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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Liberazione - Il Manifesto Rassegna Stampa
24.01.2008 Israele alla Fiera del libro
decima puntata

Testata:La Stampa - Liberazione - Il Manifesto
Autore: Maurizio Tropeano - Stefania Podda - Valentino Parlato
Titolo: «Nasrallah guida il boicottaggio - Se la cultura è lo specchio della politica allora dobbiamo smettere di leggere - Un boicottaggio sbagliato»
Da La STAMPA (nella sezione della cronaca di Torino )del 24 gennaio 2008:

Ibrahim Nasrallah è il primo scrittore arabo a boicottare la prossima edizione della Fiera del Libro che ha scelto Israele come ospite d’onore in occasione del 60° anniversario della sua nascita. La decisione dell’autore di «Dentro la Notte. Diario palestinese» è solo la punta di un iceberg di una protesta che sta montando nel mondo arabo. Un malessere che ha trovato spazio anche su Al Jazeera e che ha portato molti giornali giordani a fare propria la proposta di boicottaggio della Fiera lanciata dall’associazione degli scrttori giordani. E da Amman l’idea è stata ripresa anche da altri quotidiani dell’Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait fino ad un sito on line vicino ai guerriglieri iracheni. «In rete abbiamo contato migliaia e migliaia di articoli o interventi che si occupano della questione», racconta Sami Hallac, del comitato torinese di solidarietà con il popolo palestinese.
Hallac, accompagnato dal consigliere regionale del Pdci, Vincenzo Chieppa, e da rappresentanti dell’associazione Ebrei contro l’occupazione si era incontrato nei giorni scorsi con i vertici della Fiera del Libro, il presidente Rolando Picchioni e il direttore, Ernesto Ferrero, per cercare di trovare una soluzione di compromesso. La richiesta era di ottenere pari dignità e dunque di affiancare anche la cultura della Palestina in qualità di ospite d’onore.
Richiesta respinta. La Fiera avrà come ospite d’onore Israele e così Nasrallah ha reso pubblico il suo rifiuto di venire a Torino. Ferrero spiega: «Siamo coscienti di quello che sta succedendo a Gaza e del fatto che per chi vive lì parlare di dialogo è difficile. Noi vogliamo evitare questo muro contro muro». E rispondendo a Nasrallah aggiunge: «Nessuno sta e può stare con gli assassini. La Fiera non sarà l’occasione che consentirà ad Israele di glorificare se stessa. Non ci saranno membri del governo ma uomini di buona volontà che partendo da un anniversario, sia pure doloroso, sono chiamati a riflettere di quello che è stato e di cosa si può fare oggi». E ancora: «Crediamo che i (buoni) libri siano lo strumento più utile che abbiamo per costruire una società più giusta».

L'intervento di Stefania Podda pubblicato da LIBERAZIONE il 12 gennaio 2008:

I fatti: la prossima Fiera del Libro, che si svolgerà a maggio a
Torino, è dedicata ad Israele. In quel mese, Israele celebrerà i
sessant'anni dalla nascita del suo Stato, ma in quegli stessi giorni i
palestinesi ricorderanno la nakba, la tragedia di un intero popolo. E'
dunque partita una campagna di boicottaggio e a Liberazione è stato
chiesto di aderire ad un'iniziativa contrapposta (la lettera del
Direttore di La Rinascita la potete leggere a pagina 14) che abbia al
suo centro quanto - secondo i promotori - a Torino verrà invece
passato sotto silenzio: ossia la durissima politica di occupazione, le
terribili condizioni di vita nei Territori, l'embargo che sta
strangolando Gaza e le discriminazioni subìte dagli arabo-israeliani.
Realtà di cui questo questo giornale si occupa, e che questo giornale
denuncia e continuerà sempre a denunciare.
Il punto è però un altro, e per nulla sovrapponibile a tutte le buone
ragioni di cui si è parlato. Il punto è questo: il boicottaggio
culturale è un'arma politica? No, non lo è. E' una risposta sbagliata
e pericolosa, che porta all'isolamento e alla radicalizzazione delle
posizioni, che porta a chiusure identitarie vanificando quelle
aperture e quelle libertà di cui la cultura è portatrice. E che non
giova a nessuna causa. Nemmeno a quella palestinese.
Boicottare la Fiera del Libro è la giusta risposta alla politica di
Israele? Secondo noi, no. Come non lo è la proposta di tagliare i
contatti con le università israeliane, di escluderne i professori da
ogni collaborazione con gli atenei europei, di cancellarli dai
progetti di ricerca, dalle conferenze. Se ne parla spesso, se ne è
parlato di nuovo nei mesi scorsi con la mozione votata in Gran
Bretagna dall'Ucu, il principale sindacato di docenti e lettori.
Iniziative diverse, con uno stesso comune denominatore. Non è
difficile infatti cogliere la pericolosità dell'equazione che vuole
che gli intellettuali siano responsabili della pessima politica del
proprio paese, dell'idea di soffocare la loro voce in nome di un
presunto peccato originale, ascrivibile di diritto alla loro
nazionalità. La letteratura, se è buona letteratura, è lo specchio
della società che la produce, ma è uno specchio infranto. Non rimanda
un'immagine intera, ma frammenti che si ricompongono a rifletterne le
contraddizioni, le diverse pulsioni e anime. La letteratura israeliana
non fa eccezione. Grossman, Yehoshua, Oz, e il più giovane Keret: sono
i nomi che saranno a Torino. Con sfumature diverse, sono la coscienza
critica d'Israele. L'orazione di David Grossman al funerale del figlio
Uri, morto in Libano, è uno dei più bei testi sull'assurdità della
guerra e sulla sconfitta di una società che ha perso i suoi ideali.
Davvero non è interessante e non è giusto ascoltare la sua voce?
Confrontarsi con loro nei dibattiti che ci saranno? E quale potrebbe
essere la logica prosecuzione di questa scelta?Boicottare i libri? E
perché - in base alla stessa logica di primazia della politica - non
fare a meno della cultura americana?
Infine, un'ultima considerazione: chiamare al boicottaggio culturale
di Israele, sovrapponendo piani diversi, rischia di alimentare
l'antisemitismo. E stavolta - basta fare un giro su molti siti - il
giusto diritto di critica alla politica israeliana non c'entra nulla.
Bisognerebbe tenerne conto.

L'intervento di Valentino Parlato sul MANIFESTO del 24 gennaio (Parlato si schiera contro il boicottaggio, ribadendo i pregiudizi del suo quotidiano su Israele, fino a scrivere dei "palestinesi, che in questi territori sembrano diventati i nuovi ebrei".

Ecco il testo:


La Fiera internazionale del libro di Torino avrà il suo svolgimento dall'8 al 12 maggio, ma già sta scatenando discussioni e polemiche, che hanno investito anche il nostro, tenace e tollerante, collettivo. La fiera si apre nel 60° anniversario della fondazione dello stato di Israele e quindi, inevitabilmente, si riapre la questione palestinese. Dopo la seconda guerra mondiale e il massacro degli ebrei, riconoscere agli ebrei il diritto ad avere un territorio e uno stato era obbligatorio. Anche Stalin fu a favore della costruzione dello stato di Israele, contraria - e non è affatto secondario - fu l'Inghilterra la quale - è una mia memoria personale - per sostenere che il mondo arabo non avrebbe accettato uno stato ebraico favorì grandi manifestazioni di opposizione, e a Tripoli (dove allora abitavo) un sanguinoso pogrom antiebraico nella complice indifferenza delle autorità militari britanniche.
La polemica che si è aperta oggi, è sul boicottaggio di questa Fiera del Libro, che dà a Israele un posto d'onore con il rischio di una legittimazione letteraria della sua politica. Dico subito che non ho nessuna posizione di principio contro il boicottaggio, contro i bianchi razzisti sudafricani era più che giusto. C'è boicottaggio e boicottaggio e, quindi, sono del tutto contrario al boicottaggio di questa fiera del libro (il libro va sempre rispettato) e contro lo stato di Israele. Gli israeliani - che sono sempre ebrei - per quanti torti abbiano nei confronti del popolo palestinese non sono in alcun modo paragonabili ai razzisti sudafricani e poi - un poi che non possiamo dimenticare e sul quale noi europei e quelli di noi che si dichiarano cristiani e cattolici - c'è la storica persecuzione del popolo ebraico, ci sono i ghetti e i campi di sterminio. E qui mi torna buono ricordare quel che mi disse in un'intervista al manifesto il Rabbino capo di Roma. Nel ghetto di Varsavia l'ultimo canto che gli ebrei intonarono fu l'Internazionale. Poi furono massacrati dai tedeschi.
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Quindi profittiamo di questa Fiera internazionale del libro di Torino per discutere, per criticare la politica dello stato di Israele, per difendere i diritti dei palestinesi, che in questi territori sembrano diventati i nuovi ebrei. Discutiamo, scontriamoci, ma mandiamo al diavolo il boicottaggio. Non solo perché gli israeliani sono ebrei e non afrikaner, ma anche perché il boicottaggio è muto. È un no senza argomenti. A Torino ci saranno scrittori ebrei di grande levatura e con loro dobbiamo discutere, ragionare, polemizzare, difendere i diritti del popolo palestinese. Mi rendo conto delle paure ancestrali della gente di Israele. Mi rendo conto della loro paura - me lo disse un bravo ambasciatore di Israele a Roma - di essere i nuovi crociati. Credo di capire, ma Israele deve essere più ebrea con i palestinesi. Li deve sentire parenti stretti. Ma proprio per tutto questo il boicottaggio serve solo a fare il danno dei palestinesi e degli israeliani.

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