Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Le minacce di Al Qaeda e di Hezbollah contro americani ed ebrei
Testata:La Stampa - Il Riformista Autore: la redazione Titolo: «“Islamici, colpite Israele e America" - Hezbollah «occupa» il cimitero ebraico»
Da La STAMPA del25 marzo 2008
Un appello a tutti i musulmani affinché lancino attacchi contro obiettivi ebraici e statunitensi per vendicare l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, è stato lanciato ieri via internet dal numero due di Al Qaeda, Ayman al-Zawahiri. Il nuovo messaggio segue di pochi giorni un appello dello stesso Osama Bin Laden a combattere Israele «col ferro e col fuoco». L’appello del medico egiziano, di circa quattro minuti, è stato diffuso dal as-Sahab, braccio mediatico di al Qaeda. Zawahiri punta il dito contro il presidente egiziano Hosni Mubarak accusato di aiutare Israele nell’offensiva chiudendo la sua frontiera con Gaza. Il nastro coincide con la visita in Cisgiordania del vicepresidente Usa, Dick Cheney. Il numero due di al Qaeda invita i musulmani a colpire interessi di Usa e Israele dovunque nel mondo: «Chiarite loro che non otterranno che sangue per ogni dollaro speso per uccidere i musulmani, e per ogni pallottola sparata contro di noi un vulcano si rivolgerà contro di loro». Si tratta del terzo messaggio in meno di una settimana dei vertici di Al Qaeda: il 19 marzo in un audio di bin Laden accusava l’Europa e il Papa di aver organizzato un complotto anti musulmano con le vignette su Maometto; il giorno dopo in un nuovo audio sempre il fondatore di al Qaeda ha inneggiato alle ribellione nella Striscia di Gaza. Ma al ministero della Difesa di Tel Aviv - che effettivamente mantiene in questi giorni un elevato stato di allerta - l’attenzione maggiore non è rivolta al terrorismo sunnita quanto a quello sciita, nel giorno in cui il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha sostenuto che l’eliminazione definitiva dello Stato ebraico non è più una chimera per il mondo islamico.
Da Il RIFORMISTA:
Beirut. Due bandiere giallo-verdi del movimento sciita libanese Hezbollah sventolano ora sopra l'arruginita cancellata d'ingresso del cimitero ebraico di Beirut, posto lungo quella «via Damasco» che per tutti gli anni della guerra civile libanese (1975-90) è stata «la linea verde» di demarcazione tra la città musulmana e quella cristiana. Le bandiere, assieme a qualche piccolo poster del leader di Hezbollah, il sayyed Hasan Nasrallah, sono state fissate ieri mattina da seguaci del movimento sciita, violando di fatto il territorio «cristiano» di Ashrafiyye, il cui confine dal quartiere misto sunnita-sciita di Ras an-Nabaa, è segnato proprio da «via Damasco». L'incursione non è avvenuta però per caso: proprio ieri infatti Hasan Nasrallah è riapparso per commemorare, di fronte a centinaia di seguaci assiepati nel «Pala-Martire» allestito nella periferia meridionale di Beirut (tradizionale roccaforte di Hezbollah), la fine dei 40 giorni di lutto per la morte del capo militare del movimento sciita, Imad Mughnieh, avvenuta lo scorso 12 febbraio a Damasco in un attentato attribuito a Israele. «Questo è un cimitero sionista e, nel giorno di Mughniyye, le nostre bandiere ricordano la vittoria della Resistenza (l'ala armata di Hezbollah, ndr ) contro i sionisti», ha detto al Riformista uno degli shabab (ragazzi), autori dell'incursione all'ingresso del cimitero ebraico. Da via Damasco alla periferia sud della capitale libanese la distanza è di pochi km, ma in tutta la città si sono udite forti e secche le raffiche di armi automatiche esplose verso il cielo all'inizio e alla fine del discorso di Nasrallah. Il leader di Hezbollah, più scherzoso del solito e anch'egli provato dal caldo torrido che da giorni ha investito il Libano, ha di fatto escluso la possibilità di una prossima nuova guerra con Israele. «La decisione di lanciare una guerra non è una decisione che i vertici israeliani possono prendere con facilità, in particolare dopo la guerra dell'estate 2006 e dopo l'ultima campagna militare a Gaza, dove non sono riusciti a far cessare il lancio di razzi», ha detto Nasrallah. «Non sarebbe una passeggiata per gli Stati Uniti dichiarare guerra all'Iran, né per Israele aprire un fronte contro la Siria» ha poi aggiunto il leader sciita. Pur sottolineando che «la stragrande maggioranza dei libanesi vuole la caduta del regime sionista», Nasrallah ha affermato che «per ora non apriremo un fronte di guerra nel sud del Libano». Il segretario generale di Hezbollah ha implicitamente inviato un altro segnale di distensione quando ha alluso ai contatti segreti con Israele per lo scambio di prigionieri, in corso da più di un anno tramite la mediazione dei servizi di sicurezza di Berlino. Nasrallah ha detto che «ci sono stati incontri» con gli israeliani, senza però fornire ulteriori dettagli. Il leader sciita ha pronunciato il suo discorso alla vigilia della seduta parlamentare per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica libanese, carica che, secondo gli equilibri politico-confessionali del Paese spetta a un cattolico-maronita, e che è vacante dal 24 novembre scorso. E' destinata però a proseguire la crisi istituzionale interna che dall'autunno 2006 paralizza il Libano a causa del braccio di ferro tra la maggioranza parlamentare sostenuta da Stati Uniti, Unione Europea e paesi arabi del Golfo, e l'opposizione guidata da Hezbollah, appoggiato da Iran e Siria. Proprio ieri il presidente del Parlamento e leader sciita d'opposizione Nabih Berri aveva rinviato al 22 aprile la seduta elettorale prevista per oggi, rimettendo ogni possibile soluzione nelle mani dei leader arabi che sabato e domenica prossimi si riuniranno a Damasco per celebrare il 20/mo vertice della Lega Araba. Ma è difficile che nella capitale siriana si possa sciogliere il nodo libanese, soprattutto a causa dell'effettivo boicottaggio del summit da parte dell'Arabia Saudita (Riad invierà solo un suo ambasciatore e nemmeno un ministro) e, probabilmente, anche dell'Egitto, i due principali alleati di Washington nella regione.