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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa Rassegna Stampa
21.01.2008 Gaza e Libano: i due fronti di Israele
la cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 21 gennaio 2008
Pagina: 1
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Gaza senza corrente spropfonda nel buio»

Dal CORRIERE della SERA del 21 gennaio 2008.
Sostanzialment corretto, l'articolo ha una titolazione che separa la condizione (provvisoria) di Gaza dal contesto ch la ha determinata
("Gaza senza corrente
sprofonda nel buio")
Ecco il testo
:

GERUSALEMME «Adesso siamo tutti al buio», dice Mustafa al cellulare. La linea va e viene. Sono le 20 nel campo profughi di Jabalya: la notte cala pesante sulle strade e negli appartamenti illuminati dalle candele. Da mesi la principale centrale termoelettrica della Striscia di Gaza aveva cominciato a ridurre la produzione per centellinare il carburante razionato dall'embargo imposto da Israele. Ieri è rimasta completamente a secco, come le automobili inutilmente in coda ai distributori di benzina e le caldaie per il riscaldamento delle case. L'intelligence israeliana però minimizza il rischio blackout totale, spiega che, comunque, oltre 60 per cento del fabbisogno è garantito dalla compagnia elettrica di Israele e il 15 per cento da quella egiziana. La luce dovrebbe tornare insomma, almeno un po'.
La situazione è peggiorata negli ultimi giorni. Giovedì il ministro della Difesa Ehud Barak ha deciso la chiusura dei valichi di transito fra Israele e Gaza per rispondere alla brusca impennata di violenza: centinaia di razzi Qassam lanciati sul Negev, una quarantina tra miliziani di Hamas e civili palestinesi uccisi nei raid aerei, un volontario equadoregno colpito da un cecchino nel kibbutz dove lavorava. «Riapriteli immediatamente o ci rivolgeremo all’Onu. «Non appena diminuiranno i razzi allenteremo la pressione» ripete Barak, sordo alle proteste delle Nazioni Unite.
Gaza al buio è la metafora della notte piombata sulla Terra Santa dopo l'ebbrezza del vertice di Annapolis e la visita del presidente Bush. Da una parte il ristagno dei negoziati tra il premier israeliano Olmert e il palestinese Abu Mazen, un presidente dimezzato dal contropotere di Hamas. Dall'altra l'irriducibile frontiera libanese, dove è ricomparso il leader di Hezbollah Nasrallah sventolando teste e mani di soldati israeliani uccisi nella guerra del 2006. Una sfida inaccettabile per Israele. Anche se le sue affermazioni fossero fondate, dicono fonti governative, «non ci sarà alcuna trattativa per riaverle indietro». Diverso sarebbe se lo sceicco sciita fornisse informazioni su Ehud Goldwasser e Eldad Regev, i due militari rapiti da Hezbollah un anno e mezzo fa. Ma su quel fronte neppure una parola.
Sale la tensione e gli spazi di dialogo si riducono, nelle strade di Gerusalemme come alla Knesset terremotata dagli eventi. «Nasrallah deve morire, tanto prima e tanto meglio», dice il ministro per gli Affari religiosi Yitzhak Cohen, e propone un blitz per eliminarlo. Il ministro degli Interni Meir Shitrit sostiene il partito ultraortodosso Shas nella proposta estrema di un omicidio mirato a meno che, come insinua Barak, non si rivelasse controproducente: «Hezbollah potrebbe tirare fuori un leader ancora peggiore».
Hassan Nasrallah, l'ombra di Hamas sul processo di pace, i Qassam della Jihad Islamica: Israele si sente assediato. «Su Gaza ci faremo guidare dal cervello e non dalle emozioni» frena il capo di Stato maggiore, generale Gaby Ashkenazy. Un implicito stop anche all'ipotesi di colpire Nasrallah, che da un anno e mezzo deve guardarsi dai servizi segreti israeliani, da quelli Usa e dall'Fbi che mantiene una taglia di 5 milioni di dollari sul suo collaboratore Imad Mughnyeh.
«Hezbollah è alle corde e per quanto urli, quello del suo macabro leader è il canto del cigno», argomenta l'analista israeliano Roee Nahmias. Mostrare i muscoli senza arrivare allo scontro diretto oppure attaccare frontalmente e farla finita con i nemici? Da Gaza accerchiata il fischio dei razzi è un po' scemato ma la popolarità di Hamas sembra essere in rimonta.
Un gruppo di miliziani palestinesi si prepara ad assaltare il valico di Rafah, tra Gaza e il Sinai, per tentare di aprire un varco in territorio egiziano. E' chiaro però che l'unico sfondamento possibile è quello politico. Ieri l'Iran ha chiesto una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri dell'Organizzazione della conferenza islamica (Oci) per discutere «le atrocità disumane del regime sionista nella Striscia di Gaza», mentre il segretario generale della Lega araba, Amr Mussa, ha convocato per stamattina un vertice urgente dei ventidue Paesi membri. Israele non arretra e cerca una strada per uscire dal tunnel. Al buio.

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