Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
L’artista iraniana Sooreh Hera combatte per la libertà di espressione, in Olanda e intanto Salman Rushdie dà ragione a Samuel Huntington sullo scontro di civiltà
Testata:Il Foglio - La Repubblica Autore: Giulio Meotti - Salman Rushdie Titolo: «Abbiamo già ucciso, ti prenderemo - Lo confesso ho sbagliato sulle guerre di religione»
Dal FOGLIO del 14 dicembre 2007:
Quando nel febbraio del 1989 l’ayatollah Khomeini dichiarò che Salman Rushdie meritava la morte, André Glucksmann scrisse che “nel nostro occidente democratico, le autorità religiose e politiche cominciarono con l’abbozzare una smorfia che liquidava moralmente sia l’autore dei ‘Versetti satanici’ sia gli inquisitori di Teheran”. Sono passati quasi vent’anni e un ministro pakistano sunnita ancora invoca i “martiri” contro Rushdie, l’Iran sciita alza la taglia sulla sua testa e nelle strade di Londra si chiede la morte di “apostati e blasfemi”. Lo scrittore Mark Steyn scrive che nelle piazze europee bruciavano i burattini con la faccia di Rushdie perché non riuscivano ad arrivare a quello vero, nascosto per tre anni dai servizi segreti britannici. “Se avessero preso la moglie e il figlio, sarebbero stati contenti di dar loro fuoco. Come la folla era stata felice di bruciare i 37 turchi che avevano avuto la sfortuna di trovarsi nello stesso hotel a Sivas di uno dei traduttori dello scrittore. Nel mondo islamico il criticismo artistico può essere fatale. Nel 1992 il poeta Sadiq abd al Karim Milalla fu decapitato dai sauditi per aver suggerito che Maometto si era scritto il Corano. In due decenni ciò che è successo a Rushdie è diventato metastasi, a causa della debole risposta”. A differenza dell’autore dei “Versetti satanici”, l’artista iraniana Sooreh Hera non ha visto il proprio lavoro venire alla luce, è stato preventivamente ritirato, le minacce di morte sono fiorite ovunque in Olanda e la sua immagine si è dissolta nella clandestinità. Sooreh Hera ha una voce impercepibile. Da quando è iniziata la sua persecuzione, è sempre in fuga. Cambia casa per andare a dormire. La storia è finita su tutti i grandi quotidiani. Sooreh aveva presentato al Museo dell’Aia una serie di fotografie che ritraggono coppie omosessuali. Titolo: “Adamo ed Eva”. In una i modelli indossano maschere di Maometto e Alì. Sono state ritirate dal museo come accadde all’opera teatrale “Aisha”, allora perché mostrava una delle mogli del Profeta, stavolta per l’accostamento blasfemo tra le due venerabili figure della storia islamica. Sooreh Hera è stata subissata di minacce di morte. In questa intervista al Foglio, Sooreh Hera ripercorre la vicenda. “Il mio progetto era stato inserito fra i migliori. Sulla stampa olandese apparve un articolo in cui ringraziavo il direttore della scelta dei miei lavori. C’è stato invece l’immediato ritiro dopo le minacce e le richieste di censura delle formazioni musulmane. Per le persone come me, che hanno attraversato una rivoluzione, una guerra e l’esilio, che dopo aver scoperto cosa significa vivere in un paese libero vedono decapitare la libertà d’espressione, per me è naturale lottare contro la censura. I confini fra la moschea e il museo non possono diventare indistinti. Davanti all’entrata del museo c’è un minareto”. Dopo il ritiro delle fotografie e la denuncia delle organizzazioni islamiche legate ai Fratelli musulmani, Sooreh ha ricevuto una serie di minacce di morte per email e telefono. Ce le elenca: “Mi hanno detto: ‘Ti bruceremo viva’, ‘ti prenderemo’, ‘ti uccideremo’ e così via. Qualche giorno fa ho ricevuto una telefonata: ‘Abbiamo ucciso una volta siamo pronti a farlo una seconda…’”. Il riferimento è a Theo van Gogh. “Non voglio provare paura, non voglio cedere, ho scritto una lettera al governo per chiedere il sostegno alla libertà artistica e di espressione. L’autocensura non è la strada per fronteggiare la minaccia islamista. E’ un grande pericolo l’appeasement, gli islamisti vogliono che tutta la società, dalla moschea al museo, applichi i loro standard. E’ questo che mi fa paura”.
Mia cara piccola seimiliardesima persona vivente, in quanto membro di più recente acquisizione di una specie notoriamente indagatrice, probabilmente non passerà molto tempo prima che tu cominci a porre le due domande da sessantaquattromila dollari su cui noialtri 5.999.999.999 ci arrovelliamo da un bel po´ di tempo: come siamo arrivati qui? E ora che siamo arrivati qui, come dobbiamo vivere? Stranamente - come se sei miliardi di noi non fossero abbastanza per tirare avanti - quasi certamente ti diranno che per dare una risposta alla domanda sulle origini devi credere nell´esistenza di un altro Essere ancora, invisibile, ineffabile, «da qualche parte lassù», un creatore onnipotente che noi povere e limitate creature non siamo in grado nemmeno di percepire, tanto meno di comprendere. Verrai fortemente incoraggiato o incoraggiata, in altre parole, a immaginare un paradiso dove risiede almeno un dio. Questo dio-cielo, si racconta, fabbricò l´universo rimestando la materia in un gigantesco pentolone. O danzando. O vomitando la Creazione da dentro di sé. O semplicemente evocandola, ed essa Fu. In alcune delle più interessanti storie sulla creazione, l´unico, potente dio-cielo viene suddiviso in numerose forze di minore importanza: divinità minori, avatar, colossali e metamorfici «progenitori» che con le loro avventure danno forma al paesaggio, o i capricciosi, sregolati, cospiratòri, crudeli pantheon dei grandi politeismi, le cui sfrenate azioni ti convinceranno che il vero motore della creazione fu la brama: di potere infinito, di corpi umani troppo facili da spezzare, di nuvole di gloria. Ma è corretto aggiungere che vi sono anche storie che offrono il messaggio che l´impulso creativo primario fu, ed è, l´amore. Sooreh Hera dice di non voler lasciare spazio al silenzio e alla paura. “Non guardo molto alla mia carriera artistica, i musulmani stanno creando un’atmosfera in cui gli artisti e gli scrittori e gli intellettuali chiudono la bocca. Ricordo la lezione di Pier Paolo Pasolini sulla libertà d’espressione. Sono nata in una famiglia musulmana ortodossa, ma oggi sono atea. Da un lato ho ricevuto un grande sostegno e dall’altro considero tragico che noi, qui nelle società libere occidentali, stiamo a discutere se sia giusto ritirare opere d’arte che offenderebbero la sensibilità dei musulmani radicali. L’occidente deve essere sempre allerta sul pericolo che corre, un pericolo che cresce di giorno in giorno. L’uccisione di Theo van Gogh rappresenta l’11 settembre dell’Europa. Sono le nostre torri. Gli artisti occidentali hanno paura a parlare dell’islam in libertà, Theo invece fu uno dei pochi artisti che si sono rifiutati di capitolare davanti all’autocensura. E la sua morte ha spinto molti artisti e musei a non accettare questa sorta di dittatura autoimposta”. La vicenda di Sooreh Hera inizia simbolicamente con la fatwa del 1989 contro Rushdie da parte dell’ayatollah Khomeini. Due anni dopo l’editto, a Tokyo venne ucciso a pugnalate il traduttore giapponese dei “Versetti satanici”, Hitoshi Igarashi. I sicari iraniani arrivarono fino a Tsubuka per aprirgli la trachea. Il traduttore norvegese William Nygaard uscì vivo per miracolo da un attentato. Trentasette ospiti di un albergo a Sivas (Turchia) vennero uccisi nei tentativi di linciaggio del traduttore turco di Rushdie, Aziz Nesin. Prima degli editti contro i vignettisti danesi e il filosofo francese Robert Redeker, in Marocco ci fu il caso di Mohamed Choukri, il suo nome figurava tra le undici vittime designate dagli ayatollah insieme a Rushdie. E poi il saggista Farag Foda, amico di Naguib Mahfuz, premio Nobel per la letteratura pugnalato quasi a morte nel 1994, dopo che lo sceicco cieco Omar Abdel Raman, implicato nella prima strage del World Trade Center, lo aveva paragonato all’“apostata Rushdie”. I libri della scrittrice siriana Ghada Samman sono stati bruciati nelle piazze della ummah. Dall’Iran è partita una fatwa contro un intellettuale azero accusato di elogiare l’occidente. L’ayatollah iraniano Mohammed Fazel Lankarani ha invitato i fedeli a uccidere l’apostata. Lui è Rafiq Tagi e scriveva per il giornale azero Senet. Tagi e la famiglia sono stati evacuati in una destinazione sconosciuta dopo le minacce. Ayaan Hirsi Ali sul New York Times ha sollevato il caso di Taslema Nasreen, 45 anni, “scrittrice bengalese che difende con coraggio i diritti delle donne nel mondo musulmano”. Costretta a lasciare il Bangladesh, da qualche tempo vive in India. C’è chi ha messo una taglia di 500 mila rupie sulla sua testa. Gli islamisti legati alle moschee più influenti di Kolkata, nell’India orientale, hanno offerto una ricompensa di 100 mila rupie, pari a 1.800 euro, a chi le toglierà la vita. Lo scorso agosto, Taslima è stata aggredita da militanti islamisti a Hyderabad e di recente è dovuta fuggire da Calcutta e poi dal Rajasthan. Il suo visto scadrà tra poche settimane, e Taslima teme che non le venga rinnovato. Nel frattempo ha annunciato che cancellerà alcune frasi dal romanzo autobiografico “Dwikhandita”, tra i suoi scritti più discussi. Taslima Nasreen, il cui libro più famoso è “Vergogna”, in cui descrive le persecuzioni musulmane contro la comunità indù, nel 1994 ha ricevuto il premio Sakharov per la libertà di pensiero. E’ tradotta in venti lingue. “Dovrà essere uccisa, decapitata. Chiunque compirà questo dovere riceverà una ricompensa” ha detto in un comunicato il presidente del Consiglio Ibtehad per l’India, Taqi Raza Khan. La taglia non sarà ritirata finché Nasreen non “chiederà perdono, darà fuoco ai suoi libri e se andrà” si afferma nel documento pervenuto a Lucknow, capitale dell’Uttar Pradesh (nord dell’India). Tre anni fa un religioso musulmano aveva offerto una ricompensa di 20 mila rupie a chi avesse annerito il volto della Nasreen. “La sua faccia può essere annerita con inchiostro, vernice o catrame”. La scia persecutoria prosegue con lo scrittore iraniano Saeed Soltanpour ucciso durante il matrimonio. Uno degli oltre 50 assassinati dai mullah rivoluzionari. Rahman Hatefi è stato assassinato nella prigione di Evin, mentre Mehdi Shokri è stato colpito a entrambi gli occhi per aver messo in dubbio che l’immagine di Khomeini fosse apparsa sulla luna. Fra gli uccisi figurano il poeta curdo Delshad Mariwani, il cantore arabo Abdul-Nabi Majid e il traduttore di Goethe e Schiller Khaled al Amin. Nel 2002 la giornalista nigeriana Isioma Daniel scrisse che Maometto avrebbbe approvato il concorso di Miss Mondo e sposato una delle reginette di bellezza. Ci furono 200 vittime. La giornalista fuggì inseguita da una fatwa che ne chiedeva la morte: “Sarò costretta a nascondermi per il resto della mia vita”. Uno dei più grandi scrittori algerini, Rachid Mimouni, divenne il nemico numero uno del Fis islamista, che pronuniò a più riprese una fatwa nei suoi confronti, dopo avere pubblicato il saggio “Della barbarie in generale e dell’integralismo in particolare”. L’artista inglese Grayson Perry ha da poco ammesso che “la ragione per cui non ho mai attaccato l’islamismo nelle mie opere è che nutro una paura reale di finire con la gola tranciata”. Un anno fa a Berlino la Deutsche Oper cancellò dalla stagione lirica invernale la rappresentazione dell’“Idomeneo” di Mozart, per timore di reazioni da parte della comunità islamica. E nell’Olanda di Sooreh Hera si contano da tre anni casi di intimidazione della libertà d’espressione: il cabarettista Ewout Jansen è stato additato come un nemico dai guardiani del wahabismo, il pittore musulmano Rachid Ben Ali ha dovuto abbandonare di notte il proprio letto e riparare in albergo a causa delle minacce, la turca Ebru Umar è stata aggredita dopo aver rilevato la rubrica di Van Gogh sul quotidiano Metro e la columnist del quotidiano Nrc Handelsblad, Hasna el Maroudi, ha cessato la collaborazione a causa degli avvertimenti violenti. Sooreh Hera dice che “gli occidentali non devono chiudere la bocca, sarebbe la fine. Non sarebbe male se una galleria d’arte in Italia decidesse di ospitare le mie opere. Ho cambiato molto la mia vita quotidia- na dopo le minacce di morte. Sono stata costretta a farlo, a fuggire. Una settimana fa il governo iraniano inaspettatamente ha liberato decine di omosessuali dalle prigioni. Mi piace pensare che sia una conseguenza del caso che mi ha coinvolto. Per la seconda volta nella mia vita devono nascondermi a causa dell’islam. Non posso dimenticare che il regime iraniano si ricorderà sempre di me, considerano la mia arte un attacco frontale alla loro sharia. Il 5 dicembre, pochi giorni dopo il mio caso, Makvan Mouloodzadeh è stato impiccato a causa della sua omosessualità”. Con le sue fotografie intendeva rompere il silenzio sull’omosessualità nei paesi islamici. “Arte significa irritare. Sesso e religione per anni hanno occupato la mia attività. In Iran ho pubblicato poesie che sono state proibite dai mullah. Ma non mi aspettavo certamente il ritiro delle fotografie da parte del museo. La prima volta che incontrai il direttore, lui mi disse che erano opere provocatorie ma che non aveva paura ad esporle. E’ stato uno shock vedere ritirato il mio lavoro. Sono molto preoccupata dalla dittatura islamista che si sta manifestando in Europa e in tutto il mondo occidentale”. Sooreh ammira la dissidente somala Ayaan Hirsi Ali: “E’ una donna meravigliosa. Sebbene io sia un’artista e lei facesse politica, possiamo dire che il problema sia nato per entrambe dall’arte. Ayaan e Theo avevano realizzato un film, un’opera d’arte, ‘Submission’, sulla condizione della donna nell’islam. Theo è stato ucciso per quel film. L’arte deve liberare e cambiare la società, io credo in questo, gli intellettuali devono tornare ad assumere questo ruolo nei confronti dell’oppressione che grava sulla società occidentale. La libertà di pensiero e i diritti umani dovrebbero essere la loro guida. L’arte non è stata creata per decorare le case. E’ offensiva e difensiva, in guerra con un nemico”. Nonostante il vortice dentro al quale è precipitata, la minuta Sooreh Hera resta profondamente ottimista: “Lo sono per il futuro di questa battaglia, lo sono per natura anche se ricevo oggi delle minacce di morte. Serviranno a iniziare una discussione sull’autocensura e l’islam. Dovrebbero mobilitarsi i sindacati di artisti, editori e musei per tutti coloro che sono minacciati. Non si può essere ministri della Cultura di un paese in cui un artista a causa della propria arte deve entrare in clandestinità”.
Da La REPUBBLICA, un articolo di Salman Rushdie:
Molte di queste storie ti colpiranno per la loro straordinaria bellezza, e dunque per la loro capacità di seduzione. Malauguratamente, però, non sarà una reazione puramente letteraria che chiederanno da te. Solo le storie delle religioni «morte» possono essere apprezzate per la loro bellezza. Le religioni vive ti chiedono molto di più. E ti diranno dunque che credere nelle «tue» storie, e aderire ai rituali di culto sviluppatisi intorno a esse, dovrà diventare una parte fondamentale della tua esistenza in questo mondo affollato. Le chiameranno il cuore della tua cultura, della tua identità individuale, perfino. È possibile che a un certo punto arriveranno a sembrarti qualcosa a cui non si può sfuggire, non come non si può sfuggire alla verità, ma come non si può sfuggire a una prigione. Forse, a un certo punto, smetteranno di apparirti come i testi in cui degli esseri umani hanno cercato di risolvere un grande mistero, e ti appariranno invece come i pretesti per consentire ad altri esseri umani, consacrati all´uopo, di tiranneggiarti. Ed è vero che la storia umana è piena di pubblica oppressione inferta dagli aurighi degli dei. Ma le persone religiose ritengono che il conforto privato che la religione dà è più che sufficiente a compensare il male fatto in suo nome. Con lo svilupparsi della conoscenza umana, è diventato anche evidente che ogni storia religiosa mai raccontata sul come siamo arrivati qui è, semplicemente, sbagliata. È questo, in definitiva, che accomuna tutte le religioni. Non c´hanno indovinato. Niente rimestìo celeste, niente danza del creatore, niente vomitìo di galassie, niente progenitori canguri o serpenti, niente Valhalla, niente Olimpo, niente sei giorni di giochi di prestigio seguiti da un giorno di riposo. Sbagliato, sbagliato, sbagliato. Qui, però, accade qualcosa di davvero strano. L´erratezza delle storie sacre non ha sminuito neanche un po´ lo zelo del credente devoto. Anzi: la pura e semplice, anacronistica assurdità della religione spinge il religioso a insistere con ancor più fervore sull´importanza della fede cieca. Per effetto di questa fede, tra l´altro, si è rivelato impossibile, in molte parti del mondo, impedire che i numeri della razza umana si gonfiassero fino a proporzioni allarmanti. La colpa del sovraffollamento del pianeta, almeno in parte, dàlla alla sventatezza delle guide spirituali della razza. Nell´arco della tua vita, potresti tranquillamente arrivare a vedere la nascita del novemiliardesimo cittadino del mondo. Se sei indiano o indiana (e c´è una possibilità su sei che tu lo sia) sarai vivo (o viva) quando, grazie al fallimento dei programmi di pianificazione delle nascite in questa terra povera e oppressa da Dio, la popolazione del tuo Paese supererà quella della Cina. E se troppe persone stanno nascendo, anche per effetto dell´ostilità delle religioni al controllo delle nascite, troppe persone stanno anche morendo, perché la cultura religiosa, rifiutando di affrontare le realtà della sessualità umana, rifiuta anche di combattere la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili. Ci sono quelli che dicono che le grandi guerre del nuovo secolo saranno ancora una volta guerre di religione, jihad e crociate, come furono nel Medioevo. Anche se ormai da anni l´aria risuona delle grida di battaglia di fedeli che trasformano i loro corpi in bombe del Signore, e anche delle urla delle loro vittime, non ho voluto credere a questa teoria, o quantomeno non nel modo in cui la maggior parte delle persone la concepiscono. Ho sostenuto per molto tempo che lo «scontro di civiltà» di Samuel Huntington è un´ipersemplificazione. Che la maggior parte dei musulmani non ha alcun interesse a prendere parte a guerre religiose. Che le divisioni nel mondo islamico sono altrettanto profonde delle cose che lo uniscono. (Basta dare uno sguardo al conflitto tra sunniti e sciiti in Iraq, se si ha qualche dubbio.) È alquanto difficile trovare qualcosa che assomigli a un obbiettivo comune di tutto l´islam. Perfino dopo che la non islamica Nato combatté una guerra per i kosovari, albanesi e musulmani, il mondo islamico fu lento a farsi avanti con gli aiuti umanitari tanto necessari. Le vere guerre di religione, sostengo io, sono le guerre che le religioni scatenano contro i comuni cittadini che rientrano nella loro «sfera di influenza». Sono guerre dei devoti contro gli indifesi (in gran parte): fondamentalisti americani contro medici abortisti, mullah iraniani contro la minoranza ebraica nel loro Paese, i talebani contro il popolo afghano, i fondamentalisti indù di Bombay contro i residenti musulmani, sempre più impauriti, di quella città. E le vere guerre di religione sono anche le guerre che le religioni scatenano contro i non credenti, la cui non tollerabile nonfede viene reinterpretata come un delitto, come ragione sufficiente per eliminarli. Col passare del tempo, però, sono stato obbligato a riconoscere una cruda verità, che le masse dei cosiddetti «musulmani comuni» sembrano aver comprato le fantasie paranoidi degli estremisti, e sembrano spendere più energie a mobilitarsi contro vignettisti, romanzieri o il papa, che a condannare, emarginare ed espellere gli assassini fascisti presenti tra loro. Se questa maggioranza silenziosa consente che una guerra venga condotta in suo nome, allora, in definitiva, in quella guerra diventa complice. E forse allora, dopo tutto, sta effettivamente iniziando una guerra di religione, perché ai peggiori tra noi viene concesso di dettare l´agenda al resto di noi, e perché i fanatici, che fanno sul serio, non incontrano un´opposizione sufficientemente forte da parte della «loro gente». E se è così, allora i vincitori di una simile guerra non devono essere gli ottusi, quelli che marciano in battaglia, come sempre, con Dio al loro fianco. Scegliere la nonfede è scegliere la ragione contro il dogma, fidarsi della nostra umanità invece di tutte queste pericolose divinità. E dunque, come siamo arrivati qui? Non cercare la risposta nei libri di storia «sacri». L´imperfetta conoscenza umana magari sarà una via accidentata e piena di insidie, ma è la sola strada alla saggezza che valga la pena imboccare. Virgilio, che credeva che l´apicoltore Aristeo potesse generare spontaneamente nuove api dalla carcassa putrefatta di una mucca, era più vicino alla verità sulle origini di tutti i venerati libri antichi. Le saggezze antiche sono sciocchezze moderne. Vivi nel tuo tempo, usa quello che conosci e quando sarai diventato adulto, forse finalmente la razza umana sarà diventata adulta con te e avrà messo da parte le cose da bambini. Come dice la canzone, It´s easy if you try: se ci provi è facile. Quanto alla moralità, il secondo grande interrogativo – come dobbiamo vivere? Quali sono le cose giuste da fare, e quali quelle sbagliate? – dipenderà se sarai disposto, o disposta, a pensare con la tua testa. Solo tu puoi decidere se vuoi che siano i preti a elargirti la legge, e accettare che il bene e il male siano, in qualche modo, esterni a noi stessi. A mio parere, la religione, anche nella sua versione più sofisticata, essenzialmente infantilizza il nostro io etico fissando infallibili Arbitri morali e irredimibili Tentatori immorali al di sopra di noi; i genitori eterni, bene e male, luce e ombra del regno ultraterreno. Come potremo, dunque, compiere scelte etiche senza un regolamento o un giudice divino? La nonfede è solo il primo passo della lunga deriva verso la morte cerebrale del relativismo culturale, in base al quale molte cose insopportabili – la circoncisione femminile, per nominarne soltanto una – possono essere giustificate con la specificità culturale, e può essere ignorata anche l´universalità dei diritti umani? (Quest´ultimo capolavoro di disfacimento morale trova sostenitori in alcuni tra i regimi più autoritari del pianeta, e anche, ed è inquietante, sugli editoriali del Daily Telegraph). No, non è il primo passo verso il relativismo culturale, ma le ragioni per sostenere questa tesi non sono così chiare e distinte. Solo l´ideologia radicale è chiara e distinta. La libertà, che è la parola che uso per definire la posizione etico-laica, è inevitabilmente più confusa. Sì, la libertà è quello spazio in cui può regnare la contraddizione, è un dibattito infinito. Non è, in sé, la risposta all´interrogativo morale, è la conversazione su quell´interrogativo. Ed è molto di più di semplice relativismo, perché non è semplicemente un chiacchiericcio senza fine, ma un luogo in cui si compiono le scelte e si definiscono e difendono i valori. La libertà intellettuale, nella storia europea, ha significato principalmente libertà dai vincoli della Chiesa, non dai vincoli dello Stato. Questa è la battaglia che combatteva Voltaire, ed è anche quello che tutti i sei miliardi di noi potremmo fare per noi stessi, la rivoluzione in cui ognuno di noi potrebbe giocare la sua piccola, seimiliardesima parte: potremmo, una volta per tutte, rifiutare di permettere ai preti e alle storie immaginarie in nome delle quali essi pretendono di parlare, di essere i poliziotti delle nostre libertà e del nostro comportamento. Potremmo, una volta per tutte, rimettere le storie nei libri, rimettere i libri sugli scaffali e vedere il mondo semplice e sdogmatizzato. Immagina che non ci sia nessun regno dei cieli, mio caro seimiliardesimo, e improvvisamente il cielo cesserà di avere limiti.
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