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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Unità-Corriere della Sera-Il Giornale Rassegna Stampa
24.12.2007 Ma lo sanno cosa sono le colonie ?
ecco come funziona la mala informazione

Testata:L'Unità-Corriere della Sera-Il Giornale
Autore: Umberto De Giovannangeli-Giuliano gallo-Gian Micalessin
Titolo: «Nuove Case a Gerusalemme Est»

Oggi, 24/12/2007, i servizi da Israele sono puntati su un solo argomento, la " sfida delle colonie", vale a dire il fatto che il governo israeliano ha in programma nella finanziaria che verrà approvata a breve, la costruzione di nuove abitazioni a Maalè Adumim e Har Homà, la prima una città a pochi Km da Gerusalemme, la seconda un quartiere che fa parte della stessa municipalità. Abbiamo scelto tre articoli, dall' UNITA', dal CORRIERE della SERA e dal GIORNALE, ma avremmo potuto sceglierne a caso altri tre, tanto si assomigliano tutti. E dire che chi scive da Gerusalemme - o su Gerusalemme - dovrebbe conoscere quel che descrive. Definire Maalè Adumin un " insediamento " è persino ridicolo, basta esserci stati anche una sola volta, e Har Homà è un quartiere come un altro. Comprendiamo le motivazioni di , fanno il paio con quelle di quegli intellettuali che nel 1947 facevano enormi pressioni, in nome della pace, perchè l' ONU non arrivasse alla partizione della Palestina, volevano quelle anime belle uno stato unico, ebrei e arabi insieme, come se non fosse stata sufficiente l'esperienza bimillenaria della diaspora. Per fortuna non ebbero seguito, così come oggi non l'hanno i cosidetti . Ma la retorica , quella sì, stenta a morire. Israele non dovrebbe costruire case, in attesa che arrivi la pace, come si augurano persino i leader moderati. Fa impressione vedere come le cronache sui nostri giornali siano quasi  tutte allineate, non un corrispondente o un inviato che si sfili dal coro. E' vero, il commento del CORRIERE della SERA non è di Davide Frattini, il corrispondente, ma di un inviato, chissà se ha mai messo piede a Maalè Adumim o a Har Homà, ma in tutti gli articoli la solfa è quasi identica.

Ecco le cronache:

L'UNITA', articolo di Umberto De Giovannangeli, titolo " Israele rilancia la sfida delle colonie":

LA DENUNCIA dei pacifisti. La conferma del governo. La rabbia dei palestinesi. Il «dopo Annapolis» nasce nel segno delle polemiche. A farle esplodere è la
decisione presa dal governo israeliano di sbloccare nel bilancio 2008 finanziamenti per la costruzione di 750 alloggi in due colonie della Cisgiordania. A denunciarlo è il portavoce del movimento israeliano «Peace Now». «Abbaimo scoperto - afferma Yariv Oppenheimer - che la Finanziaria 2008 prevede 48 milioni di shekel per costruire 250 alloggi nella colonia di Maaleh Adumim e altri 50 milioni per la costruzione di 500 alloggi a Har Homa», un quartiere di colonizzazzione a Gerusalemme Est. Una conferma indiretta viene da Rafy Eitan, capo del ministero per i pensionati, che alla radio militare conferma che Israele non ha mai promesso che avrebbe fermato la costruzione di alloggi all’interno della municipalità di Gerusalemme e che quindi intende portare a termine questo progetto. «Har Homa è parte integrante, organica a Gerusalemme», ribadisce Eytan. «Non abbiamo mai fatto promesse che non avremo costruito ad Har Homa che si trova all’interno dei confini municipali di Gerusalemme. Ci potranno essere problemi per Maaleh Adumim, ma noi vogliamo proseguire l’estensione naturale nei grandi blocchi», aggiunge. La Finanziara 2008 deve essere approvata definitivamente questa settimana dalla Knesset. «Nel Parlamento e nel Paese c’è un vasto consenso perché sia Maaleh Adumim che Har Homa siano parte integrante del territorio sovrano di Israele», dice a l’Unità la ministra dell’Educazione, Yuli Tamir (laburista). Ma l’integrazione dei grandi blocchi di insediamenti allo Stato ebraico, puntualizza, dovrebbe avvenire nel quadro di un accordo globale con i palestinesi..
Resta il fatto che la volontà di Israele di costruire nuove unità abitative in aree contestate,, scatena la protesta della dirigenza palestinese. La decisione di costruire nuove unità abitative in alcuni insediamenti cisgiordani e a Gerusalemme Est mette a rischio i negoziati di pace, avverte il presidente dell’Anp, Mahmud Abbas (Abu Mazen). «I negoziati devono affrontare degli ostacoli: non comprendiamo il perché di queste attività negli insediamenti in un momento in cui stiamo discutendo di un accordo sullo status finale», rilmarca Abu Mazen nel corso di una riunione dei dirigenti del suo partito, al-Fatah. Sulla stessa linea, quella della denuncia, è la presa di posizione del negoziatore capo palestinese Ahmde Qrei (Abu Ala). Fintanto che Israele prosegue i progetti di espansione a Gerusalemme Est e in Cisgiordania, sottolinea Abu Ala, le recenti Conferenze di Annapolis e di Parigi «perdono senso». Sta alla Comunità internazionale, secondo Abu Ala, obbligare Israele a mettere fine a tali attività. L’appello di Abu Ala sembra rivolgersi soprattutto a Washington. Il proseguimento della colonizzazione israeliana aveva aveva determinato frizioni nelle scorse settimane con l’amministrazione Usa, e questo a poche settimane dall’attesissima visita di George W.Bush in Israele e nei Territori palestinesi. A placare la protesta palestinese ci prova Mark Regev, portavoce del premier israeliano Ehud Olmert: al momento assicura, non è stata presa alcuna decisione. Ma l’orientamento è chiaro: «Ogni giorno arriva un nuovo piano, un nuovo insediamento. Non è questo il modo per creare un clima di fiducia», annota con amarezza Saeb Erekat, consigliere politico di Abu Mazen. Oggi a Gerusalemme, le delegazioni israeliana e palestinese torneranno a riunirsi. Quei 750 alloggi domineranno la scena.

IL CORRIERE della SERA, articolo di Giuliano Gallo, titolo " Israele non ferma le colonie, nuove case a Gerusalemme Est":

DAL NOSTRO INVIATO
GERUSALEMME — Annapolis, con il suo carico di speranze, sembra già lontana. Costruiremo nuove case a Gerusalemme est, annuncia il governo israeliano nel presentare la manovra finanziaria per il 2008. Ad Har Homa, nella parte araba annessa da Israele dopo la guerra del '67, verranno costruiti 500 appartamenti, e altri 240 nell'insediamento di Maaleh Adumin, alle porte della città, dove alla fine dovranno vivere 30 mila israeliani, a prescindere dai risultati finali degli accordi con i palestinesi. E subito il presidente palestinese Abu Mazen risponde che questo significa di fatto creare nuovi ostacoli al negoziato: «Non capisco queste attività per nuovi insediamenti mentre stiamo discutendo degli assetti finali ». Altrettanto a muso duro il ministro per gli Affari di Gerusalemme, Rafi Eitan, risponde che «non abbiamo mai promesso che non continueremo a costruire ad Har Homa, che è parte integrante di Gerusalemme».
La decisione del governo israeliano, che ha provocato anche una presa di posizione critica del governo Usa, non è piaciuta ovviamente nemmeno al capo negoziatore palestinese, Ahmed Qureia (Abu Ala), secondo il quale Israele «deve fermare tutte le costruzioni di nuovi insediamenti prima che il negoziato arrivi alla stretta finale ».
Ancora meno spiragli si riescono ad intravedere sull'altro fronte, quello di Gaza. L'ipotesi avanzata da Hamas di una tregua senza condizioni è stata respinta con decisione dal primo ministro israeliano Ehud Olmert: «Israele non ha nessuna intenzione a negoziare con elementi che non riconoscono le condizioni del Quartetto — ha scandito all'inizio della rituale riunione di gabinetto del sabato —: ossia il riconoscimento di Israele, il ripudio della violenza e l'impegno vincolante degli accordi sottoscritti dall'Autorità nazionale palestinese». Ancora più duro ed esplicito il vice premier Haim Ramon, che in un'intervista radiofonica ha ribadito che l'obbiettivo di Israele «è la caduta del regime di Hamas a Gaza». Detto questo, per cominciare anche solo a parlare di tregua, «occorre che cessino immediatamente tutte le attività terroristiche», ovvero la pioggia di razzi Qassam che continua a cadere di Sderot e sui villaggi che sorgono ai margini della Striscia di Gaza.
Un'emergenza che continua, e che sta esasperando sempre più la popolazione: case distrutte, bambini traumatizzati, una crisi economica che ha messo in ginocchio tutta la zona. Un'emergenza che il governo si prepara ad affrontare anche con un sistema di difesa attivo, oltre che con le rappresaglie dopo ogni lancio: oggi l'unico debole schermo di protezione è costituito dai palloni aerostatici dotati di telecamere, che però garantiscono un preallarme di appena 15 secondi. Sabato il consiglio dei ministri ha approvato il progetto per la costruzione di un sistema di missili in grado di intercettare i Qassam e i colpi di mortaio. Il progetto, che costerà 811 milioni di shekel (144 milioni di Euro), sarà però in grado di funzionare non prima di due anni e mezzo.

IL GIORNALE, articolo di Gian Micalessin, titolo " La sfida di Israele ai palestinesi: nuove case a Gerusalemme Est":

«Prodi aiutaci tu». Hamas non dimentica e spera, anche stavolta, nella mano tesa del nostro governo. Mentre il premier israeliano Ehud Olmert ribadisce il no a qualsiasi negoziato e a qualsiasi ipotesi di tregua con l'organizzazione integralista l'ex primo ministro fondamentalista Ismail Haniyeh si rivolge al nostro presidente del Consiglio chiedendo un gesto di disponibilità simile a quello della scorsa estate quando Prodi fece capire di non escludere un dialogo con Hamas.
«Abbiamo bisogno degli aiuti del governo italiano e di quello del primo ministro Romano Prodi - ha detto ieri Haniyeh - per aiutare i palestinesi a recuperare i loro diritti, gli europei in generale e gli italiani devono esercitare pressione sugli israeliani».
Ma in questo momento il governo israeliano non sembra disposto a concessioni. Olmert dopo le aperture di Annapolis e dopo i nuovi lanci di missili Kassam ha bisogno di mostrarsi risoluto per non regalare consensi all'opposizione di destra. Dunque mette a tacere i ministri che ipotizzano una tregua con Hamas e rilancia i progetti per l'espansione di quella Grande Gerusalemme avviata quando lo stesso Olmert era sindaco della Città santa. La ripresa dei finanziamenti governativi per la costruzione di nuovi insediamenti nell'area di Gerusalemme rischia però di bloccare i negoziati con il presidente palestinese Abu Mazen e con il governo del premier Fayad Salam.
I progetti del governo sono stati denunciati dall'organizzazione pacifista israeliana Peace Now (Pace adesso) dopo l'individuazione nella Finanziaria - in approvazione alla Knesset - di nuovi stanziamenti destinati agli insediamenti intorno a Gerusalemme. «Abbiamo scoperto - spiega Yariv Oppenheimer responsabile di Peace Now - che la Finanziaria 2008 stanzia 48 milioni di shekel (circa 8milioni di euro, ndr) per la costruzione di 250 alloggi nella colonia di Maale Adumim e altri 50 milioni per la costruzione di 500 alloggi a Har Homa».
Rafi Eytan, capo del ministero per i Pensionati, ha confermato che Israele non ha mai promesso il congelamento degli insediamenti all'interno della municipalità di Gerusalemme e intende quindi completarne il progetto. «Secondo il presidente palestinese Abu Mazen e i responsabili della delegazione dell'Autorità nazionale palestinese, protagonista dei nuovi colloqui con il governo israeliano, la ripresa delle costruzioni intorno a Gerusalemme rischia di bloccare le trattative avviate dopo Annapolis.«Non comprendiamo il perché di queste attività proprio mentre cerchiamo raggiungere un accordo sullo status finale», ha detto ieri il presidente palestinese. Abu Ala, capo della delegazione negoziale palestinese, ha annunciato che il problema verrà affrontato quest'oggi alla ripresa dei colloqui con la controparte israeliana. Yasser Abed Rabbo, un altro negoziatore, chiederà al ministro israeliano degli Esteri, la signora Tzipi Livni, «il totale congelamento delle attività di insediamento sulle terre palestinese, in Cisgiordania e a Gerusalemme».
Olmert ha intanto confermato il no del suo esecutivo a qualsiasi ipotesi di negoziato o tregua con i fondamentalisti di Hamas. «Lo Stato d'Israele non ha alcun interesse a negoziare con entità che non riconoscono le richieste del Quartetto», ha spiegato il premier ricordando i tre punti fissati da Stati Uniti, Unione europea, Onu e Russia: rinuncia alla violenza, riconoscimento d'Israele e dei precedenti accordi firmati dall'Autorità palestinese. «Chiunque accetti i punti del Quartetto è, in principio, un partner per i negoziati. Chi non vuole adeguarsi non può, con nostro rincrescimento, essere un partner di dialogo per noi. Questa politica non cambierà», ha ribadito Olmert.
Proprio ieri il gabinetto di sicurezza ha sbloccato i fondi per l'entrata in funzione del sistema Cupola di ferro destinato ad intercettare e distruggere i missili Kassam che bersagliano le cittadine e i kibbutz israeliani intorno alla Striscia di Gaza. Il complesso sistema anti-missile costerà circa 135 milioni di euro e sarà operativo entro due anni e mezzo.

Invitiamo i nostri lettori a scrivere ai giornali ( cliccare sulle  e-mail sottostanti) per protestare contro la disinformazione contenuta negli articoli riportati.


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