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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Repubblica - L'Opinione Rassegna Stampa
19.02.2008 Vanna Vannuccini come Farian Sabahi: assolve gli ayatollah
mentre Dimitri Buffa racconta il vero Iran

Testata:La Repubblica - L'Opinione
Autore: Vanna Vannuccini - Dimitri Buffa
Titolo: «Cambiare sesso a Teheran con il permesso dei mullah - Iran, nessun segnale incoraggia al dialogo»

La REPUBBLICA del 19  febbraio 2008 pubblica un articolo di Vanna Vannuccini sul cambio di sesso in Iran.

Che il regime iraniano permetta
il cambio di sesso non è in contraddizione con la sua ideologia omofobica.
Per gli ayatollah si tratta, precisamente, di un altro modo per cancellare dal paese l'omosessualità, vista come un'aberrazione contro natura.

Alla base di questa strategia vi è una confusione, perché l' omosessualità e cosa diversa da transessualismo.  Un transessuale corregge con un'operazione chirurgica la sua identità  sessuale fisiologica, perché questa non corrisponde alla sua identità personale. Un omosessuale invece ama ed è attratto da persone dello stesso sesso.

Una confusione che  non stupisce negli ayatollah. Stupisce  invece che venga fatta proprio da Vanna Vannuccini, che nel suo articolo vede  nella libertà di cambiare sesso una contraddizione
, nel senso di un maggiore tolleranza, con la spietata repressione dell'omosessualità voluta da Teheran.

Non senza cogliere l' occasione per qualificare uno spietato assassino come Khomeini quale  "vecchio, burbero e carismatico imam", in fondo più liberale e aperto di quanto non si pensi.

Ecco il testo:


«Per il Corano il cambiamento dell´ordine divino non è peccato» assicura il dottor Bahram Mir Jalali. «Non lo facciamo forse tutti i giorni? Tramutiamo il grano in farina e ne facciamo pane, tagliamo l´albero per farne legno, tavoli e sedie. Perché non dovrebbe essere possibile cambiare il genere di un uomo o di una donna? Non c´è nessun divieto».
Il dottor Mir Jalali è un chirurgo specializzato in interventi sui transessuali. A Teheran. Nel Mirdamad Surgical Center, una clinica privata nel centro della capitale iraniana. Chi potrebbe immaginare che nella Repubblica islamica dell´Iran, considerata in Occidente il paese oscurantista per eccellenza, esistano cliniche legalissime dove i transessuali vengono accolti rispettosamente e aiutati a cambiar sesso, in parte perfino a spese dello Stato? L´Iran, si sa, è un paese di paradossi. Solo qualche mese fa, alla Columbia University, il presidente Ahmadinejad affermò che «gli omosessuali in Iran non esistono». E di sicuro, se esistono non hanno vita facile. Sono costretti a incontrarsi nei parchi, nei garage, in una totale clandestinità. Se una festa gay viene all´orecchio di un gruppo di basiji, le conseguenze per loro sono molto più devastanti che nel caso di coppie eterosessuali. Non solo vengono frustati e arrestati, ma anche filmati per poter svergognare pubblicamente loro e le loro famiglie. Non di rado vengono condannati all´impiccagione. Per i mullah la diversità, ovviamente tanto più grave se riguarda la sfera sessuale, è il frutto avvelenato dell´occidentalizzazione.
La sala d´aspetto del Mirdamad Surgical Center è piena. Molti considerano l´operazione come la sola opportunità per tornare a far parte della società. Si sono fatti diagnosticare come transessuali in modo da poter legalmente cambiare sesso. Sono soprattutto di Teheran, ma alcuni vengono anche dalla provincia. Dicono che anche nelle campagne, dove la popolazione è più conservatrice e legata alle tradizioni e il controllo sociale più forte, quando un mullah con in mano il Corano accetta il cambiamento di sesso, la comunità non avrà nulla da ridire, e chi cambia sesso nulla da temere. Ma altri raccontano di casi in cui non è andata proprio così. Di uomini diventati donne che si sono trovati esclusi da tutto e da tutti. E non solo per ragioni religiose. Un uomo diventato donna deve imparare prima di tutto a dimenticare tutte le libertà che aveva conosciuto fino ad allora. Non è facile.
E´ stato l´ayatollah Khomeini in persona a decidere questo trattamento incredibilmente liberale dei transessuali. Per merito della caparbietà di un tecnico della tv che lo convinse a pronunciare una fatwa che permetteva il cambiamento di sesso. Ormai diventato una donna, racconta volentieri, a chi va a trovarla nel suo appartamentino teheranese ricolmo di specchi e di cuscini, come sia riuscito a convincere il vecchio, burbero e carismatico imam. Lo aspettò per settimane davanti a casa sua per potergli parlare personalmente. Gli raccontò della sua vita. Khomeini capì. E ammise che nei suoi lunghi studi del Corano e dei hadith non aveva mai trovato niente che impedisse una fatwa per rendere possibile il cambiamento di sesso.
Tutti sappiamo che cos´è una fatwa, almeno da quando lo stesso Khomeini pronunciò quella famigerata contro Salmam Rushdie. Ma non molti sanno che una fatwa può anche essere a fin di bene. Ogni iraniano può chiederne una a un grandayatollah (l´istanza più alta della gerarchia sciita), spiegandogli il proprio caso, anche per e-mail, se necessario. La fatwa avrà da quel momento valore di legge.
Chi vuole cambiare sesso in Iran deve rivolgersi prima a una apposita commissione, formata da religiosi e da medici, che sembra sia piuttosto comprensiva perché le statistiche dicono che ci sono più cambiamenti di sesso in Iran che in tutta la regione mediorientale. Le operazioni vengono fatte in cliniche private e ognuno se le deve pagare, a caro prezzo per i livelli iraniani, costano circa 3000 dollari e ce ne vogliono sempre più di una. Ma i prezzi sono comunque molto più bassi di quelli vigenti sul mercato internazionale, e l´Iran ha fama di avere ottimi chirurghi plastici (la chirurgia plastica è diffusissima, e non solo per i rifacimenti del naso). Qualcosa poi il paziente ottiene indietro dalla mutua. Le sue "ragazze" sono sempre risultate ottime mogli, spesso migliori di quelle nate donna per natura, assicura sorridente il dottor Bahram.
La nostra ex tecnica tv dice di essere felice nei suoi panni femminili. Ha solo il rammarico di non potersi mai togliere il chador. Un rammarico appena accennato, per non offendere la memoria dell´imam. Ma tenere il chador stretto sotto il mento per non farlo scivolare all´indietro non è proprio il suo forte. Truccata com´è, si capisce subito che non è una chadorì per tradizione o per convinzione religiosa. Perché allora non si copre semplicemente la testa con un foulard, come tante iraniane? Perché Khomeini volle una prova dal giovane tecnico che gli chiedeva aiuto, racconta. Quando sarai una donna - gli disse - dovrai vestirti sempre in modo appropriato, non dovrai andare in giro con un foulard ma con il chador. Senza toglierlo mai». Lui fece un voto per la vita di fronte all´imam, e oggi mantiene la promessa. Le dispiace solo di essere tanto ingrassata da quando lo porta.
Una decina di chili, dice. Poggiata su un tavolino, c´è la foto di un bruno ragazzo magro. La foto di un´altra vita.

Di contro alla falsa immagine di apertura data dall'articolo di Vanna Vannuccini, la realtà dell'Iran è descritta da Dimitri Buffa in questo articolo pubblicato da L'OPINIONE

Essere una ragazzina di 14 anni a Teheran e venire lapidata dal proprio stesso padre al primo flirt trasgressivo. La notizia è di quelle che lasciano inorriditi e si fa fatica a continuare a leggere. Eppure ieri era su uno dei siti-blog della resistenza iraniana in Italia ed è stata subito diffusa via email a centinaia di persone. Anche se oggi saremo in pochi a darla sui giornali. La storia è questa: nella città di Zahedan una madre l’altro ieri è entrata spaventata e piangente in una stazione di polizia locale. E ha chiesto aiuto per ritrovare sua figlia sparita insieme al padre. La mamma diceva di avere un cattivo presentimento: e cioè che fosse successo qualcosa di grave alla figlia. Raccontava che il padre la ossessionava e che la controllava continuamente. In seguito alla denuncia, la polizia si è messa alla ricerca della ragazza quattordicenne e del padre. Dopo un giorno di indagini, cioè ieri, riescono a trovare l’uomo che subito confessa di aver lapidato la figlia perché sospettata di avere una relazione con un uomo. Pare che fosse il primo flirt della figlia, vagamente trasgressivo, perché la ragazza si era messa con uno molto più grande di lei, un uomo di circa trenta anni. Non sono stati forniti altri particolari che possano portare all’identificazione della povera vittima, anche perché si tratta di una minorenne.

Per la cronaca, comunque, la legge iraniana consente al padre di punire nel peggiore dei modi la figlia: anche uccidendola se c’è di mezzo l’onore della famiglia. Alcuni anni fa a Teheran un padre ha sgozzato una figlia di 9 anni sospettata di essere stata oggetto di violenza da parte dello zio. Questa è l’originale maniera di combattere la pedofilia in loco: si ammazzano le vittime. La ragazzina, a detta del padre, “non ha neppure gridato per la paura di svegliare il fratellino piccolo”. Mentre la sgozzavano. Per chi poi, nonostante il flusso quasi quotidiano di notizie del genere dall’Iran, ancora credesse che con il dialogo si aggiusta tutto, anche con gli ayatollah, è bene che si sappia cosa ha scritto solo tre giorni fa Alireza Jafarzadeh (cioè l’autore del libro “La minaccia di Teheran: il Presidente Ahmadinejad e la crisi nucleare”, edizioni Palgrave, Febbraio 2008) in una propria corrispondenza per Fox News. Secondo lo scrittore, che vive in esilio negli Usa, nelle scorse settimane ci sarebbe stato un grosso incremento dell’attività di appoggio al terrorismo in Iraq da parte dello stato iraniano. Teheran sta cercando di opporsi al nuovo corso inaugurato dal generale David Petraeus con un ampio progetto che mira ad estendere la rete terroristica in Iraq. A questo scopo, le Forze Qod hanno creato un nuovo quartier generale di comando nella città occidentale dell’Iran chiamata Kermanshah, da dove dirige tre aree operative: nord, centro e sud.

Ad ogni settore sono stati assegnati dei confini da attraversare e consegnate armi di contrabbando. Il comandante è un veterano di altro rango delle Forze Qod, Haj Amiri. Molti dei principali comandanti di questo nuovo organismo sono nazionalisti iracheni che hanno lavorato con i Corpi Badr prima di servire le Qods, come Ali-Hosseini e Ali Haydari. L’Area Nord, responsabile di Baghdad, delle province di Diyala e del Curdistan, è forse l’organizzazione più vitale della nuova rete terroristica irachena. Amiri, il comandante generale, ne è il responsabile. L’Area Nord è collegata a Baghdad con Abu-Jafar Al-Boka, precedentemente nei corpi Badr e nell’unità navale. Al Boka ha personalmente addestrato molti gruppi terroristici a Baghdad. L’Area Centro è invece capeggiata da un ufficiale delle Forze Qods di nome Andami. Le città confinanti di Mehran e Ali –Gharbi sono i principali punti dove far passare le armi di contrabbando dirette ai terroristi iracheni di religione sciita. Il comandante delle Forze Qods, Jafar Ansari, guida infine, personalmente, l’Area Sud. Introduce armi in Iraq attraverso i passaggi di Hoor- Abdullah e Faw.
Un iracheno di nome Khalib Arab fa invece parte delle Forze Qods come comandante di un gruppo affiliato all’Asse Sud. Per l’addestramento, a chi volesse diventare un terrorista, il nuovo comando dell’organismo emanazione delle Forze Qods, proprio a Kermanshah utilizza alcune basi ben equipaggiate e organizzate. Due di esse si trovano nella valle Kenesht di Kermanshah, e sono quella di Jalil-Abad Hozbollah a Veramin vicino a Teharan, e quella di “allenamento” di Isfahan in Iran. Tra lapidazioni di bambine, terrorismo e corsa al riarmo nucleare, come si vede, dall’Iran di Ahmadinejad nessun segnale incoraggia al dialogo.

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