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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Ansa - La Stampa Rassegna Stampa
29.11.2007 Il medico israeliano di notte si trasforma in assassino
la strategia della demonizzazione in un lancio d'agenzia e in un titolo

Testata:Ansa - La Stampa
Autore: la redazione - Frnacesca Paci
Titolo: «Israele: Yuval, medico e aviatore - Di giorno curo i palestinesi di notte li uccido»

Dal sito di ANSA  un lancio che deforma la realtà (i piloti israeliani colpiscono i terroristi palestinesi, non i bambini) e cerca di attribuire a Israele e ai suoi soldati un immagine demoniaca ("Di giorno salva le vite, magari quelle di bambini palestinesi, di notte le toglie", "Salva la vita con la luce, la toglie con il buio" ). 
La storia di per sè, direbbe molto della realtà di Israele, un paese che è costretto a difendersi, ma che continua a fornire cure mediche ai civili palestinesi.
Ma, adeguatamente stravolta, può servire anch'essa alla disinformazione e alla propaganda d'odio.

Ecco il testo completo:

Israele: Yuval, medico e aviatore
Salva la vita con la luce, la toglie con il buio


(ANSA) - TEL AVIV, 28 NOV - Di giorno e' pediatra in un centro medico nella zona di Tel Aviv, di notte pilota della riserva di elicottero Cobra. E' la vita dell'israeliano Yuval, come la descrive oggi il quotidiano Maariv riprendendo un analogo articolo pubblicato dal Washington Post. Di giorno salva le vite, magari quelle di bambini palestinesi, di notte le toglie. Magari con un razzo terra-aria come e' accaduto contro una cellula palestinesE, quando ha ucciso due persone

Sullo stesso argomento La STAMPA pubblica un articolo sostanzialmente corretto di Francesca Paci, con un titolo inaccettabile “Di giorno curo
i palestinesi di notte li uccido”. La foto che illustra l'articolo è di un bambino palestinese ferito. Il messaggio è chiaro: i palestinesi curati e uccisi da Yuval sono in entrambi i casi bambini (vedi immagine sopra).
In realtà il "dottor Yuval" è un riservista dell'esercito israeliano, quindi non si dedica tutte le notti ad operazioni militari. 
Inoltre, non uccide gli stessi palestinesi che cura.
Cura i civili, e uccide i terroristi. E anche in quest'ultimo modo, salva vite umane.

Ecco il testo dell'articolo di Francesca Paci:

Nel portafoglio, insieme alla foto dei figli, il dottor Yuval tiene quella di una bambina palestinese di 5 anni, Rima Mosa. Le ha salvato la vita nove mesi fa, aveva un problema molto serio al cuore: la mamma, Suad, gli ha lasciato per ricordo un’istantanea con scritto in arabo «shukran», grazie. All’ospedale pediatrico di Holon, dove lavora di giorno, lo chiamano «l’angelo di Gaza», ha curato decine di piccoli pazienti di Beit Hanun, Rafah, del campo profughi di Jabalia. Per i colleghi riservisti dell’esercito il maggiore Yuval è l’opposto, «il terrore dei palestinesi», un pilota specializzato in «targeted killing», gli omicidi mirati con cui dall’inizio della seconda Intifada Israele risponde agli attentati di Hamas e della Jihad Islamica. Dalla fine del 2000 ne ha firmati almeno quindici.
Quarant’anni, tre figli, un nome di fantasia per ragioni di sicurezza, Yuval è il doppio volto di una nazione all’alba dei suoi primi sessant’anni di vita e di guerra: il mattino indossa il camice bianco e controlla la temperatura tra le corsie echeggianti di gridolini infantili, la notte lancia missili con la divisa dell’Air Force. «Non c’è contraddizione», osserva il fisico Sion Houri, uno dei superiori di Yuval. Lo dice anche la Bibbia, «c’è un tempo per uccidere e uno per curare». E accade che talvolta bianco e nero si sovrappongano: «È oggi, siamo noi, è la nostra storia di israeliani».
Una grande storia e milioni di piccole storie. Come quella di Yuval, cresciuto in una fattoria a nord della Striscia di Gaza dove, all’uscita da scuola, guidava il trattore con il padre e raccoglieva arance con i contadini palestinesi. «I nostri rapporti non stati sempre pesanti come oggi», ricorda. «All’ora di pranzo facevamo pausa insieme, io portavo pane e formaggio loro termos di caffè arabo». Amici? Forse no. Certamente conoscenti, nel senso che entrambi conoscevano il nome e l’aspetto dell’altro: «Sembra trascorso un secolo».
Non ne è passato neppure un quarto. Quando nacque il primo figlio Yuval pensò che almeno lui non avrebbe conosciuto l’uniforme. Era il 1990, la vigilia degli accordi di Oslo, l’orizzonte sembrava luminoso. Un abbaglio: «Nel 2000, con la seconda Intifada, i kamikaze nelle discoteche e nei caffè, ci svegliammo di colpo». Il premier Barak rispolverò la pratica in disuso dei «targeted killing» e Yuval tornò a bordo dell’elicottero «puntatore», riservista.
«Dottor Jekyll and Mr. Hyde», lo prende in giro Efrat, la fidanzata di Michael, uno dei suoi due fratelli, piloti come lui. Ori, il maggiore, guida un aereo da ricognizione. Michael un F16, a bordo del quale ha tentato ripetutamente di uccidere il leader di Hezbollah Hasan Nasrallah. Il confronto è una terapia, spiega Yuval: «Con Mike e Ori parliamo soprattutto delle volte che abbiamo mancato il bersaglio, i fallimenti ci aiutano a non essere schiacciati dai successi». Certo, ammette che i voli di Michael, a 20 mila piedi d’altezza, sono meno «problematici»: «Se punti il mirino su una persona che corre è più difficile. Guardi il video, vedi bianco e lui smette di muoversi. È durissima, l’unica chance è non pensare a sua madre».
Le incontra poi in ospedale, a Holon, tra le bandiere con la stella di David. Mamme, mogli, sorelle palestinesi, che aspettano l’esito dei suoi interventi e lo salutano come «il salvatore dei nostri figli». Il dottor Yuval, lo stesso uomo che la notte turba i loro sonni con il rombo ostile dell’elicottero.
Nel 2003 un gruppo di piloti inviò una lettera al primo ministro Sharon per protestare contro i «targeted killing» e «l’uso cinico della divisa». Yuval li giudica «imperdonabili». Lui che a terra restituisce la vita a bambini palestinesi senza speranza, la toglie dal cielo premendo un pulsante: «È terribile ma so che in questo modo salvo molte altre persone». Lo sa anche la moglie Tamar che condivide paure e tensioni nell’appartamento nella base militare di Palmachim, a nord di Gaza. Lo sanno i figli, che ogni giorno lo vedono uscire con il camice bianco e tornare in uniforme. Il più grande, Imry, partirà a breve per la leva, nella testa il suo paese e nel portafoglio la foto del padre.

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