Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Ancora disinformazione sui siti delle agenzie stampa sul blackout a Gaza
Testata:Ansa - Adnkronos Autore: la redazione Titolo: «A Gaza su orlo del baratro, Israele allenta il blocco - M.O., Anp: ''Valutiamo stop a negoziati con Israele''»
Il sito di ANSA riporta la propaganda sulla "crisi umanitaria" a Gaza:
Al quarto giorno di blocco, Israele cede alle pressioni internazionali e allenta l'embargo imposto alla Striscia di Gaza. Il ministro della Difesa Ehud Barak, che nella notte di giovedì scorso aveva ordinato la chiusura di tutti i valichi come forma di rappresaglia contro i continui lanci di razzi Qassam da parte delle milizie palestinesi, ha autorizzato a partire da domani la consegna di gasolio per la termocentrale e di medicinali per gli ospedali. Nessun altro tipo di carburante potrà invece entrare, né altri tipi di merce, in perfetta coincidenza con quanto preannunciato dal primo ministro Ehud Olmert: "Noi non vogliamo consentire una situazione in cui la gente di Sderot vive giorno e notte con la paura per i Qassam mentre a Gaza vivono un'esistenza normale - ha dichiarato oggi il premier parlando ad una riunione del suo partito Kadima - non vogliamo provocare una crisi umanitaria, ma non abbiamo neppure intenzione di rendere facile e piacevole la loro vita. Quindi per quanto mi riguarda - ha concluso - che tutta la popolazione di Gaza vada a piedi".
L'esempio scelto dal premier, coglie solo una parte dei disagi che il durissimo embargo sta imponendo al milione e mezzo di palestinesi che vivono nella Striscia. Da ieri sera proprio a causa della mancanza di carburante, l'unica termocentrale esistente è stata spenta, lasciando al buio intere città.
L'impianto (che grazie al ripristino dei rifornimenti entro domani sera dovrebbe tornare a funzionare), produce circa il 35 per cento dell'elettricità consumata nella Striscia. Un altro 50 per cento giunge attraverso gli elettrodotti israeliani, e infine un 15 per cento viene fornito dall'Egitto. I blackout iniziati ieri sera sono perciò avvenuti "a macchia di leopardo", in attesa che l'ente elettrico palestinese riuscisse nella difficile opera di distribuzione dell'energia disponibile. Il paradosso è che mentre nella popolosissima città di Gaza, ad esempio, la luce manca da due giorni, nel nord della Striscia proprio dove risiedono i gruppi armati che Israele intendeva penalizzare, la luce invece non è mai mancata, poiché si tratta di una zona collegata direttamente ai cavi israeliani. Da ieri gli ospedali funzionano grazie ai generatori elettrici, le cui riserve di carburante si stanno tuttavia esaurendo: non è chiaro se almeno una parte del gasolio che entrerà domani potrà essere destinato al rifornimento degli impianti elettrici di emergenza. Cosi come non è chiaro se dell'allentamento dell'embargo beneficerà anche l'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite che ha preannunciato a partire da giovedì l'interruzione della distribuzione di aiuti alimentari a 860.000 palestinesi per l'esaurimento, oltre che di carburante, anche dei sacchi di plastica necessari a custodire la farina. La mancanza di carburante e di energia elettrica sta rischiando di provocare il collasso pure nel sistema di acquedotto, che si basa su impianti di pompaggio elettrici: secondo l'Oxfam, un consorzio internazionale che riunisce numerose organizzazioni non governative, già da oggi 600.000 palestinesi della Striscia non sono riusciti a ricevere l'acqua corrente nelle proprie case. Secondo l'organizzazione "se non verranno ripristinati i rifornimenti, da giovedì nella Striscia di Gaza non ci sarà più acqua potabile". Dalla ripresa dell'attività della termocentrale si spera che possano infine beneficiare i forni, davanti ai quali oggi la popolazione ha dovuto attendere in fila per ore per riuscire ad acquistare il pane.
L'allentamento del blocco sembra comunque destinato a ripristinare unicamente i servizi vitali per la popolazione di Gaza. Il ritorno alla normalità (ammesso che ve ne fosse una prima di questo embargo) continua invece ad essere legato alla fine dei lanci di razzi Qassam. Hamas da ieri non ha rivendicato nessun nuovo attacco, mentre i paesi arabi (e questa sera anche la Russia) premono sulla sua leadership per convincerla ad astenersi da questa strategia che finora non ha prodotto altro che isolamento e morte. In attesa di decidere, i vertici del movimento integralista islamico (che oggi hanno ribadito la volontà di continuare nella guerra santa contro Israele senza tuttavia fare riferimento ai Qassam) si sono trasferiti a vivere nei rifugi della Striscia, convinti che nel mirino dei raid israeliani adesso ci stiano per finire loro.
ADNKRONOS fa altrettanto:
Gerusalemme, 21 gen. (Adnkronos/Ign) - L'Autorità nazionale palestinese sta considerando la possibilità di sospendere i colloqui con Israele alla luce dell'escalation militare nella Striscia di Gaza e dell'allargamento degli insediamenti a Gerusalemme est e nelle vicinanze. Lo ha detto in un incontro con i giornalisti nella città santa Rafik Hussein, capo dell'ufficio del presidente palestinese Mahmoud Abbas, secondo cui il team negoziale "sta studiando come rispondere alle violazioni israeliane in corso a Gaza e a Gerusalemme".
E' Israele, con le sue azioni, a porre i palestinesi nella condizione di dover sospendere i negoziati, ha accusato Husseini: lo Stato ebraico "sta costruendo trappole per noi e vogliono che ci finiamo dentro". Tra queste, la sospensione delle forniture di carburante a Gaza, definita "una punizione collettiva", che la scorsa notte ha lasciato la città al buio. Secondo Hamas a causa del black out in ospedale sono morti cinque pazienti.
L'impianto che fornisce energia alla zona è, infatti, fermo da domenica notte per mancanza di carburante, dopo la decisione di Israele di chiudere tutti i posti di frontiera verso Gaza che ha impedito i rifornimenti.
Abbas oggi ha chiesto la fine del blocco della Striscia di Gaza, che dura da quattro giorni, mentre dalla Lega Araba è arrivata la richiesta della convocazione di una riunione d'emergenza del Consiglio di Sicurezza dell'Onu per ottenerne l'immediata revoca.
Sull'interruzione della fornitura di carburante si è espressa in modo fortemente critico la Commissione Ue. "Condanno - scrive in un comunicato il commissario europeo alle Relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner - il lancio di missili nel territorio israeliano e comprendo pienamente la necessità di Israele di difendere i propri cittadini". Tuttavia, prosegue, "la recente decisione di chiudere tutti i posti di frontiera verso Gaza nonché di bloccare tutte le forniture di carburante non farà che esacerbare la già drammatica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, rischiando di provocare ulteriori escalation in una situazione già difficile sul terreno".
Una ferma condanna del blocco è arrivata anche dalla Francia, tramite la portavoce del ministero degli Esteri francese, Pascale Andreani, e anche il titolare della Farnesina, Massimo D'Alema, ha rimarcato che la politica di Gerusalemme contro la Striscia è una "reazione che non può essere compresa da parte dell'opinione pubblica internazionale", sottolineando allo stesso tempo come sia incomprensibile "la punizione collettiva di un'intera popolazione, attraverso il taglio di servizi essenziali, tramite misure che mettono in discussione persino il funzionamento degli ospedali".
"Da Annapolis (la Conferenza di pace per il Medio Oriente che si è tenuta nel Maryland il 27 novembre scorso, ndr.) a oggi i morti palestinesi sono oltre 170", ha aggiunto D'Alema, ricordando come tra le vittime vi siano "molti civili", anche se "la stampa israeliana dice che la maggior parte sono militanti". "E' una situazione veramente pesante - ha proseguito il ministro degli Esteri - Bisogna chiedere a tutti coerenza con lo spirito di Annapolis".
Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha assicurato che Israele non permetterà che a Gaza scoppi ''una crisi umanitaria'', ma ha difeso l'imposizione del blocco. ''Forniremo alla popolazione tutto quanto necessario per evitare una crisi, ma non beni di lusso che rendano la vita più confortevole" ha dichiarato il premier israeliano. Gli abitanti della Striscia, comunque, per Olmert "possono camminare" se non hanno benzina per le auto. E la benzina non ce l'hanno, dice, ''perché hanno un regime terrorista e assassino che non permette agli abitanti del sud d'Israele di vivere in pace".
Lo sblocco della fornitura dei carburanti a Gaza avverrà domattina, secondo quanto riferito da un funzionario dell'esercito israeliano. Fonti del dicastero della Difesa - dove il ministro Ehud Barak ha avuto nel pomeriggio una riunione con alcuni funzionari del governo - hanno precisato che da domani mattina riprenderanno i rifornimenti di gasolio per i generatori di corrente e del gas utilizzato per cucinare, mentre resteranno in vigore le restrizioni per la benzina per auto.
Il blocco è stato rafforzato in seguito all'intensificarsi del lancio di missili Qassam contro Israele, con 165 razzi e 75 colpi di mortaio sparati da martedì scorso. I missili sono diminuiti da ieri, quando ne sono stati sparati solo cinque .
In realtà, secondo Israele il blackout è iniziato mentre Israele continuava a fornire il 75% del fabbisogno elettrico di Gaza, mentre un altro 5% era fornito dall’Egitto. Vi è dunque il fondato sospetto che sia stato alimentato ad arte da Hamas, per scopi propagandistici.
Indipendentemente da questa ipotesi, l'informazione dovrebbe ricordare l'incessante bombardamento di razzi kassam contro la popolazione civile di Sderot.
Nei lanci di agenzia, invece, a fronte di dettagliate descrizione delle difficoltà dei palestinesi, la condizione degli israeliani minacciati dal terrore è ridotta a un freddo dato statistico.
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