Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
L' arcivescovo della Chiesa d'Inghilterra vuole la sharia, ma tra i musulmani c'è chi gli risponde: la legge è uguale per tutti intanto in Olanda sta per uscire il film sul Corano del politico Geert Wilders
Testata:Corriere della Sera - La Stampa Autore: Guido Santevecchi - Marco Zatterin Titolo: ««Sharia inevitabile» L'avviso del vescovo - Via il Corano dall'Europa»
Dal CORRIERE della SERA dell'8 febbraio 2008:
LONDRA — «L'adozione in Gran Bretagna di alcuni aspetti della Sharia islamica è inevitabile». L'affermazione è del Dottor Rowan Williams, arcivescovo della Chiesa d'Inghilterra. Secondo il leader dei cristiani di rito anglicano bisogna accettare il fatto che una parte dei cittadini non si riconosce nel sistema legale britannico e per mantenere la coesione sociale lo Stato dovrebbe trovare un «aggiustamento costruttivo in alcune materie». L'arcivescovo dice che i musulmani del Regno «non dovrebbero essere messi di fronte alla rigida alternativa tra la lealtà alla loro cultura e la lealtà allo Stato». Poi assicura che nessuno vorrebbe vedere applicate da noi quelle espressioni di inumanità a volte associate alla pratica della legge in alcuni Paesi islamici, le punizioni estreme, i comportamenti oppressivi nei confronti delle donne. «Ma penso che non vogliamo nemmeno arrivare a un punto morto in cui la legge si scontri con le coscienze religiose della gente». Il Dottor Williams pensa in particolare a campi come il divorzio, nel quale l'accettazione della Sharia permetterebbe alle donne musulmane di evitare le procedure di divorzio occidentali. E a questioni finanziarie che potrebbero essere risolte da corti coraniche. L'arcivescovo sostiene che comunque nella società multi-culturale britannica ci sono già una serie di situazioni nelle quali la legge interna alle comunità religiose è di fatto tollerata e riconosciuta. E cita l'anti-abortismo dettato dal Vaticano e il caso delle agenzie cattoliche per l'infanzia che non vogliono sottoporsi alla nuova normativa britannica sull'eguaglianza che non permette di rifiutare l'affidamento di bambini in adozione a coppie omosessuali. «Il principio in base al quale c'è una sola legge per tutti i cittadini è un importante fondamento della nostra identità sociale come democrazia occidentale», ammette il religioso, ma conclude: «Però la legge deve tenere in qualche considerazione il fatto che la gente ha diverse affiliazioni e diverse lealtà, altrimenti all'interno delle differenti comunità della nostra società ci saranno comportamenti privati, non controllati che accresceranno l'oppressione degli individui». Introdurre parti della Sharia per consentire allo Stato britannico di sapere quello che succede nella comunità islamica in materia di diritto familiare o controversie commerciali, dunque. È questo lo scopo dell'appello dell'arcivescovo, che non è uno sprovveduto, ma un uomo liberale ed estremamente sofisticato, come spiega Rodney Barker, professore di scienze politiche alla London School of Economics: «Williams riconosce che viviamo in una società dove non c'è una religione dominante. Non dice: "Io ho la verità e il resto di voi è malvagio e illuso"». Al governo però, la Sharia sembra tutt'altro che inevitabile. Il portavoce di Gordon Brown ha detto che «il primo ministro crede che le leggi britanniche debbano essere basate sui valori britannici e il codice islamico non può essere invocato per infrangere le leggi del nostro Paese». L'arcivescovo è riuscito a mettere d'accordo governo e opposizione: dal fronte conservatore la baronessa Sayeeda Warsi, che è musulmana, ha detto: «La sua ipotesi può solo accrescere la confusione all'interno delle nostre comunità. Naturalmente la libertà implica il rispetto per alcune pratiche religiose, ma su un punto abbiamo il dovere di essere assolutamente chiari: tutti i cittadini britannici devono essere soggetti alle leggi britanniche dettate dal Parlamento e applicate dai tribunali di giustizia». Anche il leader liberaldemocratico Nick Clegg ha bocciato il leader anglicano: «Ho enorme rispetto per lui, ma l'eguaglianza di tutti di fronte alla legge è il cemento della nostra società ». Mohammed Shafiq, direttore della Ramadhan Foundation, invece esulta: «Un tentativo da parte delle nostre due grandi fedi di costruire rispetto e tolleranza». In materia di tolleranza, però, qualche giorno fa, il vescovo anglicano di Rochester aveva ammonito che «ci sono aree nel nostro Paese dove l'aggressività islamica non permette l'ingresso ai cristiani». Il vescovo ha ricevuto minacce di morte. Baronessa Sayeeda Warsi, conservatrice e musulmana: così si fa solo confusione Multiculturalismo A sinistra, donne musulmane a Londra. Qui sopra, l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams. Il primate anglicano ha proposto l'adozione di alcuni aspetti della legge islamica (per esempio, in materia di divorzio o di diritto tributario) per favorire l'integrazione dei musulmani
Da La STAMPA, riportiamo per informazione dei nostri lettori un'intervista al politico olandese Geert Wilders
Geert Wilders è convinto che il Corano sia un «libro fascista», giura di «odiare il mondo islamico» e afferma «la netta superiorità della cultura cristiana su quella musulmana». Si esprime con impressionante lucidità, propone concetti oltraggiosi con la freddezza di chi enuncia formule matematiche. Non ha dubbi, nemmeno il più piccolo. Dice che la sua forza è nel milione e passa di olandesi che sembrano sposare la missione di cacciare Allah dai Paesi Bassi. E' sordo davanti a chi lo avverte dei rischi che la sua azione comporta, le tensioni sociali e la possibile reazione delle minoranze fondamentaliste. «I don't give a shit!», risponde. «Me ne fotto!». Non fa una piega: «Il codardo è il premier Balkenende - proclama con un sorriso freddo -. Io non lascerò scrivere la mia agenda politica a un mullah iraniano». Occhi di ghiaccio, capelli biondi in apparenza ossigenati, un aspetto giovanile, elegante, abito blu e cravatta rosso fuoco. Il 44enne Wilders, leader del «Partito per la Libertà» olandese, è il nemico numero uno dell'Islam e di chi in Europa crede nel dialogo come chiave per risolvere i conflitti etnici e religiosi. All'esordio elettorale, nel 2006, ha conquistato nove dei 150 seggi del parlamento dell'Aia. Se si votasse oggi, i sondaggi dicono che ne prenderebbe 15. Il suo manifesto è populista e radicale. «Sono la voce dei tanti non ne possono più del predominio islamico e dell'immigrazione. Non xenofobi o estremisti, bensì persone che vogliono tutelare la propria cultura e sentirsi sicuri nel loro mondo». La sua ultima trovata è un film contro il Corano, un prodotto che ha tutta l'aria di essere destinato scatenare una versione amplificata delle polemiche sulle caricature di Maometto apparse sulla stampa danese. Da quando ne ha parlato è diventato il politico più blindato d'Olanda. Ha sempre una guardia del corpo al fianco. I partiti democratici lo condannano col suo Pvv. Lui «se ne fotte». Spiega che «ammorbidire i toni sarebbe come dichiarare la vittoria di chi rifiuta di confrontarsi con strumenti democratici». Inutile chiedergli se non sta tirando troppo la corda. Quello risponde «dico ciò che penso e rispetto della legge, il film si farà». Onorevole Wilders, cominciamo da qui. A che punto è la pellicola? «Stiamo terminando la sceneggiatura. Dovrebbe essere completato in un paio di settimane. Le quattro televisioni interessate a trasmetterlo lo vogliono vedere prima di decidere. Mi pare normale. Andrà in onda a inizio marzo se non ci saranno ritardi». Che tipo di lavoro è? «Combina immagini di archivio con altre girate appositamente. E' un viaggio attraverso il Corano e le sure che ho scelto di illustrare». Qual è la tesi? «E' che il Corano dovrebbe essere bandito, nel mio paese e in tutte le sue moschee, perché è interpretato alla lettera e usato quale incentivo per atti di terrorismo e violenza. Ad Amsterdam un marocchino ha picchiato un omosessuale dichiarando di essersi ispirato ad Allah. Voglio aprire gli occhi alla gente». Sostiene l'equazione Islam uguale terrorismo? «Errore! Io non credo che tutti i musulmani siano terroristi, ma so che tutti i terroristi sono musulmani». C'è differenza fra la libertà di parola e una strategia che rischia di gonfiare lo scontro fra culture. Non è anche questo un fondamentalismo? «Non intendo istigare l'odio. Non ce l'ho coi musulmani, ma detesto il Corano. Se gli islamici assimilassero i nostri valori non esiterei a considerali miei simili. Ho un problema grande con le loro scritture e voglio essere libero di dirlo». E'una provocazione, messa in questo modo. «Per nulla. Se non lo faccio io, non lo fa nessuno. L'Europa è imbevuta dal relativismo culturale, un'illusione perchè non esiste uguaglianza fra culture. La nostra è di gran lunga migliore di una islamica da ritardati. Noi non picchiamo i gay, non discriminiamo le donne, non usiamo violenza con chi è diverso. Non sogno una monocultura, però esigo che la nostra sia dominante». Il film riscalderà il clima. Lo sa, vero? «Falso, tutti parlano senza averlo visto. Il Muftì di Siria ha detto che se ci sarà un bagno di sangue la responsabilità sarà mia. Nessuno mi ha difeso. Si alimenta una profezia di morte che finirà per realizzarsi da sola. E io sarò la radice di ogni male». Come politico, una responsabilità morale davanti all'opinione pubblica ce l'ha eccome. «Io utilizzo dei metodi democratici, discorsi e film. Non posso essere responsabile se qualcuno si comporta altrimenti». Il regista Van Gogh è stato ucciso per le sue dichiarazioni anti-Islam. Pensa mai che possa succedere anche a lei? «Certo. Molti mi dicono che dovrei cambiare atteggiamento, scegliere il dialogo. Ma, se voglio rispettare i miei elettori, non posso. Sarebbe come dichiarare la vittoria degli estremisti. So che non si affermeranno mai in una società democratica. Pertanto, nell'ambito dei limiti della legge, io non accetterò mai compromessi, né modererò i toni solo perché la mia vita è in pericolo».
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