Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Verità e menzogna sul nucleare iraniano quotidiani a confronto
Testata:Il Manifesto - Il Foglio - L'Opinione Autore: Marina Forti - la redazione - David Harris Titolo: «L'Iran continuerà a collaborare con l'Aiea - L'ora (o mai più) delle sanzioni - Il pericolo ignorato»
Marina Forti sul MANIFESTO del 27 febbraio 2008 stravolge e strumentalizza il rapporto dell'Aiea (Agenzia internazionale per l'energia atomica) per negare il pericolo del nucleare iraniano e schierarsi contro le sanzioni promosse dagli Stati Uniti.
Ecco il testo:
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu discute in questi giorni una nuova risoluzione sull'Iran e gli Stati uniti premono per approvare nuove sanzioni contro Tehran. Intanto però Washington ha già avviato un'aggressiva strategia di sanzioni unilaterali verso le banche iraniane. E proprio in questi giorni il ministero del tesoro Usa sta raccogliendo «prove» contro Bank Markazi, la banca centrale iraniana: l'apparato di «intelligence finanziaria» Usa intende provare che sta aiutando altre banche iraniane a gestire le transazioni finanziarie in dollari, ovvero aggirare l'embargo decretato dagli Usa nell'ultimo anno e via via applicato anche dalle maggiori banche europee (benché vada ben oltre le sanzioni finora approvate dall'Onu). La notizia è del Wall Street Journal. E' il preludio a un'escalation nelle sanzioni all'Iran: costruita la loro «accusa», infatti, gli Stati uniti potranno estendere l'embargo alla banca centrale iraniana, cioè alla chiave di volta del sistema finanziario del paese. Il paradosso è che le potenze occidentali spingono per nuove sanzioni contro Tehran proprio mentre dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica arriva un rapporto tutto sommato positivo sul dossier nucleare iraniano. Venerdì il direttore dell'Aiea Mohamed el Baradei ha dichiarato che sono ormai chiarite le passate attività nucleari iraniane, salvo la questione dei presunti studi sull'uso bellico, e pure le maggiori questioni presenti «incluso la portata e la natura del programma di arricchimento». Affermazioni accolte da governo di Tehran con grande soddisfazione - mentre per la segretaria di stato Usa, Condoleezza Rice, il documento dell'Aiea al contrario giustifica la richiesta di nuove sanzioni. «Il rapporto di el Baradei è molto positivo», ci ha detto l'ambasciatore dell'Iran in Italia, Abolfazl Zohrevand, che lunedì sera ha incontrato un gruppo di giornalisti italiani. «Oggi ci troviamo in un clima nuovo, in cui non c'è bisogno di nuove risoluzioni del Consiglio di sicurezza», aggiunge: «Il dossier nucleare iraniano ha trovato una sua definizione tecnico-giuridica e la credibilità dell'Agenzia per noi è ripristinata». El Baradei però qualche dubbio lo mantiene, obiettiamo: e chiede all'Iran di ratificare il Protocollo aggiuntivo al Trattato di non proliferazione (Tnp), quello che permetterebbe agli ispettori della sua Agenzia di entrare in ogni impianto atomico iraniano anche senza preavviso. Perché l'Iran non lo ratifica? «L'Iran ha applicato quel protocollo per due anni, come misura di buona volontà, anche senza averlo ratificato», fa notare Zohrevand. L'Iran, «aderisce all'Aiea e al Tnp. E però i diritti previsti dall'articolo 4 del Tnp non ci sono riconosciuti» (si riferisce al diritto ad accedere alla tecnologia nucleare per scopi civili, incluso produrre il combustibile atomico, cioè arricchire uranio). Insomma: «La fiducia è una cosa bilaterale, e così la sfiducia. Noi abbiamo collaborato con l'Agenzia, ma il Consiglio di sicurezza ha approvato due risoluzioni contro di noi mentre Israele, che non aderisce neppure al Tnp e ha 200 testate atomiche, è fuori da ogni ispezione». L'Iran, conclude Zohrevand, «ratificherà quel protocollo quando i problemi saranno risolti», ma «non accetta pressioni e ricatti». E attacca: «Le armi chimiche sono più economiche e terribili dell'arma nucleare. E l'Iran è l'unico paese che ha subìto l'attacco chimico dalla fine della seconda guerra mondiale». Già, le ha usate Saddam Hussein durante la guerra all'Iran negli anni '80. E se invece ci saranno nuove sanzioni? «Continueremo per la nostra strada, continueremo a collaborare con l'Agenzia come paese membro del Tnp». Già, ma quanto pesano le sanzioni già in vigore, incluso il boicottaggio delle banche? Il ministro degli esteri iraniano giorni fa ha ribadito che le sanzioni non faranno grande male all'Iran, che beneficia del prezzo record del petrolio. «Abbiamo già convertito le nostre riserve valutarie dai dollari all'euro, e le abbiamo in gran parte tolte dalle banche europee», ricorda l'ambasciatore Zohrevand: «E siamo un paese autosufficente in molti settori, abbiamo imparato dopo lunghi anni di embargo». Definisce «un colpo di coda dell'amministrazione Bush» l'attacco alla banca centrale iraniana. Forse Tehran si aspetta qualche novità dalla prossima amministrazione americana? «Potrebbero esserci avvenimenti nuovi anche prima del termine di questa amministrazione, penso ai colloqui anche abbiamo avviato sulla sicurezza in Iraq».
L'editoriale a pagina 3 del FOGLIO spiega come stiano realmente le cose circa il rapporto dell'Aiea
Checché ne dica il suo direttore, Mohammed El Bardei, che manovra per chiudere il dossier del nucleare iraniano, l’Agenzia per l’energia atomica conferma i peggiori sospetti degli occidentali. Smentendo il National Intelligence Estimate (Nie) americano, gli ispettori nucleari dell’Onu ritengono che Teheran abbia proseguito la "militarizzazione" del suo programma ben oltre l’autunno 2003. Il rapporto presentato venerdì a Vienna denuncia le ricerche iraniane su conversione del diossido d'’uranio, esplosivi ultrapotenti e missili a testata multitpla. Tutte attività inutili per il nucleare civile, ma compatibili con la costruzione della bomba. L’ambasciatore britannico all’Aiea, Simom Smith, ha parlato di nuovi documenti "impressionanti". Dopo il 2003, l’Iran avrebbe condotto "lavori dettagliati sul concepimento di una testata (nucleare): come funziona, come innescarla e come potrebbe essere adattata a un missile Shahab 3". Comunque, non è stato ottemperato l’ordine dell’Onu di interrompere l’arricchimento dell’uranio. Alla vigilia delle "elezioni" legislative iraniane, questa è l’ultima occasione di imporre sanzioni efficaci. L’ostruzionismo di Russia e Cina e il Nie hanno ritardato l’adozione di una terza risoluzione del consiglio di sicurezza e allentato la pressione. Una nuova bozza è pronta, sarà votata entro una settimana, ma è ancora debole per fermare la corsa nucleare. A maggio, gli europei intendono rimpolpare la carota da offrire all’Iran: joint-venture nel settore petrolifero e dialogo sulla sicurezza regionale. Ma finora soltanto le sanzioni economiche unilaterali hanno incrinato la determinazione iraniana: quelle ufficiali americane e quelle che alcuni europei hanno adottato informalmente su pressione di Washington. Le sanzioncine di Mosca e Pechino e i giochetti di alcuni europei privano la comunità internazionale della miglior arma per evitare l’alternativa, come dice Nicolas Sarkozy, tra l abomba di Teheran e le bombe su Teheran.
Da L'OPINIONE, un articolo di David Harris, direttore dell’American Jewish Committee sul rapporto del Nie:
Quando fu rilasciato il rapporto NIE (National Intelligence Estimate, il coordinamento delle 16 agenzie di spionaggio USA, ndr), io ero in Israele. Dove, senza esagerazione, questo vi provocò un terremoto del nono grado della scala Richter politica. Le questioni aperte erano molte, ad esempio: come hanno potuto i servizi di intelligence degli Stati Uniti pubblicare una tale non plausibile valutazione, rovesciando anni di convinte dichiarazioni sul fatto che l’Iran fosse ad un passo dall’acquisire armi nucleari? Le mani del Presidente George W. Bush erano state legate da quelli che temevano un confronto degli Stati Uniti con l’Iran, solo poche settimane dopo che egli si era riferito alla possibilità di una “Terza Guerra Mondiale” se Teheran non avesse tenuto conto della volontà della comunità internazionale? Perché è stata enfatizzata la fine dello sviluppo di ordigni atomici, e non le scoperte più critiche dell’arricchimento di uranio continuato e dello sviluppo missilistico?
E perché nel rapporto non si riconosceva più chiaramente il fatto che è impossibile sapere tutto quello che succede in un paese grande e chiuso come l’Iran? Gli israeliani si sentivano abbandonati, avendo viste rifiutate le scoperte della loro intelligence. Molti ritennero che sarebbero stati lasciati soli ad affrontare la minaccia iraniana, dopo aver creduto che il mondo, guidato da Washington, aveva compreso che l’Iran era un problema globale, non solo israeliano. Inoltre, Israele si sentiva intrappolato politicamente. Mentre l’Iran poneva una sfida esistenziale allo stato ebraico, i leader a Gerusalemme cercavano di evitare un’aperta rottura con Washington, il suo alleato più stretto e l’amico più caro. E poi accadde qualcosa. Israele non era più da solo. Londra e Parigi trovarono modi di esprimere la loro costernazione per il modo in cui il NIE era stato formulato e per il tempismo della sua pubblicazione. Alcuni rapporti suggeriscono che entrambe le capitali sono molto più vicine a Gerusalemme nelle loro relazioni sul comportamento iraniano.
Inoltre, per aver assunto posizioni difficili sulla questione nucleare iraniana, si sentivano sminuiti da Washington. Molti dei paesi confinanti con l’Iran, particolarmente fra gli stati di Golfo, reagirono al rapporto statunitense con grande stupore, chiedendosi se su Washington si potesse contare per far fronte al “bullo di quartiere”. Un gruppo di opposizione iraniano, il Consiglio Nazionale di Resistenza dell’Iran, a cui si attribuisce la rivelazione del programma nucleare segreto dell’Iran nel 2002, asserì che gli Stati Uniti erano stati imbrogliati. Vero, c’era stato uno stop provvisorio al programma di sviluppo degli armamenti nucleari nel 2003, affermava il CNRI, ma era stato ripreso un anno più tardi e le sue strutture erano state sparse in tutto l’enorme paese, per poter più facilmente eludere occhi ed orecchie indagatrici dei servizi di intelligence occidentali. Molti autorevoli sondaggisti nazionali, incluso Rasmussen, rivelarono che, con margini di due-a-uno e tre-a-uno, la popolazione americana non stava credendo alle conclusioni del NIE, ritenendo invece che l’Iran è chiaramente determinato a costruire armi nucleari, minacciando così la sicurezza americana. Ed a Washington, alcuni funzionari cominciarono a prendere le distanze dal NIE, argomentando che nulla era realmente cambiato e che contro l’Iran erano necessarie sanzioni economiche supplementari. È troppo presto per dire quale scuola prevarrà, ma non esistono tempi lunghi in politica.
Due cose dovrebbero essere chiare. Primo, la chiave del successo di un programma di armamento nucleare sta nella capacità di arricchire l’uranio al livello del 90 percento. L’Iran continua a costruire centrifughe nucleari e le centrifughe continuano a girare. Il loro obiettivo? Arricchire l’uranio. A quale fine? Siccome l’Iran non ha reattori nucleari civili, ed i russi hanno insistito nell’offrire il combustibile per il reattore che gli iraniani stanno costruendo a Bushehr, la conclusione dovrebbe essere ovvia. Secondo, per rappresentare una minaccia nucleare credibile, una nazione deve avere i mezzi per lanciare le testate. Lo sviluppo missilistico iraniano non è un segreto, né, incidentalmente, lo è il ruolo della Corea del Nord in esso. Al contrario, gli iraniani vantano i loro successi nel settore. La portata dello Shahab-3, un missile adatto a trasportare testate nucleari, è stata estesa a 2.000 chilometri (1.200 miglia), simile a quella dell’Ashoura, un missile balistico testato a fine novembre. Ed è una convinzione largamente diffusa che l’Iran stia sviluppando lo Shahab-4, con una portata prevista di 3.000 chilometri. Perché tanta determinazione? E come decifrare la retorica apocalittica dell’Iran, incluse le sue minacce di cancellare Israele dalla faccia della terra e sfidare il “Grande Satana”, gli Stati Uniti? Null’altro che insignificanti parole? Le azioni iraniane in Iraq, Siria, Libano, Golfo arabico, Gaza ed altrove suggerirebbero altrimenti.
No, non è ancora tempo di gioire, come noi tutti potevamo augurarci. Il NIE non offre il conforto che alcuni titolisti dei mass-media hanno cercato inizialmente di portare al pubblico. Ricordiamo anche che la raccolta e la stima dei dati da parte dell’intelligence è un’arte notoriamente imperfetta. A volte può produrre successi spettacolari, altre volte no. Ad esempio, il Generale Leslie Groves, che guidava l’Esercito nel Manhattan Project, predisse nel 1948 che “l’Unione sovietica non sarebbe riuscita a produrre bombe atomiche efficienti e in quantità” fino al 1955, a causa dell’inadeguatezza del suo sistema industriale e scientifico. L’anno seguente Mosca testò una bomba atomica e cominciò a riprodurla in quantità industriale. Secondo il Presidente Harry Truman “il nostro monopolio finì prima di quanto gli esperti avessero predetto. Un’esplosione atomica ebbe luogo in Russia nell’agosto del 1949. Gli esperti dell’intelligence avevano opinioni diverse al riguardo, ma in generale nessuno di loro aveva previsto che i russi avessero fatto esplodere un ordigno atomico prima del 1952”.
Ancora secondo Truman “lo stesso Generale [Douglas] MacArthur aveva detto che non c’era alcun pericolo di intervento cinese [in Corea]. [...] Ancora più importante, mi aveva detto che avrebbe potuto affrontare facilmente i Comunisti cinesi se davvero questi fossero entrati nel conflitto”. Naturalmente le forze cinesi intervennero ed affrontarli si rivelò tutt’altro che facile per gli Stati Uniti e le forze Alleate. Anni dopo, nel 1977, il Presidente Jimmy Carter, presumibilmente rassicurato dalle stime dell’intelligence statunitense, dichiarò che “a causa della grandezza dello scià, l’Iran è un’isola di stabilità nel Medio Oriente”. Meno di 13 mesi più tardi, lo scià fu costretto ad andare via, il paese fu presto preso dagli integralisti e 63 ostaggi americani furono trattenuti a Teheran per 444 giorni. Nel 1998, l’India condusse un test nucleare sotterraneo. In una società aperta e democratica come l’India, gli Stati Uniti erano certamente, capaci di registrarne le attività in anticipo, giusto? Sbagliato. Come riportò la CNN, il Senatore Richard Shelby, presidente del Comitato Senatoriale per l’Intelligence, disse che gli Stati Uniti erano stati presi completamente in contropiede. “Qualcosa è andato storto”, disse alla CNN in un’intervista in diretta.
“È stato un fallimento colossale dell’intelligence degli Stati Uniti”. Poco dopo giunse l’ugualmente inaspettato test nucleare pachistano, seguito dalle rivelazioni ugualmente sorprendenti che, grazie ad Abdul Qadeer Khan ed ai suoi sostenitori, il Pakistan era divenuto il supermercato della proliferazione nucleare globale. E cosa dire della nostra intelligence sul programma nucleare e lo sviluppo missilistico della Corea del Nord, che, secondo i funzionari citati dal Washington Times del 12 ottobre 2006, nutrivano “seri dubbi sul fatto che il programma nucleare della Corea del Nord costituisse una minaccia immediata; che la Corea del Nord potesse produrre una bomba nucleare utile a fini militari; che la Corea del Nord fosse capace di condurre un test nucleare sotterraneo, ritenendo, infine, che Pyongyang stesse bluffando affermando di poterne eseguire uno”? Sbagliavano su tutti e quattro i punti. Mentre ancora non è chiaro cosa esattamente stava succedendo in Siria, tanto da causare l’intervento aereo israeliano del 6 settembre, alcuni rapporti indicano che era in corso un traffico nucleare clandestino, aiutato dalla Corea del Nord. Informazioni sul programma riservato furono apparentemente condivise da Gerusalemme con Washington, non viceversa.
È chiaro che questo elenco è lontano dall’essere completo. Si potrebbe dire molto di più sulle disastrose stime dell’intelligence e sulle loro conseguenze politiche. Si prenda ad esempio il NIE del 2002 sull’Iraq. Ma il mio scopo non è denigrare l’insieme dei servizi di intelligence. Io comprendo le difficoltà contro le quali loro lavorano strenuamente e le responsabilità che si prendono sulle spalle. Piuttosto, voglio suggerire che la loro parola non è necessariamente vangelo. Nel caso dell’Iran, il senso comune ci dice che gli iraniani non stanno combinando niente di buono. Messa in un altro modo, se cammina e fa “qua qua” come una papera, probabilmente è veramente una papera. Le dichiarazioni e la retorica iraniane lasciano pochi dubbi sui loro scopi. Non abbiamo alcuna alternativa se non affrontare la dura realtà.
Per inviare una e-mail alla redazione del Manifesto del Foglio e dell'Opinione cliccare sul link sottostante