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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Europa - City Rassegna Stampa
06.12.2007 Israele contro lo "spirito di pace"
la disinformazione non si ferma mai

Testata:Europa - City
Autore: Maurizio Debanne - la redazione
Titolo: «A gennaio la “prima” di Bush in Israele. Ma la nuova road map è già in salita - Case israeliane a Gerusalemme Est»

Israele  prepara un intervento a Gaza, chissà perché (nessun cenno ai lanci di razzi kassam), costruisce un "nuovo insediamento" , edificando in realtà nuove case a Gerusalemme Est...
Tanto basta per attribuirle la responsabilità delle difficoltà della "nuova road map" di Annapolis.

Da EUROPA  del 6 dicembre 2007 un articolo di Maurizio Debanne: 


Dopo 10 anni Bush torna in Israele. L’ultima volta che aveva fatto visita allo stato ebraico era nel lontano 1998, al tempo in cui era governatore del Texas. Da quando è stato eletto presidente degli Stati Uniti si è recato sì in Medio Oriente, ma principalmente per vedere con i propri occhi la situazione in Iraq. Bush non ha mai nascosto questa scelta: una volta conquistata la Casa Bianca aveva espresso più volte la sua diffidenza per il tipo di diplomazia personale lanciata dal predecessore Bill Clinton, che durante i suoi due mandati si era recato per sei volte in Medio Oriente, tre delle quali in Israele. Questa discontinuità ha provocato in passato la sollevazione di dure critiche nei riguardi di Bush per il suo scarso interesse nei confronti della questione israelo-palestinese, critiche che però dopo Annapolis sembrano affievolirsi.
Ad annunciare il viaggio è stato il portavoce della Casa Bianca, Gordon Johndroe, che si è limitato a dire che il presidente «andrà in Medio Oriente all’inizio di gennaio». Fonti ben informate si dicono però certe che Bush si recherà in Israele e nei Territori palestinesi il 10 gennaio. Tema degli incontri sarà inevitabilmente il rilancio del negoziato di pace dopo Annapolis, dove israeliani e palestinesi si sono impegnati a fare tutto il possibile per giungere a un accordo entro il 2008.
«È probabile che il futuro presidente americano sarà meno amico e sostenitore di Israele di come lo è stato Bush, che non hai mai esercitato su di noi alcuna pressione. Così ogni cosa che possiamo raggiungere ora, abbiamo l’obbligo di conseguirla», è il commento di Yoel Marcus sul quotidiano israeliano Haaretz. «Israele – continua l’analista – deve essere più flessibile nell’implementazione della prima fase della road map. Dobbiamo accettare che lo smantellamento dei gruppi armati palestinesi proceda di pari passo con i colloqui sul final status ».
Ma proprio sulla prima fase della road map, che chiede a Israele lo smantellamento delle colonie considerate illegali dal proprio stesso governo e l’arresto della crescita per i restanti insediamenti, si rischia il naufragio dell’intero processo. Il governo israeliano, infatti, ha annunciato di aver avviato le procedure di appalto per la realizzazione di 307 edifici (case, negozi e alberghi) ad Har Homa, sobborgo che si trova a Gerusalemme Est, vicino Betlemme, dove vivono circa 4 mila israeliani. Si tratta del primo progetto di nuovi insediamenti dopo il vertice di Annapolis e di fatto ne contraddice lo spirito. George W. Bush aveva chiesto nel Maryland ad Abu Mazen di fermare gli attacchi contro Israele, chiedendo in cambio allo stato ebraico di bloccare l’espansione di nuovi insediamenti di coloni.
«È un tentativo di ostacolare le negoziazioni, chiediamo agli Stati Uniti di intervenire», ha dichiarato il capo negoziatore palestinese Abu Ala. «Non ci sarà alcun processo di pace se continueranno a colonizzare», ha minacciato. Al momento non è giunta nessuna risposta dagli Usa. Non si è invece fatta attendere una replica da parte di Israele. Il portavoce del premier Olmert, Mark Regev, ha dichiarato che Israele non considera gli insediamenti edificati in Gerusalemme Est attività coloniale perché, in base a una legge dello stato, Gerusalemme, sia la parte Est che quella Ovest della città, è la capitale unica dello stato israeliano.
«Har Home non fa parte della West Bank», ha dichiarato.
Anche a Gaza, infine, la situazione sembra scivolare verso il peggio. «Israele ha completato un piano per una larga offensiva nella Striscia. Stiamo aspettando solo il semaforo verde da parte del governo per dare il via all’operazione», ha dichiarato il capo militare israeliano. Prima di allora, ha aggiunto, Israele continuerà con brevi incursioni, come quella in cui ieri sono stati uccisi due militanti di Hamas.
Secondo testimoni oculari i due stavano sparando colpi di mortaio contro Israele al momento dell’attacco.

Anche su CITY Gerusalemme Est diventa un insediamento, le rivendicazioni palestinesi un dato di fatto ( in realtà Gerusalemme Est è stata giordana, ma mai palestinese) e Israele il nemico dello "spirito di pace".
Un trafiletto da pagina 11:


Nonostante lo spirito di pace che ha prevalso al vertice di Annapolis, il governo israeliano ha avviato le procedure di appalto per la realizzazione di un nuovo insediamento di 307 case a Gerusalemme Est, la parte palestinese della città annessa nel 1967 allo Stato ebraico

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