Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Difese poco convinte della libertà di espressione con troppi "ma"
Testata:La Repubblica - Corriere della Sera Autore: Anais Ginori - Luigi Ofeddu - un giornalista Titolo: «Il film anti-islam solo provocazione, ma nessuno può fermarlo -D'Alema: non colpire i sentimenti religiosi - «Se la censura arriva è come una tigre»»
Intervista Ian Buruma sul film di Geert Wilders sull'islam. Come suo solito, Buruma prende una posizione "equlibristica". Si schiera contro la censura, ma esprime disprezzo per Wilders definendolo soltanto un "provocatore". In realtà, però, qualsiasi critica non gradita, soprattutto a una religione, può essere squalificata come "provocazione". Non è impegnandosi nella definizione dei vaghi criteri che dovrebbero distinguere l'arte e la politica "buone"da quelle "cattive" che si difende la libertà di espressione, oggi così drammaticamente minacciata in Europa. Da La REPUBBLICA del 7 marzo 2008:
Gert Wilders non è certo un artista, e neppure un buon politico. È soltanto un provocatore che cerca lo scontro e che deliberatamente vuole aizzare le frange islamiche più estremiste". Il giudizio di Ian Buruma, intellettuale olandese, scrittore e professore al Bard College di New York, è netto. Eppure, sembra davvero che l´Olanda sia nel panico per l´imminente uscita del film anti-Islam del deputato nazionalista. Un evento vissuto come una sciagura per le conseguenze che potrebbe produrre, e che ha fatto sì che ieri il ministero della Giustizia abbia annunciato di aver elevato il livello di allarme antiterrorismo «Non vi sono indizi concreti che facciano pensare ad attentati imminenti», è scritto in una nota del ministero, «ma l´elevata minaccia del terrorismo internazionale ci ha spinto a indicare come "forte" il livello di allarme». È ancora fresco il ricordo della morte di Theo Van Gogh, ucciso a causa del suo documentario Submission, nel quale mostrava le privazioni e le umiliazioni alle quali erano sottoposte alcune donne islamiche. Alla trasformazione politica e sociale dell´Olanda dopo l´omicidio Van Gogh, Buruma ha dedicato un libro, Assassinio ad Amsterdam, pubblicato da Einaudi, nel quale ammetteva che quella vicenda aveva segnato uno spartiacque per il suo Paese, un prima ed un dopo. «Ma drammatizzare in questo modo l´iniziativa di Wilders - spiega - è stato comunque un grave errore. Il suo film andava semplicemente ignorato». Cosa pensa degli appelli governativi per impedirne l´uscita? «Non sarebbe corretto. Se si fanno eccezioni alla libertà di espressione, ci si consegna al ricatto di qualsiasi gruppo violento, anche non religioso. Solo un giudice può arrogarsi il diritto di bloccare l´uscita, di fronte al pericolo rappresentato dall´incitamento all´odio o alla violenza». Nessuna televisione olandese ha finora accettato di trasmettere il video. «Solo perché Wilders ha posto condizioni capestro inaccettabili. Lui voleva che l´emittente si impegnasse a trasmettere integralmente il film, senza neanche poterlo visionare». Il governo olandese ha commesso degli errori? «La sua reazione è stata esagerata. Con tutti i suoi appelli, ha ingigantito il problema, e ha fatto pubblicità involontaria al film a al suo autore. Il risultato è che tutto il mondo adesso conosce Wilders e il suo piccolo partito». Sarà anche piccolo, ma è sempre più popolare in Olanda. «Wilders è un demagogo che tenta di intercettare lo scontento della gente. È bravo nella retorica populista. Se la prende con le élite culturali e politiche, gli intellettuali olandesi, gli eurocrati di Bruxelles e la regina, celebre per le vedute liberali». Cosa si aspetta da questo film? «Sarà soltanto una provocazione, l´espressione di quello che Wilders pensa: il mondo musulmano è intollerante e violento, e rappresenta una minaccia per la civiltà occidentale. C´è una parte di verità nel suo discorso, nella civiltà islamica esiste una minoranza intollerante e radicale. Ma Wilders gioca deliberatamente a provocare questa minoranza, gli interessa solo questo». Se il film verrà trasmesso, Pakistan e Iran minacciano ritorsioni contro l´Olanda. «Non possiamo permettere ad altri Paesi di decidere cosa debba essere trasmesso o letto da noi. Se un´opera è legale può essere oggetto di dibattito ma non di divieti surrettizi. Vietare un film o impedire la pubblicazione di un libro non è mai la soluzione di alcun problema». Come andrà a finire? «Nessuno può saperlo con certezza. Ma tutta la pubblicità e la tensione potrebbero svanire di fronte alla diffusione del video. In questo senso, il film potrebbe deludere anche i suoi più agguerriti oppositori».
Non colpire i sentimenti religiosi è l'appello di D'Alema. che forse avrebbe a suo tempi difeso anche quelli degli inquisitori
BRUXELLES — «Io non apprezzo che vengano offesi o colpiti i sentimenti religiosi di chicchessia»: come tutti i suoi colleghi ministri degli Esteri dei Paesi Nato, riuniti ieri a Bruxelles, Massimo D'Alema si è trovato sul tavolo il «dilemma Wilders». E si è sentito rivolgere dai giornalisti le domande che in queste ore vengono rivolte un po' a tutti: l'Olanda deve proibire il film anti-Corano del suo deputato populista Geert Wilders, come le chiede una parte del mondo musulmano che si dice offeso e ferito? O deve lasciare che il film venga diffuso, in nome della libertà di espressione? La Commissione europea si è espressa l'altro ieri per questa seconda linea. Il suo vicepresidente Franco Frattini ha detto che Wilders «può dire e filmare ciò che ritiene più opportuno», assumendosi «tutte le sue responsabilità individuali ». L'eurodeputato Mario Borghezio ha invitato il collega olandese a Strasburgo. Pur senza entrare direttamente nella polemica («non sappiamo neppure che cosa ci sia in questo filmato») D'Alema prende le distanze: «Non è mai una cosa apprezzabile, che vengano colpiti i sentimenti religiosi altrui: e lo sarebbe ancor meno in un momento delicato come questo». Il problema riguarda anche la Nato e i suoi 43 mila militari in Afghanistan, perché — come ha detto il segretario dell'organizzazione, Jaap de Hoop Scheffer — potrebbero essere loro i bersagli di eventuali ritorsioni, una volta andato in onda il documentario che paragona — così almeno ha annunciato Wilders — il Corano al «Mein Kampf» di Hitler. Per ora, non si ha notizia di misure di allarme, né di minacce specifiche (mentre in Olanda il Coordinamento anti-terrorismo ha elevato il livello di allerta). Ma alla riunione di Bruxelles, preparatoria del vertice Nato che si aprirà il 2 aprile a Bucarest, l'Afghanistan ha dominato i discorsi anche in un altro senso. È rimasta senza risposta la domanda di Condoleezza Rice, inviata da George W. Bush a chiedere più uomini e più mezzi europei. Anche se l'«impegno fondamentale » e a lungo termine della Nato viene confermato, e i francesi dovrebbero giungere ad avere sul terreno 2.000 soldati. Meno, comunque, dei 2.700 italiani che, ha spiegato D'Alema, rappresentano già «un impegno molto rilevante: siamo il quarto Paese contributore ». L'Afghanistan sarà poi al centro della Conferenza di stabilizzazione che si terrà a Parigi, in giugno, a compimento di un'idea italiana. La Nato deve anche decidere sul suo allargamento: mentre ieri quasi tutti gli europei, Italia compresa, hanno giudicato prematuro ogni passo per Ucraina e Georgia — per l'Abkhazia si tratta invece di un vero «no» — le porte sono socchiuse davanti a Croazia, Albania, e Macedonia («sospesa» per ora, soltanto, dal veto greco sul nome). Saranno invitate tutte e tre al vertice di Bucarest. Poi si vedrà. Ma il loro ingresso nell'organizzazione sarebbe, dice ancora il ministro degli Esteri italiano, «un fattore di stabilità e di sicurezza» per l'Europa. Stop Ragazze olandesi indossano T-shirt con la scritta Stop Wilders Contro Geert Wilders, 44 anni, fondatore del «Partito per la libertà»
Se c'è un esperto di disumanizzazione è proprio Vauro Senesi, autore di orribili vignette antisraeliane. Nondimeno, non ha ritegno nell'accusare Wilders
MILANO — «Questo tipo di polemiche mi sembrano un déjà vu, mi riportano alla vicenda dei disegni contro Maometto. A me non piacquero, mi ricordavano le caricature naziste dell'ebreo col naso adunco, erano propaganda bellica. Temo che anche questo film rientri in un filone di propaganda di guerra». Vauro Senesi è capace di satira abrasiva, politicamente scorretta, per qualcuno geniale, per altri intollerabile, mai indifferente. Però dice che «non tutto ciò che è disegnato è per ciò stesso satira, e un discorso simile può valere per un film». Allora che cosa sarebbe secondo lei questa opera olandese? «Qualcosa che serve a disumanizzare quello che ci presentano come un nemico. Viviamo un periodo dove ad ogni piè sospinto ci viene descritto il pericolo islamico, vogliono fare passare Islam e terrorismo come sinonimi. Buona parte delle guerre in corso si combattono in aree islamiche e ai primi posti dei Paesi canaglia ci sono quelli islamici. C'è una mefitica atmosfera per cui c'è di nuovo bisogno di disumanizzare il nemico. Detto questo, io non invoco nessuna censura, perché poi se la si invoca arriva per davvero ed è come una tigre. C'è un proverbio, manco a farlo apposta è islamico. Dice: la tigre si può cavalcare, ma poi va dove vuole...».
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