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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
04.02.2008 Israele alla Fiera del libro
diciannovesima puntata

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - La Stampa
Autore: Vera Schiavazzi - Massimo Novelli - Paolo Griseri - Emanuela Minucci
Titolo: ««Gli ospiti siamo noi». Israele chiede garanzie - Boicottaggio ad Israele, stop di Bertinotti - Perché apriamo lo stand in Fiera per i libri della Palestina - Chiamparino: sono reazionari questa è la città di Primo Levi - Su Israele non dobbiamo»

Dal CORRIERE della SERA del 4 febbraio 2008, la cronaca di  Vera Schiavazzi

Gli israeliani non hanno alcuna intenzione di fare retromarcia, ma chiedono condizioni precise per confermare la loro presenza come Paese ospite d'onore alla XXI Fiera del Libro di Torino. Una in particolare, e cioè che la presenza di scrittori e intellettuali palestinesi non assuma la forma di un doppio invito, come se le nazioni ospiti per il 2008 fossero due invece di una. La «road map» è pronta e verrà discussa stamattina, con il diplomatico israeliano Elazar Cohen, numero due dell'ambasciata, da una parte del tavolo e i vertici della manifestazione libraria, Rolando Picchioni ed Ernesto Ferrero, dall'altra. «Sono fiducioso, abbiamo a che fare con persone intelligenti e sicuramente si giungerà a una conclusione positiva», dice Ferrero. La giornata di ieri ha registrato una netta prevalenza di dichiarazioni favorevoli alla presenza di Israele, dal presidente della Camera Fausto Bertinotti a quello dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna, fino a numerosi intellettuali anche del mondo arabo. Ma la ferita che si è aperta a Torino ne riapre altre, a cominciare da quella della presenza islamica in Italia e della negazione dello stesso diritto ad esistere di Israele, un problema sollevato dal portavoce di An, Andrea Ronchi. Bertinotti ha bocciato senza appello ogni ipotesi di boicottaggio della Fiera, prendendo così le distanze dai Comunisti italiani piemontesi, che per primi hanno avviato le proteste contro la scelta del Paese ospite, ai quali l'altro ieri si era aggiunta anche Rifondazione: «Bisogna distinguere — ha detto il presidente della Camera — tra lo Stato di Israele e il suo governo. Israele non è solo un Paese, ma il luogo dell'anima di tutti gli ebrei del mondo».
Durissima e radicale la posizione di Ronchi: «Una minoranza culturale razzista e oscurantista, ma soprattutto già sconfitta dalla storia, sta tentando di prendersi la rivincita: prima il divieto di parlare al Papa, ora quello a Israele e ai suoi libri. A questo punto chiediamo una moratoria contro ogni iniziativa politica, economica e culturale con chi nega il diritto di Israele ad esistere. In particolare, mi domando perché grandi Comuni come Bologna e Genova e banche come il Monte dei Paschi di Siena finanzino la costruzione di moschee legate all'Ucoii, cioè all'Islam fondamentalista in Italia, che fiancheggia il terrorismo culturale. È ora di finirla — conclude Ronchi — con lo sdegno a scoppio ritardato e con un mondo liberale ancora troppo codardo. C'è un filo logico che lega chi impedisce al Papa di parlare a chi brucia le bandiere americane e israeliane o insulta i caduti di Nassiriya. È ora di scendere in campo contro questa cultura».
Per Gattegna, la protesta contro Israele alla Fiera di Torino è «un'inaccettabile negazione del dialogo e in definitiva della libertà di pensiero». E il presidente delle Comunità annuncia che sarà insieme a molti altri ebrei italiani all'inaugurazione della Fiera del Libro, per partecipare a «una nuova sfida che non sarà né breve né facile, ma non può essere perduta». Una posizione non scontata, nel quadro dei rapporti non sempre facili tra ebraismo italiano e Stato d'Israele.
«Stupefatto» dall'idea del boicottaggio anche il presidente della commissione Cultura della Camera, Pietro Folena (Prc): «Un'iniziativa che nega la libertà e arriva da chi dovrebbe invece averla nel suo Dna». Per la presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso (alla quale toccherà, domani, guidare la seduta del consiglio di amministrazione della Fiera), «queste polemiche sono ridicole e se ne andranno come sono venute ». Ala al-Aswani, lo scrittore egiziano autore di Palazzo Yacoubian (Feltrinelli), e il suo connazionale Gamal Gitani (autore per Giunti di Zayni Barakat)
bocciano l'idea del boicottaggio, pur condannando le posizioni di Israele.
Dure proteste sono annunciate invece dalle associazioni del Forum per la Palestina, che organizzerà una manifestazione contro la decisione della Fiera di invitare Israele come ospite d'onore il 29 marzo e «passerà dalla fase della denuncia a quella della contestazione» durante la Fiera stessa, con una manifestazione nazionale il 10 maggio e sei giorni di presidi, mostre e incontri «dentro e fuori l'evento del Lingotto ». E mentre via web arrivano mail di minaccia ai vertici della Fiera, si discute del programma che dovrebbe far conoscere la cultura israeliana al pubblico: Amos Oz, Aharon Appelfeld e una giovane autrice per la serata inaugurale con cena israeliana, cantanti come Nurit Hirsch e Yehuda Poliker, un festival promosso dal Museo nazionale del cinema, un'intera orchestra klezmer
in trasferta. Con l'ottimismo della ragione, e col problema di trovare sponsor sufficienti.

Da La REPUBBLICA , la cronaca di Massimo Novelli che guarda con evidente simpatia a "chi continua a lavorare perché alla manifestazione di maggio vi sia, oltre a quella dello stato di Tel Aviv, una presenza della Palestina.", cioè a una soluzione che condizionerebbe la legittimità della presenza di Israele (che non è lo "Stato di Tel Aviv") alla Fiera alla contemporanea presenza ufficiale dell'Autorità palestinese.
Ecco il testo:


TORINO - Ha un po´ il sapore del "contrordine compagni" caro a Giovannino Guareschi. È bastato infatti un intervento di Fausto Bertinotti, che si è detto «assolutamente contrario» al boicottaggio della Fiera del libro di Torino per l´invito a Israele come ospite d´onore, per ricomporre in qualche modo le fratture a sinistra, che però, adesso, paiono aprirsi fra le istituzioni pubbliche torinesi a proposito dell´idea di dare uno spazio, all´interno dell´evento, anche all´Autorità nazionale palestinese. In ogni caso, si è ricomposta parzialmente la lacerazione a gauche. Questo l´antefatto: alcuni esponenti cittadini di Rifondazione comunista sabato avevano chiesto alla Fondazione per il libro, i cui principali soci sono la Regione, la Provincia e il Comune, di fare marcia indietro rispetto alla presenza dello Stato ebraico. Una mossa che non è piaciuta a Bertinotti e nemmeno a Giovanni Russo Spena, capogruppo del Prc al Senato. Il primo ha affermato che «bisogna distinguere lo Stato di Israele dal suo governo» e che «Israele non è solo uno Stato, ma il luogo dell´anima di tutti gli ebrei del mondo». Il secondo ha sostenuto che «il boicottaggio contro Israele è sbagliato». Così, ieri pomeriggio, il Prc di Torino ha fatto dietrofront, dichiarando di «ritenere inopportuno e sbagliato il boicottaggio», fermo restando il «nostro dissenso nel caso in cui la Fiera del libro dovesse ribadire la propria scelta di indicare Israele come ospite d´onore».
A fronte delle contestazioni al Salone di Torino, che provengono da alcuni intellettuali arabi e da settori della sinistra radicale, si infittiscono tuttavia le prese di posizione contro l´ostracismo a Israele. Riccardo Pacifici, portavoce della Comunità ebraica di Roma, ha lanciato un appello ai rappresentanti degli ebrei italiani ed europei, chiedendo loro che vadano alla Fiera del libro, a maggio, «in segno di testimonianza e di solidarietà». Il sociologo algerino Khaled Fouad Allam e lo scrittore ebreo libico Victor Magiar, con una lettera, invitano gli intellettuali a stigmatizzare una campagna ritenuta «ignobile, fondata su faziosità, pregiudizio e ingratitudine». Pure il romanziere egiziano Gamal Ghitani si è espresso contro il boicottaggio, così come Ala al Aswani, anch´egli narratore egiziano, sebbene abbia detto che occorre «spiegare che Israele occupa dei territori, uccide bambini e malati, e riduce il popolo palestinese alla fame».
C´è comunque chi continua a lavorare perché alla manifestazione di maggio vi sia, oltre a quella dello stato di Tel Aviv, una presenza della Palestina. Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il libro, porta avanti questo progetto che sembra trovare un´accoglienza negativa presso il sindaco Sergio Chiamparino, mentre pare favorevole Mercedes Bresso. Per la presidente della Regione, «quando si parla di Israele si parla anche di Palestina, per cui invitare gli scrittori israeliani vuole dire invitare quelli palestinesi, e proporre un confronto intellettuale».

Sempre di Novelli, a pagina 1 delle pagine torinesi, un'intervista  a Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il libro:

«Abbiamo già offerto, formalmente e informalmente, la possibilità che la Palestina abbia un proprio spazio alla Fiera del libro, peraltro al pari ogni altro stato che lo richiede. Ora aspettiamo che ci diano una risposta». Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il libro, la musica e le attività culturali, rilancia la proposta, anticipata da Repubblica, di mettere fine alle polemiche sull´invito a Israele, che hanno investito la manifestazione del Lingotto, attraverso una presenza dei palestinesi di «pari dignità». A qualcuno, però, l´idea di Picchioni potrebbe sembrare una sorta di resa. Il sindaco Sergio Chiamparino, per esempio, pare essere uno di questi. «Io ho il dovere come presidente della fiera di ricomporre le cose, di superare le situazioni di impasse. Non credo che si possa contrabbandare tutto ciò alla stregua di un´abdicazione. Non si tratta di questo, per niente».
Ha già contattato l´Autorità nazionale palestinese?
«No. Non ho contattato nessuno. Molto semplicemente ho formulato il mio suggerimento nella lettera che ho inviato a Vincenzo Chieppa, il segretario provinciale dei Comunisti italiani che aveva chiesto alla Fiera di invitare, insieme a Israele, anche la Palestina. È chiaro che adesso si devono pronunciare coloro i quali hanno potestà di rispondere, non Chieppa o altri esponenti politici. Intendo dire i diretti interessati: i palestinesi. Se dovesse concretizzarsi la proposta di avere uno stand palestinese, per noi sarebbe una grande occasione per promuovere un dialogo, direi fisico, tra loro e gli israeliani».
Resta il fatto che il boicottaggio minacciato contro la Fiera ha il suo baricentro nell´invito a Israele come ospite d´onore. Si contesta la decisione di avere dedicato il prossimo salone allo stato ebraico. Se ne rende conto, no?
«Ma non è così. Si continua a fraintendere, a dire cose non vere. Il tema della Fiera del libro del 2008 è sull´interrogativo se la bellezza ci salverà, non su Israele. D´altronde non abbiamo mai dedicato un´edizione della fiera, in tanti anni, a una singola nazione. Invece si vuole a ogni costo far passare la ventunesima edizione della fiera come la fiera di Israele, come se questo paese rappresentasse tutto il nostro salone».
Lei pensa che la Palestina possa avere davvero un suo stand alla fiera di maggio?
«Io ritengo che, se cadranno tutti i veti e se finiranno tutti i boicottaggi, si possa lavorare a una ricomposizione civile di quanto è accaduto, per creare le basi per un terreno di confronto, anche serrato ma civile, tra la Palestina e lo stato di Israele, tra i loro popoli, le loro culture».
Quando avete deciso di invitare lo stato di Tel Aviv, avevate messo in conto polemiche e contestazioni?
«Sì, lo avevamo messo in conto, naturalmente. Sapevamo insomma che non sarebbe stata una passeggiata in Arcadia. Ma ritenevamo che, alla fine, parlando e confrontandoci, tutto si ricomponesse. Non è andata così, almeno finora. E c´è sempre qualcuno che vuole dimostrare di essere più a sinistra degli altri. A questo punto occorre trovare delle soluzioni, individuare un compromesso onorevole per tutti».
Oggi vi incontrate con Elazar Cohen, ministro plenipotenziario dell´ambasciata israeliana di Roma e addetto culturale. Nei giorni scorsi, allorché si è scatenata la bufera su Librolandia, non vi siete sentiti? Gli israeliani non vi hanno contattato per fare un po´ il punto della situazione, alla luce della campagna di boicottaggio e di tutto il resto?
«No, non ci sono stati contatti né richieste di chiarimenti. Hanno rispetto della nostra posizione».

Un'intervista di Paolo Griseri a Sergio Chiamparino, sindaco di Torino:

TORINO - Sventolano vessilli di sinistra ma sostengono posizioni di destra. Anzi, di più: sono «reazionari, gente che cavalca il fondamentalismo politico per un pugno di voti, personaggi che maneggiano a fini elettorali con la stessa disinvoltura una piccola polemica locale sull´altezza di un grattacielo e il diritto di Israele a esistere come stato e entità culturale». Sergio Chiamparino attacca così i consiglieri torinesi dei Comunisti Italiani e di Rifondazione che polemizzano per la scelta di nominare Israele ospite d´onore della Fiera del Libro 2008.
Chiamparino, quei reazionari sono nella sua maggioranza. Come la mettiamo?
«Provo imbarazzo per loro. Come si fa a dirsi di sinistra e identificare uno stato con il governo di quello stato, un popolo e una cultura con le scelte dei primi ministri? Questo è quel che pensa la destra più reazionaria».
Ora la polemica è innescata. Come evitare guai peggiori?
«Primo, non arretrare di un millimetro. Israele è stato scelto come stato ospite e deve rimanere tale. Senza ipocriti aggiustamenti dell´ultima ora».
C´è questo rischio?
«Non so se c´è ma è meglio mettere le mani avanti. Non credo che farebbe bene a nessuna causa inventarsi ospiti d´onore bis o cose di questo genere».
Non teme una guerra di religione in città?
«A Torino c´è una tradizione di tolleranza, non di guerre religiose. Questa è la città di Primo Levi, la città in cui la comunità ebraica ha una storia di apertura e tolleranza, la città in cui le associazioni islamiche hanno partecipato alle manifestazioni dopo l´11 settembre».
Vi aspettavate questa reazione alla scelta di Israele?
«Ricordo la giornata della primavera scorsa in cui abbiamo preso quella decisione. Eravamo a Bose, il monastero sulla collina del canavese che ospita il centro ecumenico retto da Enzo Bianchi. Sapevamo che qualcuno avrebbe potuto sollevare problemi ma abbiamo confidato nel senso di tolleranza. E poi non possiamo farci fermare da quattro fanatici».
Chi solleva il problema da sinistra ricorda i comportamenti, anche recenti, del governo di Tel Aviv. Non state avallando quei comportamenti?
«Ma quando mai? Chi dice questo dice una grandissima sciocchezza. Celebrare l´anniversario dell´indipendenza americana significa avallare la politica di Bush? La cultura di Israele è la cultura dei Grossman, degli Oz, degli Yoshua. Vuole che le dica quel che penso di quelle critiche da una parte della sinistra?».
Che cosa pensa?
«Che vengono da persone che non vogliono due popoli e due stati in Palestina ma lavorano semplicemente perché venga abolito lo stato d´Israele. Se questo è il retropensiero di certa sinistra è bene che venga fuori in modo chiaro. Bene ha fatto nelle ultime ore Bertinotti a prendere le distanze da questi ragionamenti. Sarebbe utile che la politica nazionale, soprattutto quella di sinistra, si schierasse su questa vicenda».

Dalle pagine torinesi della Stampa, un'intervista a Sergio Chiamparino

Chi lo conosce bene sa che oggi pomeriggio in Consiglio comunale, alla cosiddetta sinistra radicale, non le manderà a dire. «Mi chiedono le comunicazioni su Israele alla Fiera del Libro? Ci divertiremo» è stato il commento di ieri del sindaco Chiamparino. Le dure reazioni dei Comunisti Italiani prima, e di Rifondazione poi, al tema 2008 scelto da Picchioni & C. lo hanno irritato non poco.
Allora sindaco, che dirà oggi in Sala Rossa su Israele alla Fiera?
«Primo che la cultura è il terreno principe del dialogo e quindi polemiche come queste in un’occasione simile sono a dir poco fuori luogo. Poi inviterò tutti a leggersi i grandi scrittori israeliani, perché basterebbe questo per tacitare tutto. Non ce n’è uno sdraiato su posizioni filogovernative. Se invece la vogliamo buttare in politica, se questi signori negano a uno Stato il diritto di autorappresentarsi, allora la vedo dura...».
Due popoli due stati.
«Sono d’accordo. Quindi Israele ha tutto il diritto di venire. Diversamente si nega il principio. Non trova?».
La polemica è diversa e parte da questa idea di fondo: c’è uno Stato oppressore e uno oppresso.
«Due popoli, due Stati, ma che c’entra? Quando si è parlato del tema da scegliere per la Fiera lo abbiamo fatto con la convinzione che la cultura e la letteratura hanno la forza di fare crescere un clima di dialogo».
E allora perché non invitare anche la Palestina?
«É stato scelto Israele non solo perché compie 60 anni, ma soprattuto perché ha alcuni dei più importanti e intelligenti scrittori al mondo».
E non la preoccupa che Ramadan dica boicottiamo la Fiera, Al Jazeera soffi sul fuoco, insomma che il livello della tensione, a Torino, salga?
«Non lo sottovaluto, ma per ora sono segnali contenuti. Confido nel fatto che personaggi della politica e della cultura diano un segnale chiaro in merito».
Bertinotti è dalla sua parte: sbagliato boicottare la Fiera. Parole del presidente della Camera.
«Mi fa piacere, è un personaggio che sul piano internazionale ha già dimostrato di voler innovare».
Parte della sua maggioranza, invece, continua a dissentire.
«Bah. L’ho già detto una volta: certe frasi sono lo specchio di un preoccupante fondamentalismo politico. E lo ripeterò in Sala Rossa: abbiano il coraggio di dire che negano allo Stato di Israele il diritto di esistere. Mi vergogno per loro: sotto le bandiere della sinistra si contrabbandano concetti imbarazzanti. A meno che uno non abbia poi il coraggio di essere coerente e di andare in piazza a bruciare le bandiere».
Come direbbe Guccini: se avesse previsto tutto questo?
«Certo farei lo stesso. Mica è una sfilata militare, stiamo parlando di una fiera culturale. Non vorrei che ci fosse qualcuno interessato a far circolare all’estero un’immagine deteriore dell’Italia».
Scusi?
«Prima il Papa che non può parlare a Roma, adesso questa storia. C’è aria di elezioni. Magari qualcuno ne approfitta».
Qualcuno chi?
«Lo sapessi. Io noto solo. Sa come diceva Andreotti: a pensar male si fa peccato, però....».
Insomma, il Lingotto come la Sapienza?
«Figuriamoci, noi andiamo avanti, ci mancherebbe. Anzi, esorto il mondo politico e quello arabo ad avere un sussulto».
Secondo lei la comunità araba di Torino potrebbe spegnere la miccia?
«Mi auguro che sia così».
Li inviterà a prendere un tè con lei?
«Se servisse lo farei. Non so bene con chi, in ogni caso. La comunità araba da noi è decisamente integrata. Se vogliono pronunciarsi li invito a usare i media. Così come hanno già fatto Tawfik e Ben Jelloun».
Morale?
«Noi non abbiamo da chiedere scusa a nessuno».

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