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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
27.01.2008 L'antisemitismo saudita
descritto dallo scrittore Tuvia Tenenbom

Testata: Corriere della Sera
Data: 27 gennaio 2008
Pagina: 1
Autore: Tuvia Tenenbom
Titolo: «Corano, manager e night club. Un ebreo fantasma a Riad»

Un articolo di Tuvia Tenenbom, scrittore teatrale e direttore artistico del Teatro Ebraico di New York , dal CORRIERE della SERA del 27 gennaio 2008:

Qualche giorno fa ho tentato di recarmi in Arabia Saudita o Saudia, com'è chiamata in Medio Oriente, terra che aveva stregato la mia immaginazione. Mi sono dunque collegato al sito web del governo saudita, per avviare la procedura di richiesta del visto. Un sito interessante, non c'è dubbio. Desiderano sapere, ad esempio, «Qual è la tua religione?». Io non professo alcuna religione, ma ho ricevuto un'educazione ebraica ultra-ortodossa, pertanto mi pareva opportuno selezionare «Giudaismo». Ehi, ma come? C'è un problema: il Giudaismo non è tra le opzioni disponibili. Pazienza: salto la domanda sulla «religione » e passo alla successiva: «Luogo di nascita». Ottimo: sono nato in Israele. Come, non lo sapete? Questo Paese non esiste nella mentalità saudita. Così, senza dover troppo attendere, ho definitivamente archiviato il mio sogno saudita.
Finché, un giorno, arriva una chiamata dalla Casa Bianca: mi invitano ad accompagnare il presidente Bush nel suo viaggio in Medio Oriente. E, poiché nel tempo libero faccio anche il giornalista, si offrono di risolvere loro il problema del visto. Accetto senza indugi e, in meno di una settimana — hurrà! — sono pronti i documenti. «Accompagnatore del presidente americano», recita il timbro saudita sul passaporto. Che cosa significa?
Dovrò partire assieme a Bush? Non lo so né me ne curo, mi limito a prendere l'aereo.
Un uomo come me, il cui principale titolo professionale è quello di «Direttore artistico del Teatro Ebraico di New York», è in Arabia Saudita! In qualsiasi altra occasione i sauditi preferirebbero patire un infarto anziché vedere la mia faccia nella loro patria, ma stavolta hanno dovuto fare un'eccezione e io mi sento strafelice. Poi Bush se n'è andato e l'ebreo è rimasto tutto solo all'Holiday Inn di Riad. Ma non a lungo. Più o meno nel medesimo istante in cui l'Air Force One ha toccato il suolo americano, qualcuno mi chiama invitandomi a raggiungere una «persona importante che desidera parlarle». Mi accompagnano, passando per una porta segreta, a un piano sottostante.
Il posto sembra avvolto nel buio e nella sporcizia. La targhetta sulla porta recita: «Mohammad Al-Mallah — Human Resources Manager». Che cosa succede? Non sto cercando un lavoro, o sbaglio? Risorse umane?!? «Si sieda», dice l'uomo. «I giornalisti — inizia a farfugliare — fanno domande ma non sanno dove trovare le risposte». Tutte le risposte sono racchiuse «in questo libro», scandisce additando una copia del Corano rilegata in pelle verde. Faccio per aprire il libro, ma il mio interlocutore pare non si diverta, e mi dice in un inglese sgrammaticato: «Tu non sei musulmano, non hai le mani pulite, non toccare il Libro Sacro». Aspetta un secondo, mi dico, come diavolo fa a sapere che sono ebreo?
Prima che riesca a trovare una risposta, però, il Responsabile delle Risorse umane enumera in tutta fretta le regole che sono tenuto a rispettare: «Niente foto né riprese, niente interviste, niente discorsi politici. Domande? ». Molto stupidamente rispondo: «Sì, ho una domanda. Pensa che ci potrà mai essere la pace tra israeliani e palestinesi?». «Sì», risponde. «Come è scritto in questo Libro Sacro, muoiano tutti gli ebrei e sul mondo intero regnerà la pace».
A questo punto risalgo in camera e scrivo una e-mail all'ambasciata saudita di Washington. Sono l'unico ebreo in Arabia Saudita. Strano, no? Persino nella Germania nazista gli ebrei erano più numerosi... Finalmente mi alzo ed esco a fare due passi. Proviamo a capire dove finisce un ebreo e comincia un saudita, dico tra me e me.
Attraverso solitario King Abdulaziz Street. E vedo volare a bassissima quota una squadriglia di quattro aerei militari. È da quando ero bambino in Israele, al tempo della Guerra dei Sei giorni, che non vedo un aereo militare così da vicino. È come se uno spirito magico, fantastico e inspiegabile, mi facesse tornare bambino. Sì, questi velivoli mi rapiscono e, d'incanto, mi riportano indietro di 40 anni, in Prophet Jonah Street a Tel Aviv. Rallento il passo, totalmente ipnotizzato, quando un'altra squadriglia inizia a volare sopra di me. Sento un'irresistibile euforia! Inizio a contare: quattro qui, quattro laggiù, eccone altri quattro, e ancora quattro... e, quando arrivo a 50, mi fermo e basta. Come potrò appurare nei giorni seguenti, questi voli stravaganti sono una routine quotidiana a Riad. Perché si faccia tanto sfoggio di potere sopra un'area densamente popolata, e in un Paese che vanta un immenso spazio aereo nel deserto, Dio solo lo sa.
Con un cenno della mano fermo un taxi e faccio ritorno in albergo. Mi sintonizzo su Al Jazeera, che addita gli ebrei come carnefici. Stanno parlando di me?!? Esco fuori e chiamo di nuovo un taxi. Ma tu guarda — penso — è lo stesso tassista che mi ha accompagnato prima! Ben presto scopro che non appena chiamo un taxi in questa città di 5 milioni di abitanti, nove volte su dieci mi imbatto, come per magia, nello stesso conducente. «Dove vuole andare?». «Mi porti in un night». No, davvero non me lo sarei mai sognato. In una terra in cui le donne non possono mostrare altro che due occhi, dieci dita e un enorme sacco nero, neppure il tuo tassista «personale» può accompagnarti in un posto del genere. Benvenuti in Arabia Saudita. Un ebreo, un tassista, niente donne. Ma in quanto ad aeroplani, signori miei, non c'è che da chiedere!
Traduzione di Enrico Del Sero

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