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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Avvenire - La Repubblica - Il Giornale Rassegna Stampa
18.12.2007 Le trattative tra Vaticano e Israele
quotidiani a confronto

Testata:Avvenire - La Repubblica - Il Giornale
Autore: Salvatore Mazza - Marco Politi - Andrea Tornielli
Titolo: «I cristiani in Terra Santa Padre Pizzaballa: Presenza irrinunciabile ma preoccupa la situazione in Palestina - Gelo Vaticano-Israele, niente visita del Papa - Viaggio in Terrasanta, stop al Vaticano»

Pubblichiamo un gruppo di articoli sui negoziati  tra Israele e Santa Sede:

Il testo più preciso ed equilibrato è quello pubblicato da AVVENIRE che riproduce stereotipi completamente falsi  ("forse si può parlare di forme di discrimi­nazione tra la maggioranza israeliana e la mino­ranza araba": no, gli arabi in Israele hanno gli stessi diritti civili e politici degli ebrei) e riporta esclusivamente le posizioni  vaticane e cattoliche, ma almeno lo fa in modo completo.
Si può così apprendere che secondo la parte cattolica  "la situazione per quanto riguarda il rilascio dei visti è «leggermente migliorata", che quella del Cenacolo "sarà una questione non lun­ghissima, c’è una volontà ferma, ma occorre tro­vare i modi opportuni per arrivare a soluzione" e leggere valutazioni come queste: "Un aspetto positivo tuttavia c’è, cioè il fatto che continuia­mo a parlare , "Non è facile trattare con Israele comunque di molto positivo è che ci siamo dati appuntamento a maggio a Roma"
  (seguita da un riferimento decisamente fuori luogo alla barriera difensiva).

Ecco il testo completo:

 
U na presenza «piccola», ma «irrinunciabi­le ». In una situazione che è «certamente difficile», considerato che il peso politico è scarso. Ma i cristiani di Terra Santa «ci sono» e sempre più «ci saranno», soprattutto se le tratta­tive tra Israele e Santa Sede sulle problematiche re­lative ai beni ecclesiastici e allo status giuridico, al momento ferme, avranno una positiva e rapida e­voluzione.
  È quanto ha sottolineato ieri mattina il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, che ha incontrato nella Sala Stampa vaticana i giornali­sti accreditati per fare il punto, assieme a monsi­gnor Antonio Maria Vegliò, segretario della Con­gregazione per le Chiese orientali e membro del­la delegazione che nei giorni scorsi ha partecipa­to a Gerusalemme alla riunione della Commis­sione mista, sulla situazione attuale dei cristiani in Terra Santa. Presenza esigua, come detto, at­torno all’uno per cento della popolazione, e per di più immersi in una situazione oggettivamente difficile, tale da rendere anche «non realizzabile» per ora il desiderio di Benedetto XVI di recarsi nel­la
terra ove visse Gesù, come ha detto il direttore della Sala stampa padre Federico Lombardi: «È naturale, il Papa ha un grande desiderio di anda­re – ha affermato ribadendo quanto già sottoli­neato in occasione della visita in Vaticano del pre­sidente israeliano Shimon Peres – ma per un viag­gio ci vogliono le condizioni sia per quanto ri­guarda la situazione generale e la pacificazione dell’area, sia per quanto concerne la situazione dei rapporti». Così, al momento, «non c’è nessun progetto concreto avviato».
  Anche qui, molto dipenderà dal lavoro della Commissione: «Stiamo preparando un docu­mento comune, con la riserva che o lo si appro­va tutto o niente – ha spiegato Vegliò – Un aspetto positivo tuttavia c’è, cioè il fatto che continuia­mo a parlare. Io mi auguro che ci sia sempre la buona volontà da entrambe le parti, certo è un parto lungo. Non so quanti anni sono che i ne­goziati vanno avanti, per quel che mi riguarda io li seguo da ben 13 anni». «Il bello – ha aggiunto l’arcivescovo – è che il gruppo ristretto ha lavo­rato bene. Poi, nella plenaria, quando si è arri­vati a trattare i punti sensibili, ci si è arenati. Non è facile trattare con Israele comunque di molto positivo è che ci siamo dati appuntamento a maggio a Roma. È comunque sempre meglio
parlarci che erigere steccati, e posso dire che non saremo certo noi ad alzare muri».
  Se la situazione per quanto riguarda il rilascio dei visti è «leggermente migliorata, uno dei punti mag­giormente controversi – a parte le questioni fisca­li – resta quello della restituzione del Cenacolo, al cui proposito Pizzaballa, ha detto che «è bene par­larne il meno possibile. Tutti vogliamo la restitu­zione, ma questo è un momento delicato. Ci so­no state reazioni molto forti e prospettive imme­diate non ce ne sono. Sarà una questione non lun­ghissima, c’è una volontà ferma, ma occorre tro­vare i modi opportuni per arrivare a soluzione».
  Quanto alla situazione dei cristiani, Pizzaballa ha parlato di “sofferenza” della piccola comunità. Il 60% dei circa 170mila cristiani della zona, ha spie­gato, vive in Israele, e il 99% è di origine arabo-pa­lestinese. Diversissime le realtà in cui si trovano: in Israele non ci sono situazioni di povertà strut­turale, e forse si può parlare di forme di discrimi­nazione tra la maggioranza israeliana e la mino­ranza araba, mentre nelle zone dell’Autorità pa­lestinese la paralisi politica dell’Anp influisce sul­la vita economica e sociale, che è al limite del col­lasso, malgrado quest’anno ci sia stata una netta ripresa del turismo religioso, cresciuto persino ri­spetto
al 2000.

Nella cronaca pubblicata dalla REPUBBLICA (pagina 18), di Marco Politi, sembra che tra Vaticano e Israele sia sceso il gelo.
I pregiudizi del cronista verso lo Stato ebraico, visto come un avido arraffatore di terra, sono evidenti.
Il contenzioso Israele-Vaticano appare in questo articolo quasi più grave delle minacce di Al Qaeda, le dichiarazioni da parte cattolica circa il primo molto più veementi e indignate delle reazioni al proclama di Al Zawahiri contro Benedetto XVI.

Ecco il testo completo:


CITTÀ DEL VATICANO - Di un viaggio del Papa in Israele «non se ne parla». La secca precisazione del portavoce papale Lombardi cala come una ventata di gelo sui rapporti tra Santa Sede e governo israeliano. L´ennesimo incontro bilaterale per attuare l´accordo fondamentale, firmato nel lontano 1993, si è concluso ancora una volta con un nulla di fatto e i problemi fiscali e di status giuridico delle proprietà ecclesiastiche in Terrasanta restano senza soluzione.
«I comunicati ufficiali dicono tutto o niente. Questa volta il comunicato dice tutto: il niente, che vi è espresso, è la realtà», commenta pungente mons. Antonio Maria Vegliò, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali. «Sono tredici anni che ci riuniamo e preghiamo il buon Dio perché prima che trascorrano altri 13 anni si arrivi a qualche conclusione», soggiunge il prelato, che nei giorni scorsi ha partecipato alla riunione negoziale a Gerusalemme. Vegliò, incontrando la stampa insieme al Custode francescano di Terrasanta padre Pizzaballa, ha precisato: «Sui temi generali come il desiderio di pace e il dialogo interreligioso si giunge a dichiarazioni comuni, ma sui punti concreti riguardanti la vita della comunità cristiana ci si è arenati». Con una postilla tutta politica: «Il problema è quello delle proprietà. Gli israeliani cercano di acquisire le maggior parte dei titoli perché potranno farli valere quando nel processo di pace si parlerà di Gerusalemme e del suo status».
Le due parti si rivedranno a maggio e il fatto stesso, pur formalmente apprezzato, viene considerato in Vaticano un altro rinvio intollerabile. Perché, come spiega Vegliò, il gruppo bilaterale ristretto aveva lavorato bene, ma nella riunione plenaria non si è voluto stringere. Perciò il portavoce papale Lombardi cancella ufficialmente qualsiasi ipotesi di un viaggio di Ratzinger a Gerusalemme nel 2008. «Benedetto XVI - sottolinea - ha espresso più volte il suo desiderio di andare in Terra Santa, però ci vogliono sia delle condizioni di pacificazione generale dell´area, sia occorre tenere presenti i rapporti della Chiesa con le realtà locali e se ci sono segnali positivi da incoraggiare con un atto così importante come il viaggio». Evidentemente per la Santa Sede i «segnali» non ci sono. Lombardi è stato categorico: «Nel 2008 ci sono altri viaggi programmati, quindi non se ne parla».
Parallelamente prosegue la politica vaticana di ritessere rapporti con il fronte arabo moderato. Papa Ratzinger è stato preso di mira nell´ultimo video del numero due di Al-Qaeda, Al-Zawahiri: «È il Papa che ha offeso l´Islam e i musulmani». Al-Zawahiri ha tuttavia attaccato ancora più duramente il re saudita Abdullah per la sua visita in Vaticano, accusandolo di essere portatore di una «dottrina moderata» e parlando sprezzantemente del «politeismo dei mufti sauditi». Pacata la replica di padre Lombardi: «I 138 esponenti musulmani che hanno scritto a Benedetto XVI sono voci che vogliono dialogare e impegnarsi implicitamente per la pace e hanno un´importanza crescente. Questo preoccupa chi un tale dialogo non lo vuole». Mons. Ravasi, presidente del Consiglio vaticano per la Cultura: «Molti credenti dell´Islam cercano invece di stabilire un contatto profondo pazientemente nelle diversità».

Viaggio in Terra Santa, stop del Vaticano è il titolo dell'articolo di Andrea Tornielli sul GIORNALE a pagina 15
"Restano distanti Gerusalemme e Santa Sede" recista il sottotitolo "Il custode, padre Pizzaballa: "La situazione dei cristiani peggiora sempre più".
Da questa titolazione sembra che lo stop al viaggio del Papa sia stato causato dalla situazione dei cristiani, che dunque dipenderebbe da Israele.
Anche nell'articolo il tema della minaccia fondamentalista contro i cristiani, che in grande misuraspiega  la situazione denunciata da Pizzaballa, non viene affrontato.

«Finché la situazione si mantiene in questo modo, sarà difficile pensare a un viaggio del Papa in Terrasanta». L’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, Segretario della Congregazione delle Chiese orientali, è appena tornato da Gerusalemme dove ha partecipato alla riunione delle commissione bilaterale tra Santa Sede e Israele, che da 13 anni lavora all’attuazione dell’Accordo fondamentale tra i due Stati. Sul tappeto ci sono le questioni patrimoniali e fiscali e ieri mattina il prelato, nel corso di un incontro con i giornalisti dedicato alla situazione dei cristiani in Terrasanta, ha ammesso che la trattativa ristagna e non si fanno passi avanti. In queste condizioni, diventa dunque difficile ipotizzare un pellegrinaggio di Benedetto XVI, nonostante i reiterati inviti (l’ultimo dei quali avanzato nella recente visita del presidente SimonPeres in visita in Vaticano). Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha confermato che non è in preparazione alcun viaggio in Israele: «Ci vogliono condizioni sia di situazione generale di pacificazione nell’area, sia anche di rapporti tra Chiesa e autorità civili, segnali positivi che spingano a incoraggiare un atto così importante come la visita del Papa». Adescrivere le difficoltà dei (pochi) cristiani che ancora vivono nei luoghi di Gesù è stato padre Pierbattista Pizzaballa, il Custode di Terrasanta, che con l’occasione ha presentato «Terra Sancta», un nuovo e suggestivo Dvd con filmati e spiegazioni relative a tutti i luoghi santi della Custodia, e rivista recentemente rinnovata nella sua veste editoriale. «Oggi i cristiani in Terrasanta rappresentano appena l’un per cento della popolazione totale – ha spiegato Pizzaballa – mentre contemporaneamente aumenta la presenza musulmana ed ebraica. Sono in tutto 170mila, il 48% dei quali cattolici. Il 90% dei cristiani - ha aggiunto - è arabo-palestinese, mentre la comunità cattolica di lingua e cultura ebraica è una realtà, molto piccola, qualche centinaio di persone. Il 40% dei cristiani vivono nei territori dell’Autorità palestinese e sono quelli che soffrono di più: il sistema economico è al collasso, la disoccupazione è altissima e molti emigrano: diverse centinaia di famiglie sono riparate all’estero e centinaia si sono spostare dai territori dell'autonomia palestinese - Betlemme, Betania, Ramallah - verso Gerusalemme». Un dato positivo è invece quello dei pellegrinaggi, in sensibile aumento nonostante le preoccupazioni per la sicurezza: nel 2007 sono stati un numero maggiore di quelli organizzati nel 2000 in occasione del Giubileo. «Anche per il 2008 – ha detto Pizzaballa – le prospettive sono molto positive».

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