Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Israele è cattiva anche quando fa concessioni cronache e analisi faziose
Testata:Il Messaggero - Il Manifesto Autore: la redazione - Michele Giorgio - Jamil Hilal Titolo: «Spiragli di dialogo tra Olmert e Abu Mazen - Olmert concede ancora - Annapolis punto e a capo»
Apprendiamo sul MESSAGGERO del20 novembre 2007, che i ripetuti attacchi con i razzi kassam da Gaza contro Israele, altro non sono che il "modo" in cu "Hamas manifesta il suo malumore per l'imminente Conferenza, dove a supo parere Abu Mazen si appresta a fare concessioni pericolose per i palestinesi". Il terrorismo, nel linguaggio del quotidiano romano, diviene un "reato di intifada". Ad illustrare l'articolo la fotografia di un "soldato israeliano appostato nei pressi di un villaggio in Cisgiordania" che prende la mira con un fucile spianato
L'argomento dell'articolo sono il rilascio di 441 detenuti palestinesi (che scendono a 440) e il blocco degli insediamenti decisi da Olmert. Disinformare e demonizzare Israele su questo tema poteva essere difficile, ma la redazione del MESSAGGERO c'è riuscita benissimo, con poche frasi all'interno dell'articolo e la "giusta" immagine.
Sul MANIFESTO Michele Giorgio nella foga di negare l'importanza dei passi israeliani, osserva, a proposito dei detenuti scarcerati che "Se si considera che ogni giorno mediamente l'esercito israeliano arresta una ventina di palestinesi, in meno di un mese sarà vanificata l'annunciata liberazione di prigionieri" L'esercito israeliano arresta i palestinesi coinvolti nel terrorismo. Secondo il giornalista comunista dovrebbero essere la sciati liberi ? La risposta di Giorgio e compagni naturalmente sarebbe "sì", ma ci si chiede come ci si possa aspettare che Israele la pensi allo stesso modo.
Ecco il testo:
Il faccia a faccia di ieri tra il premier Ehud israeliano Olmert e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen è servito a ben poco. Le due parti, a meno di clamorose sorprese, all'incontro di Annapolis, previsto la prossima settimana, non leggeranno la dichiarazione congiunta, sulla quale hanno discusso per giorni e giorni. Per Israele questo fallimento è solo un particolare secondario. Olmert, lo ha detto più volte, considera un «successo» anche solo lo svolgimento dell'incontro in terra americana. In ogni caso il premier israeliano avrà la possibilità di stringere la mano a leader arabi con i quali lo Stato ebraico non ha relazioni formali. Annapolis, come si temeva, si annuncia un vertice di pubbliche relazioni e ai palestinesi, persino all'accondiscendente Abu Mazen, questo proprio non va giù. A questo punto l'obiettivo del presidente palestinese - che nel frattempo ha accettato tutte le condizioni poste da Israele, a cominciare dalla lotta ai combattenti dell'Intifada a Nablus - è quello di ottenere un pieno sostegno arabo di fronte alla «normalizzazione» in cambio di nulla che Israele inseguirà ad Annapolis. Domani, quando Olmert vedrà il presidente egiziano Mubarak, si avrà una prima indicazione dell'atteggiamento che gli arabi avranno negli Usa. Per mitigare la frustrazione palestinese, ieri Olmert ha deciso che non verranno costruiti nuovi insediamenti ebraici in Cisgiordania (ma proseguirà l'estensione di quelli esistenti) e saranno smantellati gli avamposto colonici (promessa fatta da tutti i governi israeliani in questi ultimi anni ma mai mantenuta). Ha anche approvato la scarcerazione di 441 detenuti politici palestinesi. Se si considera che ogni giorno mediamente l'esercito israeliano arresta una ventina di palestinesi, in meno di un mese sarà vanificata l'annunciata liberazione di prigionieri.
La cirisi economica dell'Autorità palestinese, dovuta la mal governo , alla mancanza di libertà economica e alla guerra terroristica scatenata contro Israele sono , per Jamil Hilal, sociologo palestinese la prova che Israele vuole fare del futuro Stato palestinese un "bantustan"incapace di vita indipendente. Il dubbio che sarebbero i palestinesi a adoversi preoccupare di costruire il loro benessere e e il loro stato, anzichè investire soltanto in propaganda d'odio e armi per il terrorismo, non lo sfiora. Ecco l'articolo:
Non ci sarà un accordo di pace tra Olmert e Abu Mazen, perché la politica economica e le azioni dell'occupazione coloniale di Israele in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza puntano nella direzione opposta. Si dice, senza lasciare spazi a dubbi, che uno stato indipendente palestinese non fa parte dell'agenda politica israeliana e che la classe politica palestinese è troppo divisa e autoreferenziale per imporre la sua agenda politica, gli stati arabi non spenderanno il loro peso a sostegno dei diritti dei palestinesi, mentre gli Stati Uniti continueranno il loro incondizionato appoggio a Israele. D'ora in poi è responsabilità della dinamica sviluppata delle forze coscienti palestinesi di lavorare a una strategia di lungo termine per portare avanti l'ardua battaglia. Uno sguardo sulla realtà socioeconomica della Cisgiordania e di Gaza rivela quanto segue: la creazione attraverso muri, strade by-pass, checkpoint, espansione delle colonie (con una popolazione che si avvicina a mezzo milione di ebrei israeliani nella West bank), e il muro della segregazione che crea bantustan o riserve la cui entrata e uscita è completamente controllata da Israele, controllo delle risorse naturali (in particolare acqua e terra fuori dalle città e dai villaggi; controllo del commercio, e mantenimento dell'economia in cattività e in uno stato di non sviluppo. Gerusalemme è stata isolata dal resto della West bank, e quest'ultima è stata divisa in bantustan per controllarla meglio. L'intera West bank è isolata dalla striscia di Gaza. Tutto questo è noto e documentato nei dettagli, eppure ci sono ancora tra di noi coloro che credono che Israele sia pronta a riconoscere i diritti dei palestinesi e anche gli Stati Uniti (finanche dopo la lettera inviata da Bush a Sharon, il 4 aprile del 2004). Le azioni unilaterali di alterazione demografica avviate da Israele, del territorio e del paesaggio della West bank è dimostrato non solo dall'aumento del numero delle colonie, delle strade bypass (per uso esclusivo degli israeliani) e dalla trasformazione della striscia di Gaza in un campo di concentramento, ma anche dal controllo sulla terra, acqua, confini e sull'economia palestinese. I dati sull'economia palestinese evidenziano un'immagine di continuo processo di decrescita e aumento della dipendenza; il reddito lordo procapite è sceso tra il 2000 e 2006 del 23% mentre gli indici dei prezzi al consumo sono aumentati del 23,5%. Le importazioni (la maggior parte da e attraverso Israele) della West bank e Gaza sono aumentate, nello stesso periodo, del 12%, mentre le esportazioni sono diminuite del 16,3%, aumentando il deficit commerciale. La disoccupazione ha raggiunto il 27,9% nel primo quadrimestre del 2007 contro il 20,2% del terzo quadrimestre del 2000. Il tasso di povertà (misurata in base ai consumi invece che alle entrate) comprende il 30,8% delle famiglie palestinesi nel 2006, comparato al 10,4% nel settembre del 2000. Nel settembre 2007 un rapporto della Banca mondiale ha espresso allarme per il continuo deterioramento dell'economia palestinese dal settembre 2000 e in particolare dalla vittoria elettorale di Hamas nel gennaio 2006. Sottolinea il fatto che il pil è diventato più dipendente dall'aiuto esterno e dalle rimesse dall'estero, e che era diminuito di un terzo rispetto al livello del 1999. Conferma che dall'inizio del 2006, la West bank e la striscia di Gaza hanno visto la fuga massiccia di capitali e piccoli investimenti stranieri. Gli indicatori sanitari e sociali sono crollati. La partecipazione delle donne al mercato del lavoro è tra i più bassi del mondo. Tuttavia il rapporto della Banca mondiale si astiene dal chiedere la fine dell'occupazione israeliana come condizione necessaria per uno sviluppo socio-economico, anzi mette sullo stesso piano colonizzati e colonizzatori chiedendo a entrambi di «creare un ambiente in cui gli investimenti possano tradursi in crescita sostenibile». In particolare chiede all'Autorità palestinese di essere «orientata verso le riforme e di raggiungere l'autosufficienza fiscale», e ritiene sufficiente chiedere «la riduzione delle restrizioni di movimento per il popolo e le merci» e questi passi includono anche Gaza. Che lo sviluppo possa realizzarsi in condizioni di occupazione coloniale è una stupefacente illusione che l'esperienza palestinese da Oslo in poi dovrebbe avere ampiamente dissipato. Quello che i leader israeliani prevedono come stato palestinese è un ente satellite rappresentato da un'autorità di autogoverno nelle enclave lasciate libere nella West bank dopo le annessioni di Israele che includono il più possibile della terra, mentre escludono quanto più possibile le città e i villaggi palestinesi popolati, per contrastare l'emergere de facto di uno stato binazionale. Ogni negoziato di Israele per il ritiro ai confini fissati dalla linea verde del 1967, per lo smantellamento delle colonie, che riconosca il diritto di ritorno dei profughi palestinesi, e che riconosca Gerusalemme est capitale dello stato palestinese serve solo ad alimentare una illusione che ritarda l'articolazione di una strategia nazionale per liberare i palestinesi dalle catene degli insediamenti coloniali e il già istituzionalizzato apartheid.
Per inviare una e-mail alla redazione del Messaggero e della Stampa cliccare sul link sottostante