Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Hamas adesso è "non violenta" come cadere nella trappola propagandistica del gruppo terroristico
Testata:L'Unità - Il Messaggero Autore: Umberto De Giovannangeli - Eric Salerno Titolo: «Gaza, catena umana non violenta contro l'assedio - «Ditte senza petrolio, 160mila senza lavoro» - Liberateci dall'embargo»
Nella cronaca di Umberto De Giovannangeli pubblicata da L'UNITA' del 26 febbraio 2008 Hamas coglie l'obiettivo propagandistico della fallita (sul piano della partecipazione) catena umana di Gaza: essere presentata all'opinione pubblica, a dispetto delle stragi compiute e dei continui lanci di razzi kassam, come un'organizzazione non violenta.
Ecco il testo:
SI SONO riuniti sotto una una pioggia battente. Hanno marciato tenendosi per mano in poche migliaia per chiedere la fine dell'assedio di Gaza, in una catena umana che si è rivelata molto più corta del previsto ma che ha avuto se non altro il merito di non scate- nare incidenti. Accogliendo le esortazioni delle autorità israeliane, ma forse anche qualche monito giunto dai paesi arabi, gli agenti della polizia di Hamas hanno provveduto a difendere loro stessi il confine della Striscia, impedendo ai dimostranti di raggiungere il valico di Erez che le autorità militari israeliane avevano proclamato da ieri mattina «zona militare chiusa». Lo Stato ebraico, allarmato dalla prospettiva di veder replicare lungo la propria frontiera con Gaza il modello già sperimentato esattamente un mese fa a Rafah dove è stato abbattuto il muro che blinda il confine con l'Egitto, ha schierato 6.500 uomini fra agenti di polizia e soldati. Un contingente rivelatosi molto più cospicuo dei 4.500 dimostranti palestinesi scesi per strada, a fronte dei 40.000 attesi dagli organizzatori della protesta. L'idea della «catena umana» che avrebbe dovuto unire simbolicamente la città meridionale di Rafah a quella settentrionale di Beit Hanun, era stata lanciata dal «Comitato popolare contro l'assedio», una organizzazione formalmente indipendente ma che viene diretta da Jamal al Khoudary, un ex rettore dell'università eletto deputato con il sostegno di Hamas. Il programma, innovativo per un'area dove di solito si protesta brandendo le armi, puntava a radunare migliaia di palestinesi che tenendosi per mano, avrebbero dovuto creare un cordone umano lungo la via «Salah-ad-Din» che attraversa tutta la Striscia, intitolata al condottiero musulmano Saladino che liberò Gerusalemme dai crociati. In realtà, forse anche a causa della pioggia, al raduno sono arrivate soprattutto scolaresche, che insieme alle loro insegnanti e a centinaia di striscioni preparati per tempo, sono comunque riuscite a far giungere il messaggio. «La nostra è una protesta pacifica che vuole lanciare un appello pacifico al mondo, e crediamo che questo sia il diritto minimo per un popolo sotto assedio», afferma Jamal al Khoudary. Il capo del comitato contro l'assedio si è poi detto «sorpreso» dalla mobilitazione e dall'allarme che la protesta ha suscitato nelle autorità israeliane. «Noi - ribadisce - non intendiamo compiere alcun atto di violenza, ma semplicemente lanciare un messaggio agli uomini liberi e onesti di tutto il mondo ai quali chiediamo di aiutare anche il popolo palestinese a tornare libero». A liberarsi soprattutto da un assedio imposto alla Striscia da quando nel febbraio 2006 Hamas vinse le elezioni, ma diventato ancora più duro dopo che nel giugno di un anno fa il movimento integralista islamico ne ha assunto il totale controllo politico e militare.Gli unici momenti di tensione si sono vissuti all'uscita di Beit Hanun, quando circa duemila manifestanti hanno provato a marciare in direzione di Erez, il valico che segna il confine fra Striscia e Israele. Ma a fermarli hanno provveduto gli stessi agenti della polizia di Hamas, che hanno impedito ai dimostranti di avvicinarsi a più di un chilometro dal valico: «Non vogliamo provocare incidenti con gli israeliani», spiega uno dei poliziotti. A manifestazione ormai conclusa, un gruppetto di giovani palestinesi ha ugualmente raggiunto Erez, scagliando sassi contro il muro di recinzione e incendiando copertoni d'auto. Gli israeliani hanno risposto con qualche colpo d'arma da fuoco in aria e arrestando una trentina di dimostranti. Nulla rispetto quanto si temeva.
L'intervista alla responsabile dell'Unrwa Karen Abu Zayd, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai rifugiati palestinesi denuncia l'embargo come una "punizione collettiva". E' importante ricordare che l'Unrwa, che impiega soprattutto personale palestinese, agisce in stretto contatto con il potere palestinese locale non è, e non è mai stata, un organizzazione neutrale.
Ecco il testo:
«Il blocco di Gaza punisce una intera popolazione per ritorsione contro l’azione di pochi. Non è solo profondamente ingiusto, è estremamente pericoloso, perché in questo modo si spinge tutto il mondo nelle mani dell’estremismo». Nel giorno della «marcia dei disperati», la parola va a Karen Abu Zayd, direttrice dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai rifugiati palestinesi. Gaza isolata dal mondo. Quale risultati ha prodotto? «La situazione è drammatica, e non solo dal punto di vista delle condizioni di vita. Questo è l’aspetto umanitario, importante certo ma che da solo non dà conto di ciò che ha provocato il blocco di Gaza. Ciò che non viene sufficientemente valutato in Europa è l’impatto che l’esercizio di questa punizione collettiva sta avendo sull’orientamento delle giovani generazioni palestinesi». Qual è questo impatto? «L’assenza di futuro e la frustrazione per il presente stanno spingendo tantissimi giovani palestinesi verso i gruppi estremisti. D’altro canto c’è da chiedersi quale futuro potrà avere un giovane senza lavoro davanti alle offerte dei miliziani. Gli effetti si stanno già vedendo. I settori più moderati di Hamas sono scomparsi. A comandare oggi nelle strade sono gli uomini delle brigate Ezzedin al Qassam (il braccio militare di Hamas). È chiaro che questa politica non sta funzionando, ma sta provocando l’effetto contrario a quello voluto di indebolire l’estremismo». Da una valutazione politica alla testimonianza della realtà vissuta in prima linea nell’assistenza alla popolazione civile della Striscia. Qual è oggi la condizione della gente di Gaza? «È una condizione di sofferenza. Materiale e psicologica. La gente ha freddo e non ha acqua a sufficienza, non dispone dei beni di prima necessità. L’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, 160mila persone hanno perso il lavoro, il 90% degli stabilimenti produttivi è fermo. Il taglio dell’elettricità imposto da Israele ha peggiorato ulteriormente la situazione, e ad essere colpiti sono in primo luogo i soggetti più deboli, i malati, le donne, i bambini. In questi giorni ho ricevuto un allarmante rapporto di una commissione medica indipendente che opera a Gaza: le riserve di combustibile negli ospedali stanno scendendo di giorno in giorno, con il rischio che i generatori d’emergenza si fermino all’improvviso. Non vi è tempo da perdere, sottolineano i medici. Ogni sforzo deve essere fatto per interrompere questa operazione israeliana. I reparti di neonatologia, i reparti per le cure intensive, le sale operatorie, si fermeranno entro breve. Credo che queste restrizioni imposte forzatamente sia illegale e contrario ad ogni normativa internazionale». Israele sostiene che queste restrizioni sono conseguenza del continuo lancio di razzi Qassam contro Sderot. «Israele dovrebbe rendersi conto che il blocco di Gaza ha rafforzato e non indebolito i gruppi estremisti e che non esiste una scorciatoia militare per risolvere il problema, a meno che non si metta in conto una operazione militare massiccia, terrestre, che provocherebbe centinaia se non migliaia di vittime e che porterebbe a una nuova occupazione della Striscia. Non è questa la via giusta per riportare tranquillità e sicurezza. L’assedio porta solo sofferenza, insicurezza, violenza». Cosa si sente di chiedere alla comunità internazionale? «Di non chiudere gli occhi di fronte alla tragedia di Gaza, e di farsi carico della tutela dei civili».
Hamasnon violenta anche nella cronaca di Eric Salerno pubblicata dal MESSAGGERO. Vi si legge che i razzi kassam, sparati da Hamas o da gruppi che agiscono con il suo consenso, sarebbero stati lanciati anche "contro" (politicamente, ndr) "la protesta pacifica" organizzata dalla stessa Hamas. Assurdo. Invece, i razzi kassam e la catene umane sono i due aspetti di una stessa strategia, che da un lato colpisce deliberatamente i civili israeliani e dall'altra utilizza le sofferenze dei palestinesi (in parte reali, in parte esagerate, in parte inventate, comunque dovute alla politica di guerra della stessa Hamas) per descrivere le vittime (gli israeliani) come carnefici