Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Uranio russo all'Iran dopo mesi di stallo riprende la pericolosa collaborazione tra Mosca e Teheran
Testata:Avvenire - L'Opinione Autore: Giovanni Bensi - Stefano Magni Titolo: «Da Mosca un carico di uranio per l’Iran - Iran nucleare la Russia non lo teme»
Da AVVENIRE del 18 dicembre 2007 (pagina 17), la cronaca di Giovanni Bensi:
I l ministero degli Esteri russo ha annunciato che l’ente per l’esportazione dei materiali atomici (Atomstrojeksport) ha iniziato la consegna di un primo carico di combustibile nucleare alla centrale elettronucleare che la stessa Russia sta costruendo a Bushehr, nel sud dell’Iran. Il combustibile è prodotto da un’azienda chimica di Novosibirsk. La prima partita, 82 tonnellate di uranio-235 arricchito al 3,62%, è costituita da barre rinchiuse in 180 contenitori. Il combustibile viene per ora immagazzinato, mentre il resto verrà consegnato dalla Russia entro i prossimi due mesi, dopo di che la centrale nucleare potrà diventare operativa nel giro di altri sei mesi. Il presidente dell’Atomstrojeksport, Sergej Shmatko, ha precisato che attualmente i contrasti con l’Iran sono risolti, le scadenza per il termine della costruzione sono stati concordati e la data esatta di entrata in funzione della centrale sarà comunicata a fine dicembre. Originariamente l’inaugurazione di Bushehr era prevista per il settembre 2007, mentre il combustibile avrebbe dovuto essere consegnato sei mesi prima, in marzo. Ma i tempi concordati non poterono essere rispettati a causa dei ritardi nel finanziamento da parte di Teheran e del fatto che il progetto aveva suscitato sul piano internazionale sospetti sulle ambizioni nucleari dell’Iran. Bushehr viene costruita sotto la supervisione dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica). Prevedendo le reazioni diplomatiche internazionali, il ministero degli Esteri russo sostiene che Teheran ha dato assicurazioni che il combustibile nucleare mandato a Bushehr non verrà usato per altri scopi. Nel comunicato del ministero si può leggere che «la parte iraniana ha fornito ulteriori assicurazioni scritte sulla circostanza che il combustibile sarà usato esclusivamente per la centrale elettronucleare di Bushehr» e non per fini militari. Inoltre la Russia avrebbe fatto pressioni su Teheran perché abbandoni il suo programma di arricchimento dell’uranio. Ma un alto funzionario iraniano ha praticamente smentito Mosca, ribadendo che l’Iran in nessun caso fermerà il programma di arricchimento. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite già in due occasioni ha imposto sanzioni all’Iran. D’altra parte nei giorni scorsi è stato reso noto un documento delle agenzie di intelligence americane secondo il quale Teheran avrebbe sospeso i tentativi di produrre uranio utilizzabile a fini militari fin dal 2003. In ogni caso il ministero degli Esteri russo ritiene che proprio la fornitura di combustibile nucleare per Bushehr renda superfluo il programma di arricchimento iraniano. Nel già citato comunicato si afferma: «Noi crediamo che siano state create condizioni qualitativamente nuove che permetteranno all’Iran di intraprendere i passi ad esso richiesti per ristabilire la fiducia nella natura pacifica del suo programma nucleare». Ma l’ottimismo ostentato da Mosca viene smentito dagli stessi iraniani. Un rappresentante governativo a Teheran ha dichiarato: «Non si parla neppure di cessare l’arricchimento. Non vi è nulla che abbia rapporto con un congelamento dell’arricchimento dell’uranio. La consegna (da parte della Russia) del combustibile nucleare non avviene nel quadro delle risoluzioni dell’Onu o nell’ambito di altre trattative». Insomma, mentre per la Russia i rifornimenti a Bushehr avverrebbero sotto le garanzie dell’Aiea, per l’Iran esse non sono collegate agli altri aspetti del contenzioso nucleare iraniano.
L'analisi di Stefano Magni da L'OPINIONE:
Ieri mattina è arrivata la conferma: il primo lotto di carburante nucleare per la centrale di Bushehr è giunto in Iran dalla Russia. La notizia è in controtendenza con quanto si era appreso fino alla settimana scorsa sui difficili rapporti tra Mosca e Teheran: la centrale nucleare in costruzione doveva essere già inaugurata da settembre, ma i Russi avevano ritirato i tecnici e sospeso le consegne perché gli Iraniani non pagavano. La settimana scorsa, l’azienda russa Atomstroiexport, impegnata nel programma, aveva dichiarato di non avere più problemi, perché erano state risolte le dispute sulla costruzione. Ma il dissidio non era solo economico. La sospensione dei lavori a Bushehr risale al marzo scorso. Lo scorso 16 ottobre, quando Putin si era recato a Teheran (la prima visita di un leader del Cremlino a Teheran dalla II Guerra Mondiale), la sua impressione sui partner iraniani era estremamente negativa. Il giornalista di origine iraniana Amir Taheri, messosi in contatto con membri dell’entourage russo di Putin, aveva definito “educativa” quella visita: “Questa era la prima volta che Putin parlava direttamente con i vertici della Repubblica Islamica.
Il presidente ha trovato come minimo ‘bizzarri’ i suoi interlocutori iraniani”. La stessa fonte del Cremlino aveva affermato che: “Gli Iraniani pensano di avere già vinto. Sono talmente intossicati dal loro entusiasmo che non hanno neppure chiesto a Putin di aiutarli respingendo eventuali nuove sanzioni dell’Onu”. Dopo quella visita, tra le altre cose, il presidente russo si era rifiutato di fissare una data precisa per l’inaugurazione dell’impianto di Bushehr. Aveva preso tempo, dichiarando la ripresa dei lavori fosse dipendente dalla “soluzione di altri problemi”, leggasi: della disputa con l’Onu per l’arricchimento dell’uranio. Come si spiega che i Russi abbiano cambiato idea? La disputa con l’Onu non è stata affatto risolta. Anzi, proprio in occasione della consegna del primo lotto di carburante nucleare, Teheran ha immediatamente confermato che non interromperà il ciclo di arricchimento dell’uranio. Dunque, c’è solo un motivo valido che può avere indotto Mosca a riprendere la sua collaborazione con l’Iran: il rapporto di intelligence statunitense e il conseguente abbassamento del livello di guardia sul programma atomico militare iraniano.
Lo storico militare Victor Davis Hanson, in un suo recente editoriale della National Review, aveva previsto un simile effetto collaterale: gli alleati degli Stati Uniti e le altre potenze coinvolte nella questione nucleare iraniana avrebbero cambiato le loro percezioni sul problema, convincendosi che “...molto probabilmente non vi sarà un’azione preventiva americana contro i siti nucleari iraniani e, sfortunatamente, non vi sarà una forte politica statunitense per ottenere sanzioni più dure su un Iran che sembra già essere stato messo fin troppo sotto pressione”. E’ in base a questa percezione di “cessato allarme” che i Russi ora pensano di poter riprendere la loro collaborazione senza timore di vedersi coinvolti in un conflitto. Al contrario, gli alleati degli Stati Uniti minacciati direttamente da un Iran nucleare, sono ancora più preoccupati. Lo rivela l’esternezione di Avi Dichter, ministro per la Sicurezza Interna di Israele, dello scorso 16 dicembre, che ha definito “errata” la percezione americana del pericolo iraniano e, in base a questo, ha messo in dubbio la stessa validità di tutta la politica mediorientale di Washington. Il premier Ehud Olmert ha immediatamente rimproverato il suo ministro, dichiarando ieri che non sono ammissibili commenti su un tema così delicato. Ma il nuovo attaché militare israeliano a Washington, Benny Gantz, ha ribadito ieri al quotidiano Jerusalem Post che: “Il mondo capisce che l’Iran è un problema, dal momento che si parla di imporre sanzioni. Ma non sono sicuro che si comprenda sino in fondo quale sia la gravità e l’urgenza del problema”.
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