giovedi` 15 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Il Riformista - Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.11.2007 "Particolari" dimenticati: per Hamas Israele non ha diritto ad esistere, nel 48 e nel 67 furono gli arabi ad attaccare
due articoli scorretti sulla Conferenza di Annapolis

Testata:Il Riformista - Corriere della Sera
Autore: Paola Caridi - la redazione
Titolo: «Senza gli arabi si rischiava l’effetto déjà vu - Medioriente, nodi da sciogliere per la pace»

Perché Hamas ha speso "parole di fuoco" contro la partecipazione della Lega araba alla conferenza di Annapolis ? Forse" per ricordare che sul piatto della discussione, magari rimandata al dopo Annapolis, c’è anche la spaccatura palestinese, che tutti considerano come una non-priorità, in questo momento." suggerisce Paola Caridi sul RIFORMISTA del 26 novembre 2007.
La spaccatura palestinese è stata provocata dal golpe di Hamas a Gaza, e prima dall'intransigente rifiuto di questa organizzazione alle richieste di riconoscimento di Israele e di rinuncia al terrorismo. Questo rifiuto è anche la causa, ovvia, della mancata partecipazione di Hamas alla Conferenza di Annapolis e delle "parole di fuoco" contro di essa. 

Ecco il testo completo:

Lo show deve ancora cominciare, la grande tenda sul palcoscenico è ancora tirata. E già tutti pensano al dopo Annapolis. Senza il documento comune condiviso da israeliani e palestinesi, della cui assenza Mahmoud Abbas ha parlato venerdì scorso, l’unico risultato che ci si può attendere dalla «grande occasione» del Maryland è che i numerosi patron di Annapolis si rimbocchino veramente le maniche.
Si ricomincerà - se si ricomincerà - dal dopo conferenza. Quando non solo gli Stati Uniti, ma gli europei e gli arabi avranno deciso che parte in commedia vorranno svolgere, e quanto vorranno spingere i riottosi protagonisti della vicenda mediorientale su di un binario diverso, dove si usi un metodo diverso rispetto a quello utilizzato per la road map. Stop con le condizioni prioritarie, come il rispetto delle diverse fasi della road map, e via libera a un percorso molto più stringente sulle questioni cruciali.
Se però i grandi analisti, gli strateghi, i diplomatici stanno già pensando al post, Annapolis è comunque lì. L’ennesimo luogo «della pace» da aggiungere alla lunga e defatigante lista delle location che in questi ultimi decenni hanno visto il circo della politica mondiale e del giornalismo accamparsi per un giorno o due, vivisezionare qualsiasi sguardo, parola, cenno dei protagonisti. E poi smontare velocemente le tende per tornare alla normale - si fa per dire - cronaca quotidiana del conflitto.
Come ogni vertice che si rispetti, comunque, anche l’incontro che domani si svolge nel Maryland ha i suoi atout. I suoi menu speciali. I suoi convitati inattesi. Si è già detto tutto degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Bush e della loro voglia di acquisire, prima della fine del mandato, almeno un risultato in un Medio Oriente deflagrato dopo l’apertura del vaso iracheno. Dei due comprimari, israeliani e palestinesi, uniti da una diversa e peculiare debolezza, anche. Degli europei, che non riescono a esprimere una politica comune credibile, nonostante - almeno sul fronte arabo-palestinese - la si chieda a gran voce, conosciamo tutte le fragilità.
L’unica vera new entry sono gli arabi. Su cui gli Stati Uniti, e soprattutto Condoleezza Rice, hanno lavorato davvero. Non bastavano, infatti, Egitto e Giordania, gli unici “sicuri” su cui Washington sapeva di dover contare. Anche se i rispettivi regimi sono segnati dalla debolezza tipica e pericolosa delle fasi di transizione, debolezza diversa, a seconda che si guardi a sud verso il Cairo, o a oriente verso le colline di Amman. Ci voleva qualcun altro, per rendere non solo credibile, ma anche percorribile il cammino che dovrebbe cominciare da Annapolis. E il punto interrogativo sull’Arabia Saudita è quello che ha veramente rannuvolato sino alla fine il cielo sopra il Maryland. La partecipazione di Ryiadh è stata definita dall’esperto ministro degli Esteri saudita, Saud al Faysal, come una partecipazione riottosa. Decisa solo per non rompere il fronte arabo, ha precisato il principe degli Ibn Saud, alla fine di una difficile riunione dei ministri degli Esteri della Lega Araba. Che la riottosità sia solo una espressione per alzare la posta, o la rappresentazione di uno scetticismo profondo, questo non è dato si sapere. Ma è certo che la presenza saudita cambia le carte in tavola, perché rimette gli arabi in gioco.
Ci saranno anche i i siriani, che fino all’ultimo hanno condizionato la loro presenza alla parola «Golan» scritta sulla lettera d’invito. Una parola che non era comparsa, facendo irritare non poco - dice qualche osservatore - la dirigenza siriana. La questione della presenza di Damasco, però, potrebbe essere più complessa. C’è infatti, tra gli analisti, chi ricorda Madrid, e il ruolo che la Giordania ebbe nel rappresentare in absentia l’Olp. La Siria, insomma, potrebbe rappresentare allo stesso modo almeno la parte di Hamas che ospita a Damasco. Anche se le parole di fuoco dei dirigenti di Hamas a Gaza contro la partecipazione della Lega Araba non sono certo un buon viatico. E forse sono state usate per ricordare che sul piatto della discussione, magari rimandata al dopo Annapolis, c’è anche la spaccatura palestinese, che tutti considerano come una non-priorità, in questo momento.
Gaza o non Gaza, the show must go on. Anche se quel miscuglio di indistinto, confuso, possibile, futuribile che è stato partorito alla vigilia di Annapolis continua a essere abbastanza perché la speranza - ancora una volta - non venga spenta del tutto. Poi, gli strateghi penseranno a come evitare che Annapolis venga considerato un fallimento.

Falsità sul CORRIERE.IT in un articolo che riassume i punti di contrasto tra israeliani e palestinesi .
In particolare al punto 4 leggiamo che "Ci sono più di quattro milioni di rifugiati palestinesi. Si tratta dei palestinesi cacciati dal territorio che nel 1948 divenne lo Stato di Israele e dei loro discendenti."
I "rifugiati" palestinesi comprendono coloro che nel 48 hanno lasciato la Palestina, o fuggendo dalle zone di combattimento o seguendo gli inviti dei capi arabi,
e i loro discendenti.

Al punto 5 Israele è descritto come un predatore d'acqua a danno dei palestinesi. In realtà la Cisgiordania, in assenza di un accordo sulle risorse idiriche, rifiutato a Camp David dai palestinesi, continua a essere rifornita da Israele.

Sia il problema dei rifugiati, sia l'unificazione di Gerusalemme vengono completamente decontestualizzati. Nel 1948 e nel 1967, nonostante l'autore dell'articolo finga di ignorarlo, ci furono delle guerre d'aggressione e di distruzione degli arabi contro Israele.

Ecco il testo:
 

Ecco le principali questioni relative al conflitto israelo-palestinese che dovrebbero essere negoziate dopo la conferenza internazionale di Annapolis.

1) CREAZIONE DI UNO STATO PALESTINESE E SUOI POTERI - I Palestinesi vogliono proclamare in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza uno Stato dotato di tutti gli attributi della sovranità. Israele ne chiede la demilitarizzazione, il controllo dello spazio aereo e delle frontiere esterne. Le due parti sono d’accordo sul principio di edificare un collegamento fra la Cisgiordania e Gaza che passi per il territorio israeliano.

2) TRACCIATO DELLE FRONTIERE PALESTINESI, SORTE DELLE COLONIE
Ufficialmente, i Palestinesi chiedono il ritiro israeliano da tutti i territori occupati dal giugno 1967, compresa Gerusalemme-est. Per il presidente palestinese Abu Mazen, i Palestinesi vogliono «uno Stato continuo entro le frontiere del 1967. La superficie della Cisgiordania e della Striscia di Gaza è di 6.205 km2 e noi vogliamo questi 6.205 km2». Si è tuttavia detto disposto ad accettare «qualche rettifica alle frontiere». Israele esclude categoricamente un ritorno alle frontiere anteriori al 1967. Vuole anche annettere le zone dove sorgono le più importanti colonie della Cisgiordania, dove vivono più di 250.000 coloni, principalmente intorno a Gerusalemme. I palestinesi chiedono lo smantellamento puro e semplice delle colonie. Nel 2005, Israele ha smantellato tutte le colonie della Striscia di Gaza e quattro insediamenti isolati in Cisgiordania.

3) STATUTO DI GERUSALEMME - Israele ha conquistato nel 1967 la parte orientale (araba) di Gerusalemme e l’ha annessa. Considera la città la sua capitale «indivisibile». I quartieri est della città vecchia di Gerusalemme sono i più pregni di significato perché vi si trovano sia la Spianata delle Moschee, sacra ai musulmani, che il Muro del pianto (il muro ancora in piedi dell’antico tempio di Erode distrutto dai romani, a sua volta sorto sulle rovine del tempio di Salomone, sacro agli ebrei). L’Autorità palestinese vuole fare di Gerusalemme-est la capitale di uno Stato palestinese e afferma che l’opzione non è negoziabile. Nel corso dei negoziati di Camp David nel 2000, l’allora primo ministro israeliano Ehud Barak infranse il tabù, proponendo per la prima volta una condivisione di sovranità su Gerusalemme-est, suggerendo che i quartieri arabi periferici passassero sotto sovranità palestinese e che quelli della città vecchia godessero di una vasta autonomia. Barak suggerì anche uno statuto speciale per la Spianata delle Moschee, costruita sul sito del Tempio ebraico distrutto, escludendo una sovranità palestinese. L’attuale Primo ministro israeliano Ehud Olmert ha lasciato intendere che Israele potrebbe cedere ai palestinesi alcuni quartieri di Gerusalemme-est.

4) SORTE DEI RIFUGIATI - Ci sono più di quattro milioni di rifugiati palestinesi. Si tratta dei palestinesi cacciati dal territorio che nel 1948 divenne lo Stato di Israele e dei loro discendenti. I palestinesi hanno sempre chiesto che Israele riconosca un diritto al ritorno e il reintegro delle proprietà rimaste sul suo territorio, conformemente alla risoluzione 194 dell’Assemblea generale dell’Onu. Israele rifiuta categoricamente questo «diritto al ritorno» che, se applicato, porrebbe fine al carattere ebraico dello Stato. Afferma di accettare che i rifugiati si stabiliscano nel futuro Stato palestinese.

5) CONTROLLO DELLE RISORSE IDRICHE - Israele si riserva l’80% delle falde freatiche del sottosuolo della Cisgiordania. I palestinesi pretendono una divisione più equa che tenga conto della crescita più rapida della popolazione palestinese e della cronica scarsità di acqua.

6) IL «CARATTERE EBRAICO» D'ISRAELE - Olmert vuole che i palestinesi riconoscano Israele «come lo Stato del popolo ebraico», come punto di partenza per i negoziati di pace. I palestinesi respingono tale richiesta poiché, secondo loro, significherebbe la rinuncia al "diritto al ritorno" in Israele dei loro rifugiati.

7) Il CALENDARIO - I palestinesi vogliono che venga fissata una data limite per la conclusione di un trattato di pace, preferibilmente prima della scadenza, nel gennaio 2009, del mandato del presidente americano Bush. Israele è contrario, sebbene il primo ministro Ehud Olmert abbia «auspicato» un accordo entro il 2008

Per inviare una e-mail alla redazione del Riformista e del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante


cipiace@ilriformista.it
lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT