Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Fiera del libro, trentesima puntata un editoriale e una risposta a Tariq Ramadan
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: la redazione Titolo: «Ma che ci sta a fare la Fiera del libro - Caro Ramadan venga alla Fiera»
Dal FOGLIO del5 marzo 2008, un editoriale sulla fiera del libro, esemplare per chiarezza morale:
Sono superate le condizioni dell’accordo che Israele ha sottoscritto con la Fiera di Torino. Siamo entrati nella fase della totale dismissione della solidarietà esistenziale verso lo Stato ebraico. Era il primo dovere del Salone: orgoglio nell’ospitare scrittori "sionisti", mentre i pasdaran iraniani accusavano l’Olanda, primo fronte nella guerra sulla libertà di espressione, di essersi venduta a "quelli del Talmud. Non si tratta più di rispondere a Vattimo sulla Stampa. Il caso è europeo, con l’edizione parigina della festa sottoposta a linciaggio islamo-mediatico e un ebreo che ha confessato di essere stato torturato. Ricordate Hilan Halimi ? Il disc jockey ucciso al grido di "Ho ammazzato il mio ebreo !" E’ successo tre anni fa, non sessanta. Anche allora sembrò normale seviziare a morte un ebreo nella terra che aveva dato loro i diritti universali. I dirigenti della Fiera di Torino non gestiscono una cantina del gusto. Si occupano di libri, che in medio oriente sono carne e sangue, politica, bruciati nelle piazze e banditi a colpi di fatwe. Era indispensabile il muro intorno a Israele dopo che Teheran aveva annunciato il boicottaggio della Fiera a causa della presenza israeliana, sempre più insignificante dopo la rinuncia di Abraham Yehoshua. Intanto Giordania, Siria e Territori palestinesi boicottano Torino, Hamas lancia quattromila Qassam sugli asili nido di Sderot e la propaganda islamica pubblica poster con i bambini ebrei sotto i banchi di scuola e il titolo "Vi vogliamo morti". Il presidente della Fiera, rolando Oicchioni, annuncia stordito che "scrittori di tutto il mondo arabo saranno a Torino". La rimozione del disastro assumerà una posa stupidamente mondana. I nemici di Israele usano il vecchio trucco di distinguere fra l’antisemitismo, che viene condannato con animo pietistico e dissimulatorio, riempendosi la bocca di dovere del ricordo e rendendo digeribile l’Olocausto, e l’antisionismo, veleno sparso a piene mani nella accademie, sulla stamap, nei libri. Noi digeriamo il trucco con la cantilena "un conto è la politica di Israele, un conto è la cultura". Falso e subdolo. Il figlio di David Grossman è morto armi in mano difendendo Israele da Hezbollah, boicottatrice di Torino e Parigi. I primi a essere fucilati dalle Einsatzgruppen naziste furono gli intellettuali e gli scrittori ebrei. Dovevano ricordarselo a Torino. Se la cultura si trasforma in kermesse, facciamo volentieri a meno delle pailettes. Israele ci pensa da sola a difendersi.
Diversi i tono della risposta di Rolando Picchioni ed Ernesto Ferrero a Tariq Ramadan, un fondamentalista islamico che nel suo intervento non ha affatto riconosciuto il diritto all'esistenza di Israele (coem credono Picchioni e Ferrero), ma soltanto il fatto che Israele esiste:
Caro Tariq Ramadan,
le riflessioni contenute nel Suo intervento pubblicato ieri da La Stampa ci sembrano chiarire alcuni degli equivoci e delle semplificazioni che ogni polemica porta con sé, e di questo Le siamo grati. Ci fa piacere sapere che Lei non nega il diritto di Israele all’esistenza, e che si oppone a ogni forma di antisemitismo e di razzismo. Ma allora, perché negare alla cultura israeliana il diritto di far conoscere le proprie opere, apprezzate in tutto il mondo, in una sede prestigiosa come i saloni del libro di Torino e di Parigi? Dobbiamo ripetere ancora una volta che nell’ospitalità accordata a scrittori, studiosi, scienziati e musicisti d’Israele non c’è alcun intento celebrativo o di propaganda politica, o di certificazione delle scelte operate dal governo del Paese. Le garantiamo che i lettori italiani sono perfettamente in grado di distinguere tra i valori letterari e culturali, che appartengono a tutti gli uomini, e le scelte dei governi, che sono fatalmente di parte, e che ognuno è libero di valutare come crede. Quanto alla ricorrenza dei sessant’anni dello Stato d’Israele, tutto dipende dallo spirito con cui la si affronta. Proprio perché quel tragico conflitto dura da troppi anni e una soluzione sembra ancora lontana, quella che vorremmo proporre nei giorni della Fiera è proprio un’analisi critica, un percorso di comune riflessione storica che, consentendoci di capire meglio quello che è successo, ci permetta di dare un contributo significativo al dialogo. Per questo avevamo invitato a Torino anche scrittori e studiosi arabi e palestinesi. Non per obbligarli a partecipare a una festa altrui che essi vivono come l’inizio di una «catastrofe», ma per la necessità vitale che tutti abbiamo di un confronto libero e approfondito, animato da una pluralità di voci. Continuiamo a essere convinti che la presenza e la parola siano più importanti dell’assenza e del silenzio; e in questo senso si è espresso proprio in questi giorni il maggior poeta di lingua araba, Adonis. Con lo stesso spirito rinnoviamo l’invito a quegli scrittori e a Lei personalmente, certi come siamo che la loro partecipazione costituirebbe un passo importante nella costruzione di una convivenza civile e nel rispetto degli altri.
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