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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
13.11.2007 Fermare l'Iran per evitare una seconda Shoah
Veltroni in visita ad Auschwitz con l'ambasciatore israeliano Meir chiede maggiore fermezza sul dossier atomico

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Monica Guerzoni - Antonella Rampino
Titolo: «Veltroni ad Auschwitz parla di Iran necessari più rigore e fermezza - L’ambasciatore Meir Italia ferma l'Iran»

Dal CORRIERE della SERA del 13 novembre 2007

AUSCHWITZ — Ahmadinejad come Hitler, i missili puntati su Israele come le camere a gas di Auschwitz e Birkenau. Il paragone fa rabbrividire e l'ambasciatore di Israele in Italia, Gideon Meir, si stringe nel cappotto e lo dice in ebraico, davanti al monumento alla Shoah che il sindaco di Roma, Walter Veltroni, è venuto a onorare a Birkenau con fascia tricolore e 236 studenti al seguito.
«Proprio qui, oggi, è importante ricordare gli appelli del presidente dell'Iran a sterminare e cancellare dalla faccia della terra lo Stato d'Israele», scandisce l'ambasciatore con voce carica di emozione e i piedi affondati nella poltiglia di neve e di fango. «Ma la verità è che i suoi missili a lunga gittata sono in grado di colpire anche l'Europa — cerca di spezzare le resistenze il diplomatico —. Tuttavia, ancora una volta, il mondo tace. Ancora una volta il mondo sta a guardare in silenzio...».
Una denuncia dagli accenti drammatici, che l'ambasciatore ha voluto lanciare, in tempi in cui «aumentano revisionisti e negazionisti», davanti agli ebrei sopravvissuti alle fabbriche della morte naziste e in presenza del leader del Pd, cui Meir riconosce l'impegno «per evitare che si ripeta la tremenda catastrofe consumatasi qui soltanto una generazione fa». Sei milioni di ebrei uccisi, di cui un milione e mezzo erano bambini. «Con mio grande rammarico solo poche e isolate persone comprendono l'entità del problema e una di queste è Veltroni », cerca lo sguardo del sindaco il diplomatico israeliano, mentre ai giornalisti non sfugge che nelle tre cartelle di discorso manca ogni riferimento al ministro degli Esteri.
Il «grande amico del popolo ebraico e dello Stato d'Israele » che Meir più volte ringrazia, cui esprime «stima e rispetto per l'energica attività» contro la minaccia iraniana non è Massimo D'Alema infatti, ma il segretario del Pd.
«Da Auschwitz-Birkenau — conclude l'ambasciatore prima di salutare con i versi del profeta Isaia — io faccio appello ai leader europei, affinché si destino di fronte al pericolo che dall'Iran minaccia Israele e anche l'Europa e agiscano, per impedire una nuova Shoah».
E così, quando un cronista chiede a Veltroni di commentare le parole di Meir, il sindaco prende le distanze dalla linea aperturista della Farnesina. «Sì... La linea dell'Italia è di dialogo, ma con grande rigore e fermezza e non prescinde dalla necessità di garantire la sicurezza di Israele». Non prescinde, come dire che non può e non deve prescindere. E se D'Alema il mediatore è contrario a sanzioni unilaterali dei Paesi europei contro il programma nucleare degli ayatollah, Veltroni ritiene «importante che l'Europa si unisca su una posizione ferma e forte, che ottenga di fermare l'armamento nucleare dell'Iran».
Quando scende il buio e il freddo si fa più intenso, il segretario del Pd torna sulla questione e ribadisce che «la linea dell'Italia è realmente ispirata a grande rigore e cerca di utilizzare tutti gli strumenti di pressione politica e diplomatica» per fermare la corsa agli armamenti. Non una parola polemica nei confronti di D'Alema, ma la distanza tra le due posizioni è evidente.
E quando la delegazione italiana si sposta nel campo di Auschwitz e sfila oltre il cancello con la scritta Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi), di nuovo i giornalisti chiedono a Veltroni se concorda con l'ambasciatore Meir, che ha accostato la minaccia iraniana all'Olocausto degli ebrei. E il sindaco, con un sorriso amaro: «Il primo accostamento lo ha fatto Ahmadi nejad, avendo detto che non c'è stata la Shoah».
Forse, azzarda qualcuno, bisognerebbe portarlo qui e mostrargli i forni crematori e le montagne di valigie, spazzolini, capelli, abitini e scarpette di bambino... «Sì, il principe dei negazionisti è lui, il presidente dell'Iran — conclude Veltroni —. Anzi vi prego, non usiamo questa parola, meglio dire che è il capofila».

Antonella Rampino sulla STAMPA nelle sua cronaca esordisce con tono ironico:
Walter Veltroni è una delle poche personalità che Israele non iscriverebbe al famoso, virtuale, «Club di Monaco»
Sottolinea l'assenza di "disagio da parte di Veltroni, che è accanto all’ambasciatore mentre pronuncia parole che si fermano a un passo dalla vera e propria richiesta di intervento militare in Iran, come il presidente americano Bush vorrebbe."
non capiamo perché Veltroni sarebbe dovuto essere a disagio, perché la giornalista, invece di riferire le parole dell'ambasciatore, formuli ipotesi sul punto prima del quale  sarebbero state  "fermate" e sui presunti "desideri" di guerra di Bush.
La "
posizione del ministro degli Esteri D’Alema, e di Romano Prodi, per i quali la via maestra resta quella del dialogo" è presentata in una luce evidentemente favorevole, per chi già non sappia che il "dialogo" propugnato da Prodi e D'Alema si è fin qui risolto in un cedimento di fatto a Teheran. La distanza di veltroni dalla posizione dei virtuosi sostenitori del dialogo è sottolineata così:
"Per giunta, secondo Veltroni quello cui occorre puntare sono «risultati sulla sicurezza di Israele, che non può essere minacciata sistematicamente dall’Iran negazionista»." Per giunta Veltroni si preoccupa della sicurezza di Israele. Sono cose che non si fanno ?
 
Walter Veltroni è una delle poche personalità che Israele non iscriverebbe al famoso, virtuale, «Club di Monaco», ovvero all’insieme di coloro che nel ’38 sottovalutarono il pericolo nazista. Il sottile distinguo, che allarga ancora un po’ il campo nel Partito democratico, aumentando le differenze tra il segretario del Partito Democratico da una parte e il premier Prodi e il capo della Farnesina D’Alema dall’altra, arriva dall’ambasciatore di Israele in Italia. «L’Iran di Ahmadinejad costruisce armi di distruzione di massa che sono puntate contro Israele, ma non solo contro Israele poiché ha missili a lunga gittata, e di fronte a tutto questo ancora una volta il mondo tace, e l’Europa resta ancora inerte». Gideon Meir ha pronunciato ieri queste parole davanti al monumento alla memoria del milione e mezzo di morti del lager di Birkenau-Auschwitz. Lanciando un appello al sindaco di Roma, «Veltroni è di uno dei pochi a capire il problema, mi appello a lui perché si adoperi presso i leader europei, affinché capiscano che occorre impedire una nuova Shoah». Nessun disagio da parte di Veltroni, che è accanto all’ambasciatore mentre pronuncia parole che si fermano a un passo dalla vera e propria richiesta di intervento militare in Iran, come il presidente americano Bush vorrebbe. Anzi: la linea politica del Partito democratico, spiega, «resta quella della trattativa, ma con rigore e fermezza: l’Unione europea deve avere una posizione ferma e far sentire la propria forza, pretendendo dall’Iran dei risultati». Una posizione sottilmente distinta da quella del ministro degli Esteri D’Alema, e di Romano Prodi, per i quali la via maestra resta quella del dialogo. Per giunta, secondo Veltroni quello cui occorre puntare sono «risultati sulla sicurezza di Israele, che non può essere minacciata sistematicamente dall’Iran negazionista».

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