Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Nella prima linea della propaganda antiamericana ci sono Robert Fisk, Roberto Rezzo, Giovanna Botteri e Giuliana Sgrena
Testata:L'Unità - Il Manifesto Autore: Robert Fisk - Roberto Rezzo - Giuliana Sgrena Titolo: «Iraq, cronaca di un inferno - «Ho visto la guerra disastrosa di Bush» - Lustro di guerra»
L' UNITA' e Il MANIFESTO in prima linea nella guerra di propaganda contro la democrazia irachena e lo sforzo americano per sostenerla. Robert Fisk sull'UNITA' spiega che dovremmo imparare a "lasciare in pace i popoli musulmani", cioè a lasciare a loro le dittature, e a noi il rischi costante del terrorismo:
Giovanna Botteri, corrispondente della Rai a New York, intervistata da Roberto Rezzo, spinge la sua faziosità al punto di criticare l'informazione americana, compresa quella liberal, per il fatto che non dice solo ed esclusivamente male dei soldati americani impegnati in Iraq.
«Oggi il presidente Bush ha detto che la vittoria in Iraq è più vicina. Sono negli Stati Uniti da otto mesi e sono rimasta molto colpita». Giovanna Botteri, corrispondente della Rai a New York, commenta con l'Unita' l'anniversario dell'invasione Usa nel Golfo, un avvenimento di cui è stata testimone diretta. «Da una parte c'e' un senso della giustizia molto rigoroso che si vede nel caso del governatore costretto a dimettersi perché frequentava un giro di squillo. Dall'altra il presidente si può permettere di continuare a fare affermazioni del genere a proposito di una guerra che è stata un completo disastro per l'America. E soprattutto di guerra cominciata con due bugie scientificamente provate: le armi di distruzione di massa e il coinvolgimento di Saddam negli attentati dell'11 settembre. Che si trattasse di menzogne non lo dice la Sinistra Arcobaleno, lo dice una commissione del Pentagono che ha esaminato 600mila documenti». Dov'eri cinque anni fa e come ti ricordi quel giorno? Cinque anni fa ero a Baghdad ed ero arrivata da un pezzo. La paura della guerra si era fatta tangibile con la grande manifestazione di metà febbraio. Noi giornalisti eravamo stati concentrate tutti all'Hotel Palestine. Eravamo circa 400. Alla vigilia dell'attacco Bush manda un messaggio in cui chiede di lasciare immediatamente il Paese, perché le sue truppe non sarebbero state in grado di distinguere tra amici e nemici. C'è stato un fuggi fuggi generale, saremo rimasti meno di novanta. Temevamo soprattutto gli attacchi chimici di cui si parlava con insistenza in quei giorni. Si poteva trasmettere solo dal Ministero delle Telecomunicazioni, durante il normale orario di ufficio. La mia troupe si era portata dietro un videotelefono di contrabbando, rischiando parecchio perché se ci avessero scoperti rischiavamo di essere incriminati come spie. Con quello abbiamo ripreso e mandato in onda l'inizio del bombardamenti per il Tg3 delle 19 in Italia». Doveva essere una guerra lampo. Voi che eravate sul posto l'avete mai creduto possibile? «Sulla carta una guerra lampo lo è stata. Nell'aprile del 2003 i primi soldati Usa entrano nella capitale. Si respirava una speranza generale che mi faceva venire in mente i racconti di mia nonna prima dell'arrivo degli americani in Italia nella Seconda guerra mondiale. Tutti i sogni si sono infranti quando per prima cosa gli americani hanno occupato il Ministero del petrolio e lasciato il Museo nazionale in preda ai saccheggiatori. Gli iracheni hanno capito immediatamente che non erano arrivati per portare benessere e democrazia». Il repubblicano John McCain fa campagna elettorale con la promessa di un'occupazione infinita. Perché è ancora un argomento spendibile? «Io ho incontrato molti veterani, le loro famiglie, ho cercato di capire come hanno vissuto questa tragedia. Questo è un Paese molto legato all'esercito, all'orgoglio della bandiera. I soldati sono partiti con l'idea di difendere l'America dai terroristi, di liberare gli iracheni. Ma chi li ha mandati? Non c'è ancora stata un'azione di verità, liberatoria per tutti. La verità é che gli Usa escono distrutti da questo conflitto, sotto il profilo economico e dell'isolamento internazionale». I media americani sono i più presenti in Iraq. Che giudizio dei loro servizi sulla guerra? «Trovo che ci sia una grande ambivalenza. La cosa più importante è difendere l'immagine eroica dei loro militari. Questo è qualcosa che non si può mettere in discussione. Anche chi critica deve mostrare il soldato che salva l'orfanello o il bimbo malato mandato a curare negli Usa. È la retorica del "siamo quelli bravi". Nemmeno il New York Times può farne a meno».
Giuliana Sgrena sul MANIFESTO accusa gli americani di non volere "l'informazione indipendente in Iraq". Dovrebbe aver capito che a non volere l'informazione in Iraq sono i terroristi, ma l'ideologia non glielo consente. Ecco il testo:
Cinque anni di menzogne. Bush ha voluto la guerra contro l'Iraq sulla base di una bugia (la presenza di armi di distruzione di massa) e continua a celare la sconfitta dietro infondati presunti successi. La realtà viene nascosta dietro un muro di falsità. Ieri, nel quinto anniversario dall'inizio della guerra, Bush ha parlato di «una grande vittoria nella guerra contro il terrorismo». Peccato che anche la Cia abbia negato l'esistenza di legami di Saddam con al Qaeda, mentre ora invece il terrorismo dilaga in Iraq. Gli unici in grado di sconfiggere il terrorismo sono gli ex militari di Saddam, quei gruppi che Petraeus ha finanziato e armato contro al Qaeda. Un matrimonio di convenienza: i terroristi erano diventati un alleato scomodo e impopolari (con i massacri indiscriminati di iracheni) per la guerriglia. Ma la separazione potrebbe essere imminente e il generale allora si troverà di fronte un nemico più forte: Petraeus non ha avvicinato la pace, anzi l'ha allontanata. Ma Bush non vuole ammetterlo. La temporanea tregua a Baghdad è stata imposta dai gruppi sunniti sahwa ma non durerà a lungo. Anzi. Gli attentati suicidi degli ultimi giorni hanno fatto ripiombare il paese nella paura. La novità è l'utilizzo di donne kamikaze, l'unica uguaglianza riconosciuta alle irachene che hanno perso diritti e dignità. Succede sempre più spesso che le mogli di sequestrati siano costrette a subire stupri ripetuti in cambio della promessa di rivedere vivo il marito. Che magari poi le abbandonerà perché hanno perso l'onore. Le vittime aumentano, soprattutto tra i civili. Quante sono le vittime irachene? Le cifre sono le più disparate vanno da 100.000 a un milione. Nessuno conta i morti. L'unica lezione imparata dal Vietnam: se i morti non si contano non esistono. Negli Usa non si possono vedere nemmeno le bare che arrivano da Baghdad. E se non si vedono le bare anche i cadaveri diventano invisibili. Ma chi si è illuso che Baghdad era cambiata e valeva la pena rientrare ha trovato una città spettrale: i lastroni di cemento che non proteggono più solo la zona verde ma separano quartieri etnicamente ripuliti non servono a dare sicurezza. La gente è terrorizzata: nessuno osa più esprimersi di fronte a un estraneo, nemmeno iracheno, per paura che appartenga a qualche partito o alle milizie che tengono in ostaggio la popolazione. Parlare inglese comporta immediatamente il sospetto di essere in contatto con stranieri, ovvero di essere collaborazionisti. I giornalisti Baghdad vivono nella zona verde oppure asserragliati nell'hotel Hamra, completamente bunkerizzato, dopo essere stato obiettivo di un attacco: l'hotel è pieno ma nessuno sosta più come in passato ai lati della piscina, protetta da alti muri di cinta. I giornalisti girano superscortati e non si fermano mai più di 15 minuti in un posto. Mai una guerra era stata così oscurata prima. E come potrebbe essere diversamente? Una guerra e una occupazione basata sulle menzogne non può tollerare l'informazione, soprattutto se indipendente.
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