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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Europa - Il Manifesto - Liberazione - L'Unità Rassegna Stampa
15.04.2008 Povero Carter, gli israeliani non lo proteggono dai suoi amici di Hamas
ma Yossi Beilin (all'estrema sinistra) è con lui

Testata:Europa - Il Manifesto - Liberazione - L'Unità
Autore: la redazione - Michele Giorgio - Stefania Podda - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Gli 007 israeliani si rifi utano di proteggere la visita dell’ex presidente Carter - Tratta con Hamas. Scorta negata a Carter - Jimmy Carter a Sderot ma senzala protezione degli 007 israeliani -«Bene Carter, trattare con Hamas è interesse di Israele»»
Svariati giornali italiano  lamentano della mancata collaborazione delle autorità israeliane alla sicurezza di Jimmy Carter durante la sua visita a Sderot.
Dagli abitanti di questa città martoriata dai missili di Hamas e della altre formazioni terroriste di Gaza, Carter non aveva da temere: volevano spiegargli la loro situazione.

Dai qassam, le scorte non proteggono. In ogni caso, perché i terroristi palestinesi dovrebbero colpire un loro buon amico come Carter?

Ecco l'articolo di EUROPA

 
I servizi segreti di Israele si sono rifiutati di assistere i colleghi americani nella protezione di Jimmy Carter, in visita nello stato ebraico. Il boicottaggio si aggiunge alla decisione del premier israeliano, Ehud Olmert, di non ricevere l’ex presidente americano per protesta contro il suo annunciato incontro a Damasco con il leader di Hamas in esilio, Khaled Meshaal, e per aver equiparato il trattamento dei palestinesi all’apartheid in un libro del 2006. Israele ha anche negato a Carter il permesso di incontrare in carcere il leader dell’Intifada, Marwan Barghouti, ha riferito un portavoce del premio Nobel per la Pace nel 2002. Lo Shin Bet, il servizio segreto interno, non ha voluto incontrare i responsabili della sicurezza di Carter e si è rifiutato di fornire qualsiasi tipo di assistenza. Fonti americane hanno parlato di fatto «senza precedenti».

Anche Il MANIFESTO si lamenta della mancata scorta a Carter. Un caso più unico che raro il quotidiano comunista che invoca le forze di sicurezza israeliane. La "sicurezza" non era un pretestto per le "aggressioni" israeliane ?

Jimmy Carter ieri non si è risparmiato manifestando la sua piena solidarietà alla popolazione di Sderot, la cittadina israeliana bersaglio dei lanci dei razzi artigianali palestinesi. «Penso che ogni tentativo deliberato di uccidere cittadini innocenti sia un crimine infame», ha detto l'ex presidente americano e premio Nobel per la pace. «Spero che arrivi rapidamente una tregua a fermare tutto questo», ha aggiunto prima d'incontrare una delegazione di abitanti e di studenti di Sderot. Ma nemmeno queste dichiarazioni sono servite a modificare l'atteggiamento delle autorità israeliane verso il presidente americano che pure dovrebbe incontrare la riconoscenza infinita dei dirigenti dello Stato ebraico. Carter è stato il mediatore della trattativa che, avviata nel 1978 a Camp David, portò Israele a firmare uno storico accordo di pace con l'Egitto, il più importante a quel tempo dei paesi arabi. Niente da fare. Carter ora riceve il trattamento che si riserva ad un nemico. Il premier Olmert, il ministro degli esteri Livni e della difesa Barak non lo hanno ricevuto. Solo il presidente Peres si è degnato di incontrarlo. Motivo? L'aver scritto, senza se e senza ma, nel suo libro «Palestine: Peace, not Apartheid», che l'establishment dello Stato ebraico deve ricercare una pace giusta con i palestinesi e non praticare una politica di separazione razziale nei confronti di questo popolo sotto occupazione dal 1967. La reazione in Israele (e non solo) dopo la pubblicazione di quel testo è stata furiosa e Carter ha subìto - anche negli Stati Uniti - critiche pesantissime che hanno sfiorato l'accusa di antisemitismo. Ma ad arroventare i rapporti è anche il suo prossimo incontro a Damasco con il capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Meshaal, a conclusione di un tour di nove giorni nella regione, che lo porterà oggi in Cisgiordania e successivamente in Egitto, Siria, Giordania e Arabia Saudita. Un colloquio, quello col numero uno degli islamisti, che Israele e il Dipartimento di stato Usa condannano senza mezze parole. «È molto importante che qualcuno incontri i dirigenti di Hamas per poter scambiare opinioni, per vedere se possono dare prova di moderazione, per tentare di convincerli a cessare gli attacchi contro civili innocenti in Israele e a cooperare con Fatah per unire i palestinesi», ha spiegato Carter difendendo la sua decisione di incontrare Mashaal. «Non andrò al colloquio con Hamas come mediatore o negoziatore - ha aggiunto - sono impegnato a sostenere l'opera di pace patrocinata dal presidente George Bush e dal Segretario di stato Rice, dagli israeliani e dai palestinesi». Intervistato ieri dal quotidiano Haaretz si è detto convinto che in nome della pace «Israele deve parlare con tutti» e, incontrando il deputato Yossi Beilin, ha precisato che nell'incontro a Damasco affronterà la questione del rilascio del caporale israeliano Gilad Shalit, catturato dai palestinesi due anni fa. Non è servito a nulla, precisazioni inutili, il boicottaggio è continuato. A Carter non è stata assicurata neppure la protezione dei servizi di sicurezza durante la visita a Sderot. Una fonte americana ha parlato di fatto «senza precedenti» nei rapporti fra lo Shin Bet israeliano e il Secret service, che protegge i presidenti e gli ex presidenti americani, così come i leader israeliani in visita negli Usa. Lo Shin Bet non ha voluto incontrare il capo della squadra del Secret service assegnata a Carter. Il paradosso è che mentre l'ex presidente Usa viene messo sulla graticola per il suo prossimo incontro con Mashaal (lo stesso era accaduto a Romano Prodi e Massimo D'Alema, perché avevano suggerito aperture ad Hamas), Israele in segreto tratta con il movimento islamico. Il leader palestinese Abu Mazen ha detto che il governo Olmert è pronto a una tregua nella Striscia di Gaza, controllata da Hamas. «La mia riunione dell'altra sera (con Olmert) si è concentrata sulla tregua, i mezzi per applicarla e imporre la sicurezza, attraverso gli egiziani» ha riferito Abu Mazen attraverso un portavoce, «le condizioni sono la sospensione dei lanci di razzi, il rispetto della tregua da parte di tutti i palestinesi e l'interruzione del traffico di armi».

Le stesse rimostranze di Giorgio sono avanzate da Stefania Podda su LIBERAZIONE :

Un'accoglienza gelida e nessuna protezione, se non quella dei suoi. Così, è iniziato ieri in Israele il contestato viaggio-studio di Jimmy Carter. Nove giorni e un programma di visite e incontri che dovrebbe includere anche un colloquio con Khaled Meshaal, leader poltico di Hamas, in esilio a Damasco.
Un incontro che ha messo in imbarazzo Washington e irritato Israele, tanto che, per la visita a Sderot, prima tappa del suo viaggio, l'ex presidente degli Stati Uniti ha dovuto fare a meno della protezione degli 007 israeliani. Mentre camminava per le strade della cittadina di frontiera, spesso colpita dai qassam che arrivano dalla Striscia di Gaza, al fianco di Carter non c'erano gli uomini dello Shin Bet, come di solito accade, ma solo gli agenti dei servizi americani. Un'anomalia che il governo israeliano non ha commentato.
Altra anomalia, gli incontri ufficiali. Carter è stato ignorato dall'intero governo israeliano, così come dall'opposizione. Né il premier Olmert né il ministro della Difesa Barak hanno trovato il tempo di riceverlo e anche il leader del Likud, Benjamin Netanyahu non ha voluto vederlo. Alla fine ha incontrato solo il presidente Shimon Peres, ma il colloquio tra i due - ha notato la stampa - è stato molto freddo.
D'altronde in Israele, Carter - che pure nel 1979 propiziò lo storico accordo con l'Egitto, il primo dello Stato ebraico con un paese arabo - non gode di buona stampa. Colpa, soprattutto, di un suo libro uscito un paio di anni fa, dal titolo "Palestina, pace non apartheid". Nel libro, accusava Israele di applicare nei confronti dei palestinesi un vero e proprio regime di apartheid, scatenando polemiche durissime a Tel Aviv e in patria. Per nulla turbato, Carter aveva rilanciato con un articolo sul "Guardian", sottolineando l'impossibilità per i politici americani di criticare la politica del loro alleato: «Sarebbe praticamente una politica suicida per qualsiasi membro del congresso - aveva spiegato - aderire a una posizione equilibrata tra Israele e Palestina, oppure suggerire che Israele debba rispettare le leggi internazionali o parlare in difesa della giustizia o dei diritti umani dei palestinesi».
Due anni dopo, a provocare il malumore del governo e dell'opinione pubblica israeliana, l'annuncio di voler incontrare Meshaal. Una decisione contrastata anche dalla Casa Bianca che - per bocca di Condoleezza Rice - ha duramente criticato le intenzioni dell'ex presidente. Domenica, in un'intervista ad "Ha'aretz", Carter ha cercato di spiegare le ragioni del suo appuntamento con il leader del movimento islamico, spiegando di avere intenzione di sondare Meshaal circa la sua disponibilità ad accettare il piano di pace saudita adottato dalla Lega Araba: «Il mio unico e più importante risultato in politica estera è stato quello di portare la pace in Israele e nei paesi vicini. La vostra sicurezza è un tema irrinunciabile. Ma Israele - ha detto - deve parlare con chiunque, non si può fare la pace in Medio Oriente senza coinvolgere Hamas». Ha aggiunto poi che una parte importante del suo incontro con Meshaal, verrà dedicata alla questione della liberazione del caporale Gilad Shalit, rapito nel 2006.
In attesa di recarsi oggi a Ramallah, ieri Carter ha visitato Sderot e ne ha approfittato per condannare il lancio di qassam, definito «un «crimine deprecabile».

L'UNITA' si rivolge all'estrema sinistra israeliana per esibire consensi all'iniziativa di Carter.
Umberto De Giovannangeli intervista Yossi Beilin:


«Concordo pienamente con quanto Jimmy Carter ha ribadito nel suo colloquio con l’Unità e nell’intervista ad Haaretz: è interesse di Israele raggiungere un accordo di cessate il fuoco nel Sud del Paese e per farlo deve negoziare con chi, come Hamas, rappresenta una parte significativa del popolo palestinese, soprattutto nella Striscia di Gaza. Negoziare non è un cedimento al terrorismo ma è nell’interesse di Israele». A parlare è una delle figure storiche della sinistra israeliana: Yossi Beilin, più volte ministro nei governi a guida laburista, uno degli artefici dell’Iniziativa di Ginevra, il piano di pace elaborato da politici, intellettuali, militari israeliani e palestinesi.
Le autorità di governo israeliane hanno accolto con freddezza la missione di Jimmy Carter in Medio Oriente.
«Non condivido questo atteggiamento perché ne contesto le ragioni politiche: Carter è un sostenitore convinto di un accordo di pace israelo-palestinese fondato sul principio di due popoli, due Stati, ed è consapevole che per raggiungerlo occorre coinvolgere tutte le istanze realmente rappresentative del popolo palestinese, e non vi è dubbio, anche se ciò può non piacere, che Hamas è parte significativa della società palestinese. Carter è convinto che una pace stabile, duratura, non può essere fatta con la metà di un popolo. Io sono della stessa convinzione».
Il premier Olmert come il ministro della Difesa e leader laburista Ehud Olmert ribattono che non si può intavolare un negoziato con un’organizzazione terroristica.
«Sarebbe troppo facile rispondere che la pace la si fa con il nemico e non certo con chi inviteresti a cena, ma nel merito vi sono due argomenti che contestano questa asserzione: il primo è che l’obiettivo di un negoziato non è un accordo di pace ma una sua premessa indispensabile: il cessate il fuoco. E per raggiungere un tale accordo, ed è questo l’intendimento che ispira l’azione di Carter, occorre che Hamas si assuma l’impegno di porre fine al lancio di razzi su Sderot e il sud del Negev. Hamas ha sostenuto di essere in grado di interrompere il lancio dei Qassam su Israele e io credo che lo possano fare. Se sono pronti a parlare con noi, noi dovremmo farlo con loro».
Controreplica: ma perché Hamas dovrebbe essere interessato ad un cessate il fuoco e cosa potrebbe concedere Israele per ottenerlo?
«I negoziati dovrebbero focalizzarsi sull’apertura dei valichi di frontiera (tra Gaza e Israele) alla circolazione di persone e merci, in modo da non privare gli abitanti di Gaza di redditi vitali. Ogni giorno che passa, la situazione economica e sociale nella Striscia si fa più grave, e questo è un problema per Hamas…»
Perché lo sarebbe?
«Perché Hamas è qualcosa di altro e ben più complesso di un gruppuscolo jihadista, né può essere assimilato ad Al Qaeda, e questa consapevolezza è un’altra delle ragioni che ispira l’iniziativa di Jimmy Carter. Hamas è un movimento che trova la sua legittimazione popolare anche, se non soprattutto, dalla rete sociale di assistenza organizzata nel tempo. Hamas ha vinto le elezioni del gennaio 2006, elezioni libere è bene non dimenticarlo, non perché ha proclamato la Guerra Santa contro Israele, ma perché aveva promesso ordine, benessere, la fine della corruzione. Il deteriorarsi delle condizioni di vita a Gaza è un problema politico per Hamas perché mette in discussione la tenuta del suo sistema di assistenza, e Israele deve agire con intelligenza politica dentro queste contraddizioni, smettendola di coltivare l’illusione che esista una scorciatoia militare per sradicare Hamas. A dirlo sono i fatti, è la storia recente: Israele ha eliminato il fondatore di Hamas (lo sheikh Ahmed Yassin), ha fatto fuori il suo successore (Abelaziz Rantisi), ha arrestato ministri e parlamentari di Hamas. Il risultato è stato opposto alle aspettative: Hamas è cresciuta nel consenso della popolazione palestinese».
C’è chi sostiene che aprire una qualche forma di dialogo con Hamas, anche solo per raggiungere un accordo di cessate il fuoco, significhi delegittimare la leadership moderata di Abu Mazen.
«Abu Mazen lo si indebolisce proseguendo la colonizzazione della Cisgiordania e non di certo con un cessate il fuoco concordato a Gaza. L’esplodere di una catastrofe umanitaria nella Striscia non favorirebbe in alcun modo la dirigenza moderata palestinese ma al contrario innescherebbe una nuova, devastante spirale di violenza generalizzata. Il dramma della gente di Gaza non è solo un problema umanitario, è un problema politico. Per tutti. Ed è per questo che sostengo con forza l’iniziativa di Jimmy Carter, che Israele farebbe bene a considerare una risorsa e non un problema».

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