Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Testata:Corriere della Sera - La Stampa - Varese News Autore: Vera Schiavazzi - Davide Frattini - Pierluigi Battista - Mario Baudino - Massimiliano Montanari Titolo: «Anche l'Iran boicotta le Fiere del libro - Io verrò Per parlare solo d'amore - L'errore di non esserci - Yehoshua in fiera Torino ci contano - L'orrendo massacro dio Gaza»
Dal CORRIERe della SERA del 4 marzo 2008:
TORINO — La guerra di Gaza getta benzina sul fuoco delle polemiche su Israele come Paese ospite d'onore alla Fiera del Libro di Parigi (che aprirà i battenti il prossimo 13 marzo, alla presenza di Nicolas Sarkozy e di Shimon Peres) e su quella di Torino (dall' 8 al 12 maggio). Ieri, il governo iraniano ha annunciato il suo boicottaggio alle due manifestazioni, un'iniziativa che segue quelle già assunte da Siria, Giordania e Arabia Saudita. Lo ha annunciato ieri mattina Ehsanollah Hoijati, il portavoce del ministero della Cultura che si occupa della partecipazione dell'Iran alle diverse manifestazioni culturali: «Così come i nostri atleti si rifiutano di gareggiare con avversari israeliani, anche i nostri editori e scrittori si rifiutano di prendere parte alle manifestazioni culturali ed editoriali come quelle di Parigi e Torino, dove un Paese aggressore è stato scelto come invitato d'onore». Anche l'Arabia Saudita, attraverso un rappresentante che ha chiesto l'anonimato, ha annunciato ieri il suo boicottaggio al Salone di Parigi. «Purtroppo — commenta il direttore della Fiera del Libro di Torino Ernesto Ferrero — abbiamo a che fare con prese di posizione che non hanno nulla a che vedere con i libri né con la Fiera di Parigi o quella di Torino. La situazione internazionale è certamente drammatica, ma ci si chiede perché iniziative culturali volte a favorire il dialogo e lo scambio tra le culture non possano restare al di fuori di tutto questo». Intanto, fonti vicine all'ambasciata israeliana a Roma hanno fatto sapere che lo scrittore Abraham Yehoshua, che con David Grossman e Amos Oz rappresenta la «triade » degli autori più conosciuti e amati anche in Italia, potrebbe essere presente all'inaugurazione della kermesse torinese insieme al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che aveva annunciato la sua partecipazione proprio in seguito alle polemiche contro la scelta del Paese ospite alla XXI edizione. Dopo il taglio del nastro, Yehoshua dovrebbe partecipare ad una conversazione pubblica con Elena Loewenthal, per poi ripartire in direzione di Roma, dove nello stesso giorno al Teatro dell'Opera è prevista la prima di un suo testo. Grossman invece mancherà alla Fiera del Lingotto — dove pure è stato ospite in passato — perché negli stessi giorni sono previste in Israele celebrazioni che lo coinvolgono direttamente dopo la tragica scomparsa del figlio. Sulla presenza (o assenza) di Oz, che a sua volta ha spesso partecipato a manifestazioni culturali in Italia, invece, la direzione della Fiera di Torino si riserva un approfondimento successivo. Intanto, l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane si sta orientando verso una propria presenza alla manifestazione torinese, con uno stand collocato nei pressi di quello israeliano, insieme alle tre comunità ebraiche del Piemonte. La «lectio magistralis » che precederà la cena inaugurale a Venaria Reale verrà tenuta da un altro celebre autore, Aharon Appenfeld, mentre tra gli ospiti già previsti ci sono Meir Shalev, Etgar Keret, Sara Shilo, Avirama Golan, ma anche archeologi, come Dan Bahat e cantanti come Nurit Hirsch. Lo sforzo di Israele sarà quello di autorappresentarsi attraverso una generazione di autori, artisti ed esponenti della cultura e della ricerca già noti ma ancora giovani, che oggi appaiono come un possibile «ponte» tra diverse identità. Altri protagonisti della cultura, come Edna Livne Calò e Osri Weyl si impegneranno nello spazio che la Fiera di Torino riserva ai giovani e alle scolaresche, mentre architetti come Hyman Brown (uno dei progettisti delle Twin Towers, poi emigrato in Israele) presenteranno le proprie ricerche. La tensione per trasformare, nonostante tutto, in un successo la presenza di Israele alle due manifestazioni librarie è al massimo, non ultima la raccolta di fondi.
Le dichiarazioni di Meir Shalev:
GERUSALEMME — «Spero che scrittori importanti per la nostra letteratura come Amos Oz o Abraham Yehoshua alla fine decidano di venire a Torino». Meir Shalev (foto) sta preparando il suo viaggio in Italia, anche perché è uno dei pochi Paesi dove ammette di riuscire a passare un periodo abbastanza lungo «senza sentire nostalgia di casa». Shalev vorrebbe vederli con lui alla Fiera non per «ragioni politiche ma letterarie». «Verificherò con il mio editore qualche giorno prima, non voglio trovarmi invischiato in polemiche e dibattiti. Non sono uno scrittore politico, i miei sono romanzi d'amore. Se dovessi scoprire che la manifestazione non è più un incontro tra artisti dedicato ai libri, potrei decidere di non venire». Shalev ha sessant'anni, è nato nel 1948 come lo Stato d'Israele. Non è stupito dal boicottaggio del regime di Teheran. «Succede anche nello sport. Si rifiutano di partecipare ogni volta che un atleta iraniano deve affrontare un israeliano». È molto più stupito dalle proteste in Italia. «Ogni anno le fiere scelgono un Paese protagonista. Questa volta è Israele. Chi vuole boicottare Torino lo fa contro la grande tradizione italiana. Avrei voluto vedere una maggiore reazione del pubblico in difesa dell'evento. So benissimo che Israele è uno dei nodi della politica mondiale. Ma siamo abbastanza noti anche per i nostri libri».
Un editoriale di Pierluigi Battista:
L o spettro del boicottaggio si riaffaccia minaccioso e, paradossalmente, trionfante. La cultura ha rintuzzato, certo, le urla dei censori che non volevano far parlare gli scrittori israeliani al Salone del libro e alla Fiera di Torino. Ma adesso si inseguono, solo in parte smentite, le voci su defezioni, rinunce, marce indietro dell'ultima ora. E non sarebbe un boicottaggio riuscito la scena di una festa del libro alla fine disertata da Abraham Yehoshua, Amos Oz, David Grossman, i tre scrittori più rappresentativi di Israele?Yehoshua ha detto nella trasmissione di Fabio Fazio che proprio "in quei giorni" debutterà a Roma la versione operistica del suo "Viaggio alla fine del millennio" e che dunque lui, sprovvisto del dono dell'ubiquità, non potrà essere a Torino. Sembra che ci stia ripensando (in fondo Roma dista da Torino un'ora di aereo) e che lo scrittore israeliano sarà invece a fianco di Giorgio Napolitano, quando il presidente della Repubblica, che con grande sensibilità aveva scelto di inaugurare la Fiera del libro in cui Israele è ospite d'onore proprio per rispondere alla campagna di sabotaggio censorio, compirà un gesto simbolico di cui l'Italia potrà essere fiera. Amos Oz assicura la sua partecipazione al Salone parigino che si aprirà il 13 marzo ma dà per scontata, a questo punto, la sua assenza nella manifestazione torinese. David Grossman, lo scrittore che ha vissuto la tragedia della morte del figlio nel corso della guerra dell'estate del 2006 contro gli Hezbollah del Libano, comunica che, nel mese in cui verrà solennemente ricordato il sessantesimo anniversario della nascita dello Stato di Israele, non si allontanerà dalla sua terra. E' difficile non pensare alla soddisfazione dei boicottatori per l'assenza di due o tre scrittori così legati, sia pur tra conflitti e dissensi, all'identità israeliana. O far finta di non immaginare il senso di vittoria che pervaderebbe il mondo dell'islamismo radicale, dello Stato iraniano di Ahmadinejad, dell'estremismo anti-israeliano ispirato al dogma dell'antisionismo di principio (e dell'antiebraismo non sempre dissimulato) di fronte ad assenze che suonano come l'accettazione di un ricatto. Proprio ieri l'arcipelago islamista si è nuovamente scagliato con le sue fatwe contro il Salone parigino e anche contro la Fiera torinese, con una protervia ignara di ogni distinzione, appoggiata da frange della sinistra massimalista che dilatano ogni critica, ovviamente legittima, alla politica del governo israeliano in un rifiuto globale ("esistenziale", è stato detto) di Israele in quanto tale, bollato come entità criminale per il solo fatto di esistere da sessant'anni. E' la demonizzazione di principio che ha ispirato la duplice campagna di sabotaggio. Yehoshua non deve parlare perché è israeliano. A Oz va imposto il bavaglio perché è israeliano. Grossman deve restare in silenzio perché è israeliano. Perché esiste e non deve esistere, perché il suo Stato deve scomparire, perché la sua identità deve essere cancellata. La matrice di un'intolleranza assoluta che all'inizio è stata contrastata, ma che alla lunga produce assuefazione, scava nel profondo, raggiunge un effetto di intimidazione formidabile, fino a indurre gli stessi bersagli della censura a fare un passo indietro, a sottrarsi ai riflettori di una ribalta che mai avrebbero comprensibilmente calcare. Ecco perché l'eventuale assenza di Yehoshua, Oz e Grossman durante la Fiera di Torino suonerebbe come una sconfitta, e come un vessillo che potrebbe far dire ai prepotenti e agli intolleranti che l'obiettivo è stato raggiunto, e che gli scrittori israeliani sono stati messi all'angolo. C'è ancora tempo perché non vada a finire così e per dire ai professionisti del bavaglio che, stavolta, le urla dei censori non hanno avuto il sopravvento.
Da La STAMPA
Il 14 marzo saranno tutti e tre al Salon du livre di Parigi, per una «Table ronde» sul tema «La letteratura e il mondo». Ma, allo stato attuale, resta improbabile che lo stesso possa accadere a Torino, in maggio, alla Fiera del Libro. David Grossman, Amos Oz e Avraham B. Yehoshua hanno annunciato il forfait, ciascuno per impegni personali. Grossman sarà impegnato in celebrazioni per i caduti d’Israele, cui non può mancare (com’è noto, un suo figlio è morto, soldato, nella guerra agli Hezbollah libanesi). Oz ha un calendario di impegni troppo fitto. E Yehoshua lo ha annunciato pubblicamente domenica sera a Che tempo che fa: sarà impegnato a Roma per la prima dell’opera tratta dal suo Viaggio alla fine del millennio. Decisione definitiva? In realtà, la faccenda è più complicata. L’Einaudi, per esempio, sta dandosi da fare per convincere lo scrittore. Ma, come spiega Paola Novarese, responsabile per la comunicazione, ci sono forti ragione anche famigliari, oltre a una certa stanchezza fisica. Yehoshua, che arriverà il 7 maggio a Roma, potrebbe sì essere a Torino l’8, ma per ripartire nel pomeriggio alla volta della capitale, in modo da presenziare all’evento lirico cui tiene moltissimo. E il giorno dopo a casa di corsa, per una appuntamento importante. «Ma sono vecchio, non ce la faccio più» ci diceva ieri da Israele, un attimo dopo essere sbarcato dal volo che lo aveva riportato in Patria. Non eravamo stati i primi a chiamarlo: «Ha già telefonato l’ambasciatore israeliano in Italia. Ha tentato in ogni modo di convincermi». C’è dunque uno spiraglio? «Chissà, c’è tempo. Ne riparleremo». Forse l’amatissimo autore di Fuoco amico, l’ultimo romanzo appena uscito per Einaudi, a Torino ci sarà, alla fine, insieme al fior fiore del cultura israeliana. Ma certo la forza d’impatto dei «tre tenori» al gran completo, dei tre scrittori israeliani più noti all’estero, sarebbe un’altra cosa. Il dio delle coincidenza è stato troppo generoso con Parigi e poco con Torino? E il diavolo non mancherà di chiedere: sono solo coincidenze? Ernesto Ferrero, direttore della Fiera, fa però notare che mentre Parigi viene ufficialmente boicottato da paesi come il Marocco o l’Algeria o la Tunisia, per il fatto di avere come ospite Israele, a Torino sono già confermati scrittori nordafricani importanti, dal libico Isham Matar all’algerino Gilali Khellas, al tunisino Kamel Riahi, a parecchi autori arabi con passaporto israeliano. Oltre ovviamente agli israeliani. Senza i tre la Fiera perde qualcosa? «Per un verso sì. Ma è anche vero che sono talmente noti da rendere forse persino più interessante scoprirne altri».
Anche l'estrema destraitaliana nostalgica del fascismosi schiera per il boicottaggio della Fiera. Di seguito il proclama antisraeliano di una lettera inviata a Varese News da Massimiliano Montanari, del direttivo de La Destra- Fiamma di Varese
L'ultima incursione dell'esercito israeliano nel nord della striscia di Gaza ha provocato più di 60 morti, in maggior parte civili, tra cui diversi bambini e alcuni neonati. Il governo israeliano ha giustificato l'operazione con la nota frase di propaganda che richiama la necessità dello stato ebraico di difendere il suo diritto all'esistenza . Israele detiene il terzo esercito meglio armato del mondo , possiede oltre duecento testate atomiche ed è il migliore alleato della più grande potenza militare della storia. Nondimeno, i suoi governanti non perdono occasione di rimarcare del come si sentano minacciati da uno sparuto numero di razzi kassam e dagli obsoleti katiusha palestinesi di produzione sovietica, dei quali ne partono 10 e ne arrivano 6. Il ferimento di un israeliano da parte di un missile di hamas giustifica la strage di centinaia di civili palestinesi. La crudele follia di tali rappresaglie passano inosservate sotto gli occhi delle comunità internazionale, che di tanto in tanto alza la sua flebile voce per suggerire ad Israele un "uso della forza più moderato". Gaza è un campo di concentramento a cielo aperto, più di un milione di persone sopravvive a stento privato di acqua e medicine, mentre ospedali e scuole vengono rasi al suolo. Impossibilitati ad uscire dalla loro gabbia, i palestinesi assistono impotenti al lancio delle bombe israeliane che piovono sulle loro teste, mentre vengono accusati di essere la causa dei loro mali, in una ultima e perversa umiliazione.
Persino il viceministro della difesa israeliana Matan Vilnai ha minacciato gli abitanti di Gaza con queste parole: «Più intensificano i tiri di Kassam, più attirano su se stessi un olocausto, perché useremo tutta la nostra potenza di fuoco per difenderci». Parole dette e registrate testualmente. Molto interessante.
Ma del resto nel 1969 Golda Meir, in uno storico discorso diceva: "Come possiamo restituire i territori occupati? Non c'è nessuno a cui restituirli", ed ancora: "Non esiste una cosa come il popolo palestinese … Non è come se noi siamo venuti e li abbiamo cacciati e preso il loro paese. Essi non esistono."
Quello che Israele sta portando avanti è una pulizia etnica su vasta scala di stampo razzista, un razzismo che i rappresentanti dei governi israeliani non si sono mai preoccupati di celare.
Quello che accade a Gaza rappresenta una delle più grandi vergogne del nostro tempo, una vergogna davanti alla quale non si può volgere lo sguardo. Uno sterminio incondizionato di un popolo intero, da parte di un governo che adduce motivi di ordine razziale e di fanatismo religioso per giustificare il suo operato. Ma questo non lo si diceva proprio del popolo di Sion durante il periodo della seconda guerra mondiale?
Gaza riceve acqua razionata, l'elettricità è presente solo 6-8 ore al giorno, le cure mediche come farmaci, disinfettanti, plasma, sangue sono quasi finite, negli ospedali non c'è più nulla per curare i feriti, il personale che lavora colà non ha neppure i mezzi per giungere in ospedale, poiché Sion non permette l'entrata di gasolio nei territori da settimane.
Ma al mondo questo non interessa, vogliamo forse offuscare le notizie delle elezioni americane? Vogliamo forse perderci le lacrime della signora Clinton? Oppure il vestitino da arabo di Obama? Oppure come Pechino si sta preparando alle olimpiadi? O meglio ancora, il principino Harry ritorna a casa, l'eroe della guerra finta fatta credere ai suoi sudditi? E cosa dire di casa nostra. Siamo in campagna elettorale, chi è libero di schierarsi verso la libertà di un popolo, verso il sacrosanto diritto di esistere, chi può difendere il diritto di poter scegliere chi eleggere come proprio governante, nessuno, infatti, nessuno parla… Tutto è più importante e sicuramente politicamente più corretto, tacere.
Esprimo pertanto tutta la mia solidarietà all'iniziativa di boicottare la fiera del libro di Torino, poiché quest'anno ricorrono i 60anni della fondazione di Israele sulle terre confiscate ai Palestinesi. Morte, terrore, pulizia etnica, profughi. Ben poco da festeggiare, dunque. E i responsabili del Salone del Libro, che, a quanto pare, quest'anno avrebbe dovuto essere dedicato all'Egitto, in base ad accordi presi l'anno scorso con il Cairo, hanno dimostrato poco acume e molta insensibilità alla sofferenza di un popolo e alle prevedibili reazioni del mondo arabo. Ma tanto il copione già lo conosco, verrò tacciato di antisemitismo.
Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera, La Stampa e Varese News cliccare sul link sottostante