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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.01.2008 Repressione in Siria
in cella il dissidente Riad Seif

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 gennaio 2008
Pagina: 16
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «Siria, in cella il dissidente Seif. «Minaccia lo Stato»»
Dal CORRIERE della SERA del 30 gennaio 2008:

La Siria s'indurisce, arresta e umilia i dissidenti, e dimentica le promesse di offrire maggiore libertà alle voci del dissenso. Sembra che siano tornati i tempi di Hafez el Assad, padre dell'attuale presidente Bashar, quando non era tollerato chi osasse discutere le volontà e l'onnipotenza del potere.
Lunedì notte è stato arrestato Riad Seif, 60 anni, combattivo intellettuale, leader di un noto gruppo di riformatori e paladini dei diritti umani, ritenuto colpevole — come dieci suoi colleghi — di minare la sicurezza dello Stato. Per Seif, malato di cancro alla prostata e bisognoso di cure all'estero, si erano mobilitate sia l'Amministrazione Usa sia le diplomazie europee, che già nei mesi scorsi avevano protestato per il mancato permesso all'intellettuale di lasciare il Paese per motivi di salute. Lo stesso Seif aveva sibilato: «È una sentenza di morte lenta». Ora, a quel divieto si è aggiunto l'arresto, perché Seif aveva riunito, a dicembre, i firmatari della cosiddetta «Dichiarazione di Damasco », diffusa nel 2005 dopo l'assassinio dell'ex premier libanese Rafik Hariri, al quale non sono estranei i servizi segreti siriani.
In realtà, la «Dichiarazione », che per il presidente George W. Bush «riflette il desiderio della maggioranza del popolo siriano di vivere in libertà, democrazia e pace», era e continua ad essere un reiterato appello a Bashar perché consenta libertà di espressione e di critica.
Ma la Siria di oggi non è più quella del 2000, quando il giovane oftalmologo, alla morte del padre, divenne presidente cercando di aprire le finestre del Paese, per farlo uscire dalla tetra cappa di sopravvissuto satellite mediorientale dell'ex Unione Sovietica.
L'attenzione di Bashar era proprio per i personaggi come Seif, che aveva già passato cinque anni in prigione. Non solo. Almeno all'inizio, il capo dello Stato aveva cercato di favorire quella che, frettolosamente, era stata battezzata la «Primavera di Damasco », richiamando la breve stagione di autonomia nella Cecoslovacchia di Alexander Dubcek, soffocata dall'invasione delle forze militari dell'allora Patto di Varsavia.
Bashar ci aveva provato, circondandosi persino di qualche personaggio assai critico nei confronti del suo regime, nella speranza di avviare un graduale piano di riforme. Forse sottostimando i tentacoli di una nomenklatura abituata ai vantaggi della dittatura, e quindi refrattaria a qualsiasi cambiamento.
L'influenza crescente e invasiva del cognato Assef Shawkat, nominato capo dell'intelligence militare dopo l'assassinio di Hariri; l'intransigenza dei duri del partito Baath; le accuse americane alla Siria d'essere diventata un «Paese canaglia»; la convinzione d'essere sotto il tiro della comunità internazionale, che accusava Damasco di sostenere l'estremismo e di promuovere il terrorismo; il rischio di veder limitato il controllo sul Libano, anche in vista del processo internazionale sulle stragi che insanguinano la Repubblica dei cedri, hanno spinto Bashar ad un progressivo e fatale irrigidimento.
Si pensava che, dopo l'invito a partecipare alla conferenza di Annapolis e qualche importante collaborazione per pacificare l'Iraq (riconosciuta anche dal comandante delle forze armate americane), si sarebbero riaccese le speranze. Al contrario, l'arresto di Seif fa ripiombare Damasco nel buio più pesto.

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