Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Israele senza Sharon, in cerca di leadership un articolo di Alberto Stabile
Testata: La Repubblica Data: 19 dicembre 2007 Pagina: 35 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Due anni senza Sharon Israele cerca ancora una guida»
Da La REPUBBLICA del 19 dicembre 2007:
In questa stagione, bizzarrie del deserto, il Negev fiorisce. Chiazze rosse di papaveri s´espandono sul prato all´inglese dei Sicomori, la fattoria che Ariel Sharon considerava la sua vera casa e l´orizzonte della sua esistenza. Adesso, nelle due ville bianche dai tetti a spiovente che spiccano nel verde della coltivazione, non lontano da Sderot, la cittadina-bersaglio dei kassam palestinesi, ci vivono i figli Omrì, il «politico», e Gilad, l´»uomo d´affari»: il primo scapolo, ancorché due volte padre da due donne diverse, il secondo sposato con Inbal, ceramista famosa, da cui ha avuto tre bambini. Da quando nella notte tra il 4 e il 5 gennaio del 2006, il padrone di casa è sprofondato nel coma provocato da un ictus devastante, il luogo ha perso la sua forza evocativa, non certo la sua spigolosa bellezza. I Sicomori, Shimkim, in ebraico, è stata per anni la sede parallela e non sempre trasparente del potere esercitato da Sharon. Qui si riuniva il cosiddetto «forum della fattoria», una cerchia ristretta di amici e consiglieri che s´incontravano ad ogni fine di settimana per elaborare strategie e prendere decisioni. Non senza prima un´abbondante libagione a base di insalatine arabe (mezzeh), carni arrosto fra cui non doveva mai mancare l´agnello, dolci preparati in casa dalle signore. Il forum della fattoria era, se così si può dire, il corrispettivo di destra della cucina di Golda Meir, dove il primo (ed unico) premier-donna della storia d´Israele riuniva i suoi nei momenti cruciali prima di convocare il Consiglio dei ministri. Ma oggi, nell´acceso tramonto invernale, non sono più le auto di servizio scortate dalla polizia a varcare i cancelli azionati elettronicamente da un guardiano, ma i camion con le sementi e il foraggio per il bestiame. Perché Sharon, il bulldozer, a furia di tentativi, è riuscito laddove erano fallite almeno tre generazioni di precedenti proprietari. Dai primi coloni ebrei che nel 1911 acquistarono quei terreni per cominciare una nuova vita, agli ultimi allevatori d´origine australiana decisi ad impiantarvi un allevamento di pecore merino. Da questi ultimi Sharon, nel 1972, appena dimessosi dall´esercito per non essere diventato capo di Stato maggiore, rilevò la tenuta e con l´aiuto della seconda moglie, Lili, e di un gruppo di fedelissimi dipendenti riuscì a trasformarla in un´azienda agricola modello, compreso un allevamento dai molti record di ovini e bovini razza Simmenthal. Di quel tempo di sfide memorabili in cui Sharon riuscì a rendersi indispensabile alla patria come un novello Cincinnato (nel ‘73, in occasione della Guerra dello Yom Kippur, il generale sarebbe tornato alla grande salvando il paese con la famosa manovra d´attraversamento del Canale di Suez che colse di sorpresa gli egiziani) non c´è traccia all´esterno dei Sicomori. Non è ancora venuto il tempo delle lapidi e dei bilanci. Non qui, almeno, nel cuore della sua famiglia. Anche se tutto è pronto, da sempre, sulla piccola altura all´interno della fattoria dove, dentro a un piccolo rettangolo di terra disegnato con le pietre, sotto a un masso più grande con sopra inciso il nome e le date, riposa Lili. Una panchina di legno ad evocare il senso della pacata attesa. Se per la maggioranza degli israeliani Sharon è soltanto un «morto che respira», ormai relegato in un angolo della memoria per Omrì, Gilad, Inban, i nipoti e una schiera di irremovibili amici ed ex collaboratori, l´ex primo ministro è ancora una presenza viva, soltanto momentaneamente assente. Anche se quasi tutti gli specialisti concordano nel dire che ogni giorno che passa le possibilità di un risveglio dal coma in una persona così anziana (73 anni) tendono sempre più a zero, e definiscono le condizioni di Sharon simili a quelli di una pianta (stato vegetativo) il gruppo dei fedelissimi non ha abbandonato la speranza. Non a caso, l´ultima volta che la famiglia ha parlato è stato lo scorso 13 Aprile, con un comunicato in cui Omrì dava conto di un «leggero miglioramento» nelle condizioni del padre, aggiungendo che rispondeva «marginalmente» agli stimoli. Questa lotta tra la fede in una guarigione impossibile e l´ineluttabilità della morte si svolge nel più grande e moderno ospedale israeliano, il centro medico Chaim Sheba di Tel Hashomer, presso Tel Aviv, nel cui reparto di riabilitazione per malati lungo degenti, è stato trasferito Sharon nell´Aprile del 2006, segno evidente, ne ha dedotto il giornale Haaretz, che i medici che lo ebbero in cura all´Hadassah di Gerusalemme avevano, nonostante un doppio intervento chirurgico al cervello, per un totale di 29 ore di sala operatoria, abbandonato la speranza di una ripresa in tempi brevi. La situazione da allora non è mutata. Sharon, sostengono i portavoce del Centro rispondendo alle nostre domande «non era in coma profondo al momento della sua ammissione, e durante il periodo della sua degenza ci sono stati segni di risposta a diversi tipi di stimoli». Le stesse parole potevano essere usate due anni fa. Eppure Sharon viene caparbiamente mantenuto in vita. Oltre ai medici del reparto, c´è sempre qualcuno della famiglia ad attuare la terapia degli affetti, che in altri casi ha dato buoni risultati. Una canzone, un racconto ripetuto all´infinito, talvolta anche i nipoti più grandicelli s´accostano all´orecchio insensibile del nonno per far sentire la loro voce. Non ha più la testa fasciata, Sharon. I guasti del trapano sono stati sistemati. Ha perso inevitabilmente peso. Non si sa se l´ex premier abbia ricevuto visite eccellenti. Secondo indiscrezioni apparse sulla stampa araba, in occasione del suo primo e unico viaggio in Israele, a metà gennaio, George W. Bush potrebbe andare a rendere omaggio all´amico con cui ha condiviso la strategia della «Guerra al Terrorismo». Voci. Che qualcuno possa a ragion veduta rivendicarne l´eredità politica, è questione ormai superata. Non c´è un altro Sharon all´orizzonte. Olmert ha provato soltanto a ricalcarne le orme e sulla questione delle questioni, i rapporti con i palestinesi, la soluzione del conflitto, il processo di pace, può solo fornire una sua interpretazione su quel che avrebbe fatto Sharon, dopo la sua ultima impresa, il ritiro da Gaza. Un altro ritiro unilaterale anche dalla West Bank? È possibile ma non è certo. Questo gioco ricorrente ad indovinare «quel che avrebbe fatto Sharon» in questa o quella circostanza, è un segno di debolezza, d´indecisione da parte di una leadership che si sente ancora orfana senza ammetterlo. Ma è anche un gioco rischioso, come ha dimostrato la testimonianza di Dov Weisglass, forse il più influente dei consiglieri di Sharon alla Commissione Winograd, incaricata di far luce sugli esiti fallimentari della Seconda Guerra del Libano. Sharon, ha detto l´avvocato nonché inviato personale dall´ex premier, non avrebbe preso in considerazione un´offensiva a tutto campo come quella decisa da Olmert dopo il sequestro dei due soldati israeliani, Ehud Goldwasser e Eldad Regev, al confine con il Libano. Se gli Hezbollah avessero lanciato i loro katiusha contro la Galilea, ha detto Weisglass ai commissari, Sharon «avrebbe inflitto loro una lezione che non avrebbero dimenticato per 50 anni». Ma con l´aviazione. «Mi dispiace dirlo - ha aggiunto lanciando un siluro contro Olmert - ma quello che portò alla cattura dei due soldati fu un incidente di confine e un incidente di confine non è una sorta di deus ex machina che deve necessariamente svilupparsi in una guerra».