Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Da dove inizia la disinformazione dai siti delle due agenzia stampa
Testata:Ansa - Agi Autore: Carlo Bollino e Safwat al-Kahlout - la redazione Titolo: «Chiusura centrale Gaza, si rischia blackout totale - MILIZIANO JIHAD UCCISO DAGLI ISRAELIANI IN CISGIORDANIA»
Un lancio dal sito di ANSA del 20 gennaio 2008, che riporta dettagliatamente le tesi di Hamas sul rischio di blackout a Gaza, ma dedica poche righe alla smentita israeliana. Le forniture elettriche israeliane ed egiziane, secondo Gerusalemme, basteranno ad evitare il blackout (come riporta Francesca Paci su La STAMPA del 21 gennaio).
Ecco il testo:
Chiusura centrale Gaza, si rischia blackout totale
di Carlo Bollino e Safwat al-Kahlout
GERUSALEMME/GAZA - Convinto che l'isolamento totale imposto alla Striscia si stia rivelando efficace nel fermare i lanci di razzi Qassam, il governo israeliano non cede alla pressioni dell'Onu e insiste a mantenere Gaza chiusa in un assedio impenetrabile. Il blocco totale dei valichi in vigore da giovedì notte certamente impensierisce la leadership politica di Hamas, ma prima ancora dei miliziani sta mettendo in ginocchio la popolazione. La centrale termoelettrica della Striscia, che fornisce il 35 per cento del fabbisogno di energia, dopo essere stata spenta questa mattina per metà a causa della mancanza di carburante, alle 20:00 in punto (ora locale, le 19:00 in Italia) è stata disattivata del tutto. Gran parte della Striscia è piombata nel buio: centinaia di palestinesi si sono riversati per le strade di Gaza sfilando per protesta alla luce delle candele. L'erogazione prosegue invece dall'Egitto che fornisce il 15 per cento di elettricità ma che in pratica serve solo al distretto meridionale di Rafah, mentre le forniture di energia elettrica che giungono da Israele (che da sole coprono il 50 per cento del fabbisogno) da mesi sono già ridotte per un guasto agli elettrodotti. La Striscia di Gaza, dove vivono un milione e mezzo di palestinesi in gran parte dipendenti dagli aiuti umanitari, sta così lentamente sprofondando nel blackout totale. "Al momento siamo in grado di fornire elettricità nelle case per non più di sette ore al giorno" dice Rafiq Maliha, responsabile della centrale. Fonti israeliane sostengono invece che gli effetti non sono così disastrosi come i leader palestinesi vogliono far credere.
Le autorità di Hamas si sono riunite oggi pomeriggio d'urgenza per fissare una scala di priorità nella distribuzione dell'energia disponibile: al primo posto, naturalmente, ci sono gli ospedali, seguiti dagli impianti di pompaggio dell'acqua potabile e da quelli di gestione delle acque reflue. Rimane il problema di come garantire elettricità ai forni per continuare la produzione del pane, almeno fino a quando nei magazzini continuerà ad esserci farina. Con una temperatura che la notte scende fino a 5 gradi, i palestinesi di Gaza devono rinunciare non solo alla luce ma anche al riscaldamento. Le scorte di gas, compreso quello da cucina, sono finite da ieri e chi può ha iniziato a cucinare con la legna: pur sapendo che la legna a Gaza la fornisce Israele, e che pure queste riserve sono quindi destinate ad esaurirsi. Mentre i generatori elettrici, a secco di carburante, sono ormai soltanto inutili ingombri. "Persino un grande Paese con un embargo di queste proporzioni finirebbe al collasso" riconosce un dirigente di Hamas che parla a condizione dell'anonimato. Figuriamoci Gaza, che non produce nulla e che non controllando alcuna frontiera, dipende per qualunque merce o servizio da quello che Israele accetta di far entrare. E' proprio facendo leva su questa debolezza strutturale, che alcuni Paesi arabi hanno iniziato a far pressione sulla dirigenza del movimento integralista per convincerla a sospendere i lanci di razzi Qassam contro Israele, come gesto di distensione che possa servire ad allentare la morsa dell'isolamento. Nella giornata di oggi il numero degli attacchi si è drasticamente ridotto, e quei pochi razzi sparati sono stati rivendicati dalla Jihad Islamica e non dalle milizie di Hamas.
"Se i lanci finiranno, finirà anche la chiusura dei valichi" fanno sapere gli israeliani. Il ministro della Difesa Ehud Barak intervenuto oggi alla riunione del governo, ha confermato l'efficacia della strategia adottata, insistendo sulla necessità di proseguire su questa strada. Ignorando quindi le esortazioni giunte dal segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon e da altre agenzie dell'Onu. Per il ministro della sicurezza pubblica Avi Ditcher si tratta invece di "una politica spuntata", e perciò addirittura troppo debole: "Bisogna bloccare i lanci di razzi contro la popolazione di Sderot - ha detto, polemizzando duramente con Barak - non basta ridurre gli attacchi, bisogna fermarli. E questo va fatto - ha avvertito Ditcher - qualunque sia il costo per i palestinesi".
Disinforma anche AGI con questo lancio che filtra la cronaca dei fatti con un linguaggio ideologicamente orientato: gli israeliani che si difendono dal terrrorismo sono "occupanti", l'"intifada" delle stragi suicide è una "rivolta", un migliaio di morti israeliano sono un insignificante "resto", i terroristi uccisi dagli israeliani e quelli che si sono suicidati uccidendo civili "nemici" sono "vittime" al pari degli altri palestinesi.
Ecco il testo:
MILIZIANO JIHAD UCCISO DAGLI ISRAELIANI IN CISGIORDANIA
(AGI) - Tulkarem, 21 gen. - Un estremista palestinese e' morto in una sparatoria con soldati israeliani, durante un'incursione effettuata da questi ultimi in un villaggio nel settore nord della Cisgiordania: lo hanno riferito testimoni oculari, e la notizia e' poi stata ribadita anche da fonti ospedaliere e dalle forze di sicurezza dell'Autorita' Nazionale Palestinese, che hanno identificato la vittima come Mourad al-Basha, 23 anni, miliziano delle Brigate 'al-Quds' (Denominazione di Gerusalemme in lingua araba; ndr), il braccio armato della Jihad Islamica. Le truppe dello Stato ebraico hanno circondato l'abitazione dove si nascondeva Basha a Thinnabi, localita' situata alle porte di Tulkarem: e' quindi stata fatta intervenire una ruspa corazzata, che ha semi-raso al suolo l'edificio nell'intento di snidare l'assediato; costui ha allora aperto il fuoco contro gli occupanti, che hanno reagito uccidendolo. Uno dei proiettili ha raggiunto il comandante dell'unita' militare israeliana, ferendolo in modo lieve. Una portavoce dell'Esercito, nel confermare l'accaduto, ha precisato che l'operazione nel villaggio cisgiordano e' "tuttora in corso". E' cosi' salito ad almeno 6.090 il il computo complessivo di coloro che hanno perso la vita dalla fine del settembre 2000, quando dilago' la rivolta chiamata 'Intifada di 'al-Aqsa', tuttora in corso. Le vittime a stragrande maggioranza erano palestinesi, oltre i tre quinti; il resto cittadini israeliani, a parte una sessantina di stranieri.
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