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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale Rassegna Stampa
11.02.2008 Sderot: due fratelli di 8 e 19 anni feriti da un razzo kassam
rabbia e indignazione in Israele

Testata: Il Giornale
Data: 11 febbraio 2008
Pagina: 14
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Rabbia In Israele: Uccidete i capi di Hamas»

Scomparsa dai mezzi di informazione italiani, la notizia dei due fratelli israeliani di 8 e 19 anni feriti  da un razzo kassam, ha comprensibilmente suscitato grande indignazione  in Israele.
Indignazione che per alcuni anche il governo Olmert, accusato di non fare abbastanza per fermare il lancio di razzi kassam.

Ecco il testo della cronaca di Gian Micalessin dal GIORNALE:


Colpire Hamas, liquidarne i capi, restituire a Israele la certezza di saper impartire lezioni esemplari. Il premier Ehud Olmert ora deve agire in fretta, scegliere tra una rischiosa occupazione della Striscia e una serie di assassinii mirati simili a quelli che nel 2004 decapitarono la dirigenza di Hamas. Ormai i missili delle formazioni armate palestinesi di Gaza non minacciano soltanto gli abitanti delle cittadine vicine alla Striscia, ma anche il suo esecutivo. Da quando, ieri mattina, due ordigni caduti su Sderot hanno mozzato la gamba di un ragazzino di otto anni e ferito gravemente suo fratello, Olmert è sotto tiro, percepisce la rabbia dei dimostranti riuniti sotto la sua residenza per chiedergli di agire. Le rappresaglie aeree, come quelle che ieri mattina hanno ucciso un comandante di Hamas e distrutto alcuni depositi di armi fondamentalisti, non bastano più.
L’indignazione dell’opinione pubblica pretende azioni esemplari capaci di dimostrare che Israele sa ancora incutere paura. Ma un conto è strillare - come fanno l’opposizione e molti ministri - un’altra cosa è, come Olmert ha imparato durante la campagna libanese del 2006, colpire al cuore Hamas evitando un elevato tributo di sangue israeliano e l’indignazione internazionale. «Continueremo a inseguire tutte le entità terroriste, senza nessuna esclusione, colpendo responsabili e mandanti», promette dunque il premier in quello che suona come un monito ai capi di Hamas e un tentativo di contenere l’effervescenza dei propri ministri. «La rabbia – spiega Olmert - non è un piano d’azione che consente di sviluppare un’azione ordinata, sistematica e prolungata». Parole che sembrano privilegiare la scelta degli assassinii mirati a discapito di una pericolosa rioccupazione.
Parole che puntano a placare l’esuberanza di quanti chiedono «piogge di fuoco su Gaza» o di chi, come il ministro dell’Interno Meir Sheetrit, non esige soltanto l’assassinio di Ismail Haniyeh, premier e leader politico di Hamas, ma anche la totale distruzione dei quartieri palestinesi da cui partono i missili. E così nell’attesa dell’inevitabile risposta israeliana naufragano anche le speranze di Annapolis. «Fino a quando non cesseranno i lanci di missili da Gaza – ha detto ieri il ministro degli Esteri Tzipi Livni - sarà impossibile arrivare ad uno Stato palestinese».

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