli islamisti palestinesi, Khaled Meshaal, al termine dell'ennesimo colloquio con Jimmy Carter. Per dimostrare di fare sul serio Meshaal ha lanciato la sua proposta assieme a quella di un cessate il fuoco di 10 anni con Israele. «Noi accettiamo uno stato sulla linea del 4 giugno con Gerusalemme capitale, vera sovranità e pieno diritto al ritorno per i profughi, ma senza riconoscere Israele», ha dichiarato lo stesso Meshaal ai giornalisti a Damasco. Con riferimento a un eventuale accordo di pace tra Israele e l'Autorità palestinese del presidente Abu Mazen il leader in esilio nella capitale siriana ha spiegato che Hamas «rispetta la volontà nazionale palestinese, anche se dovesse andare contro le nostre convinzioni». Si riferiva probabilmente a un referendum su un eventuale accordo di pace nei Territori occupati che l'Amministrazione statunitense spera di poter far indire entro la fine dell'anno. «Vuol dire che Hamas non impedirà gli sforzi di Abu Mazen di negoziare un accordo e che lo accetterà se i palestinesi lo sosterranno in un voto libero» ha spiegato l'ex presidente Usa. In sostanza Meshaal, che Carter sta provando a riportare al tavolo delle trattative assieme a Israele e all'Autorità palestinese del presidente Abu Mazen, ha mostrato la sua disponibilità. Hamas - dopo aver cacciato nel giugno scorso i rivali di Fatah dalla Striscia di Gaza - è rimasta isolata politicamente ed economicamente. Nello stesso tempo qualsiasi soluzione - da una semplice tregua a qualsiasi tipo di accordo - non può essere raggiunto senza gli islamisti, che rappresentano la maggioranza degli elettori palestinesi e sono in grado di opporre una resistenza anche dalla piccola Gaza. Le dichiarazioni di Meshaal non hanno convinto l'Amministrazione Bush, che non vi ha visto alcun cambiamento di linea: «Dobbiamo esaminare le dichiarazioni, ma anche le azioni, e queste ultime parlano più forte delle parole» ha detto la portavoce della Casa Bianca Dana Perino.
Le spericolate interpretazioni di Carter sulle dichiarazioni di Hamas diventano "rivelazioni" per LIBERAZIONE. Secondo il quotidiano comunista il gruppo islamista vuole trattare con Israele, ma senza riconoscerla. Formula acrobatica che nasconde soltanto il nulla di fatto della missione di Carter a Damasco. Ecco il testo:
Hamas potrebbe appoggiare un accordo di pace con Israele per una Palestina entro i confini del 1967. Lo rivela l'ex presidente statunitense Jimmy Carter durante una conferenza stampa a Gerusalemme dopo aver avuto nel fine settimana ripetuti incontri con i vertici del movimento di resistenza islamista, tra cui il leader in esilio a Damasco Khaled Mashal. Il gruppo islamista potrebbero quindi accettare un negoziato raggiunto dalla fazione rivale del presidente Abu Mazen (Fatah) se venisse approvato dai palestinesi con un referendum popolare. «Mi hanno detto che accetterebbero uno Stato di Palestina entro i confini del 1967 se approvato dai palestinesi... anche se Hamas dissentisse da alcuni termini dell'accordo», ha ripetuto Carter. Per poi aggiungere: «Questo significa che non mineranno l'azione di Abu Mazen». Rivelazioni quelle di Carter avvenute nella prima mattinata di oggi, ma che il movimento al potere nella Striscia di Gaza secondo l'agenzia Ap si è affrettato a smentire in parte, forse in nome di un gioco al rialzo o di semplici separazioni interne. Poche ore dopo l'annuncio dell'ex presidente infatti, il portavoce Sami Abu Zuhri, ha fatto sapere con un comunicato che i commenti di Carter «non significano che Hamas accetterà i risultati di un referendum». E in ogni caso sembra molto difficile che il movimento islamico riconoscerà lo Stato israeliano. Lo stesso Meshal in un comunicato diffuso nel pomeriggio di ieri su Internet, commentando le proposte avanzate da Carter, non accenna mai al riconoscimento di Israele ma conferma l'apertura sui confini del '67, spiegando che il movimento da lui guidato «rispetterà la volontà della nazione palestinese, anche se va contro le convinzioni» di Hamas
Foto e didascalia che seguono accompagnano l'articolo di LIBERAZIONE. E' evidente che non c'entrano nulla. Servono solo a creare una reazione emotiva che convinca ancora di più il lettore che Hamas vuole la pace e Israele la guerra. Perché non pubblicare un immagine di Sderot bombardata dai kassam ?
In memoria di Fadel Shana, cameraman palestinese di Reuters, 23 anni, ucciso da un tank ...
Disinformazione anche su METRO, sul quale si legge tra l'altro:
"Apertura piccola ma significativa di Hamas verso il processo di pace", "di fatto una possibilità di convivenza"
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