Israele chiede la sostituzione di El Baradei per la sua parzialità a favore di Teheran
Testata: L'Opinione Data: 09 novembre 2007 Pagina: 1 Autore: Dimitri Buffa Titolo: «El Baradei incapace di fermare Teheran»
Da L'OPINIONE del9 novembre 2007:
La notizia l’ha data di buon mattino Shaoul Mofaz, ex ministro della difesa e attuale ministro dei trasporti nel governo Olmert, alla radio israeliana: “Israele chiederà ufficialmente all’Onu di sostituire Mohammed El Baradei alla guida dell’Aiea”. Cioè l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della non proliferazione nucleare. Ritenuta sotto la sua gestione praticamente una “fiancheggiatrice del programma nucleare iraniano”. Nei giorni scorsi c’era stata un’intensa campagna di stampa da parte di media statunitensi e israeliani proprio in questa direzione. Campagna culminata con un editoriale pubblicato ieri dal Wall Street Journal dal titolo molto sarcastico: “Quei super segugi delle Nazioni Unite”. Altre indiscrezioni di stampa in passato avevano parlato della conflittualità di interessi di El Baradei con l’Iran, a causa dei parenti della moglie.
All’interno dell’editoriale del Wall Street Journal di ieri venivano elencate le sviste e i fallimenti di El Baradei con l’Iran, ma anche con la Siria e la Libia. E si ironizzava sulle richieste dello stesso El Baradei di avere da Washington e Gerusalemme “quelle prove che hanno portato lo scorso 6 settembre al bombardamento congiunto del sito nucleare siriano”. Quello in allestimento nel deserto vicino alla città di Al Tibnah. El Baradei è sotto accusa per i risultati: tre anni di trattativa con Teheran e il risultato sembra sostanziarsi con le dichiarazioni di mercoledì scorso di Mahmoud Ahmadinejad che annuncia al mondo che “il programma nucleare iraniano non lo ferma nessuno” e che “sono già in funzione 3 mila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio”. Una situazione intollerabile per gli Stati Uniti ma ancora di più per lo Stato ebraico.
Che nei proclami del dittatore di Teheran è da tempo il bersaglio numero uno di un’eventuale arma atomica in mano all’Iran. Tanto che alcune voci del Pentagono raccolte dal Times di Londra di oggi parlano di una viva preoccupazione da parte di Washington per un possibile “first strike” israeliano in queste settimane. Secondo fonti militari statunitensi, citate dal giornale, l’esistenza di un numero così elevato di centrifughe attive potrebbe essere l’ “elemento scatenante” per un attacco israeliano. Il Pentagono esita a intervenire militarmente contro l’Iran, si legge sul quotidiano, ma per alcuni funzionari, quella di Israele “è una questione diversa”. Secondo gli esperti statunitensi, tremila centrifughe operanti a pieno regime potrebbero arricchire uranio a sufficienza per un ordigno atomico nell’arco di un anno. I timori per un eventuale attacco allo Stato ebraico sono così divenuti più forti, si legge sul Times, dopo il raid del 6 settembre scorso all’interno del territorio siriano.
Viene anche interpellato l’esperto israeliano Efraim Inbar, del Centro per gli studi strategici Begin-Sadat di Tel Aviv, secondo cui “tremila centrifughe testimonierebbero la capacità di Teheran di produrre materiale nucleare per una testata nucleare”. “Non sarei sorpreso se facessimo qualcosa, se la comunità internazionale ci lascerà da soli - ha dichiarato al Times l’esperto israeliano - penso che ci stiamo preparando per questo”. E a qualche ora dall’annuncio di Ahmadinejad, anche il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha affermato che un’operazione militare resta un’opzione possibile per far fronte alla minaccia nucleare iraniana, come si legge oggi sul quotidiano israeliano The Jerusalem Post. “Non possiamo escludere nessuna opzione e dobbiamo studiare gli aspetti operativi”, ha detto Barak durante un incontro del Partito Laburista a Beersheba, precisando che “non si tratta di un lavoro che impiegherà solo i prossimi mesi, ma i prossimi due anni”.
Intanto l’America ha messo nel mirino dell’Interpol e dell’Fbi, per i sanguinosi attentati alla comunità ebraica argentina del luglio 1994 (oltre 100 morti), gli uomini più importanti dell’intelligence iraniana. Si tratta di Mohsen Rezai, ex capo della Sepah Pasdaran, di Ali Fallahian, ex ministro dell’Informazione e dei servizi segreti e di altri 4 personaggi del regime dei mullah. Per la cronaca, nel novembre del 2006 la magistratura argentina aveva spiccato un ordine di arresto contro 8 iraniani tra cui l’ex presidente Hashemi Rafsanjani, il vero mentore di Ahmedinejad, e l’ ex ministro degli esteri dei mullah Ali Akbar Velayati.
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