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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.01.2008 Nuove polemiche su Martin Amis
in uscita il nuovo libro dello scrittore britannico

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 gennaio 2008
Pagina: 43
Autore: Guido Santevecchi
Titolo: «Amis anti-Islam, nuova bufera»

Dal CORRIERE della SERA del 30 gennaio 2008:

LONDRA — Tutto comincia con gli aerei lanciati sulle Torri Gemelle. O meglio, con il secondo jet che oltraggia la Statua della Libertà: «Quello è stato il momento, fino a quel punto l'America aveva pensato di essere di fronte a niente di più serio del peggiore disastro nella storia dell'aviazione; da allora ha avuto il senso della fantastica veemenza messa in campo contro di lei». E finisce con la consapevolezza che «l'11 Settembre continua, con il suo mistero, la sua instabilità e il suo terribile dinamismo».
Nel mezzo ci sono i 14 capitoli del nuovo libro di Martin Amis, The Second Plane, in uscita a Londra per Jonathan Cape, già accompagnato da una polemica politico-culturale che non smette di seguire lo scrittore da quando ha deciso di prendere posizione sulla questione del terrorismo islamico. Da una parte, quelli che lo accusano di «razzismo islamofobico»; dall'altra, quelli che criticano il suo stile stellare, il suo gusto per l'estremo e il grottesco, le acrobazie stilistiche che danno forza ai romanzi ma risulterebbero banali quando vengono applicate allo scontro tra civiltà che si combatte con il terrorismo, le campagne in Iraq e in Afghanistan. Ha ricevuto già diversi attacchi
The Second Plane: sulla stampa inglese di sinistra (il Guardian) secondo cui «questo libro non aggiunge niente alla sua reputazione»; e su quella conservatrice ( Times), che lo ha bollato con il titolo «Un trionfo dello stile sulla conoscenza ». Martin Amis non è impressionato. Nella prefazione alla raccolta di 12 saggi e 2 racconti brevi riconosce che «la geopolitica può non essere il mio soggetto naturale». Ma non rimpiange nemmeno una delle parole che ha scritto in questi anni e ci scherza anche su: «I quattordici pezzi inclusi in questa raccolta sono riprodotti in ordine cronologico: un riconoscimento della ovvia verità che la nostra comprensione dell'11 Settembre è progressiva e non può mai sperare di essere intatta o intera. Ho solo fatto aggiunte a ciascuno di loro e non ho tagliato niente, anche se a volte sono stato brevemente tentato a farlo, per cancellare le tracce». Le tracce potrebbero essere per esempio quelle osservazioni sull'«impulso a dire che la comunità musulmana dovrà soffrire fintanto che non metterà ordine al proprio interno».
Amis risponde con calma: «Sono un romanziere e amo la pace, ma non nego di aver provato quell'impulso di fronte ai tremila morti delle Torri... ed è un fatto che la gente che fa queste cose tende a essere originaria del Pakistan o del Medio Oriente. La violenza viene dall'altra parte di un mondo che si è scoperto ancora una volta bipolare», ha ripetuto alla Bbc. In
The Second Plane, dunque, Amis ammette che la geopolitica può non essere il suo campo naturale, ma subito contrattacca: «la mascolinità lo è». E chiede: «Abbiamo mai visto l'idea di maschio in abiti così vergognosi come quelli dell'Islam radicale?».
E qui viene il colpo basso, l'argomentazione secondo cui gli attentati si susseguono perché i musulmani hanno problemi di frustrazione sessuale. Amis cita gli scritti di Sayyid Qutb, fondatore dei Fratelli Musulmani, contro la decadenza dei costumi occidentali e osserva: «È stato ipotizzato che gli attentatori suicidi cerchino in realtà solo il modo più semplice di trovare una ragazza. Può essere che alcuni di loro cerchino la via più breve per avere dell'alcol che, come il sesso extraconiugale, è strettamente proibito in vita ma esiste in grande abbondanza dopo la morte». Il critico del Times commenta che con questa affermazione l'atteggiamento occidentale chiude il suo cerchio nei confronti dell'Islam: «I vittoriani accusavano il mondo islamico di essere sensuale e decadente e di avere una propensione per la sodomia; ora Amis lo attacca attribuendogli frustrazione impotente».
Amis ha qualcosa da dire sulla religione in genere: «Tutte le religioni sono violente, come tutte le ideologie». Nega di essere islamofobo: «Sono un anti islamista, perché la fobia è una paura irrazionale, mentre non è irrazionale temere qualcosa che dice di volerti uccidere». Gioca ancora con la costruzione delle frasi e le assonanze: «Naturalmente rispettiamo l'Islam, ma non l'islamismo, proprio come abbiamo rispetto per il profeta Muhammad ma non per Muhammad Atta». Il ragionamento torna ai piloti suicidi dell'11 Settembre. E Amis, in uno dei capitoli più brillanti del Secondo aereo, analizza la formula americana per definire la strage: «9/11». L'ossessione anglosassone per le abbreviazioni: «Perché stancarsi a dire Jennifer Lopez quando puoi risparmiare tempo prezioso con J-Lo? Nine/Eleven è un paio di sillabe più corto di September Eleven ». Restringere il «fascino disperato» di quel giorno di settembre in una sigla numerica però a Martin Amis non piace: «C'è Avenue 7/14 in Francia e Piazza 4/25 in Italia?».
La conclusione è che «Se l'11 Settembre doveva accadere, allora non mi dispiace affatto che sia accaduto durante la mia vita». Sarà un trionfo dello stile sulla conoscenza, ma The Second Plane ha il merito di attraversare questi anni di orrore senza l'aridità della geopolitica.

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