Su EUROPA del 30 ottobre 2007 grande rilievo viene dato alle accuse dell'Unione Europea a Israele, rea di infliggere ai palestinesi una "punizione collettiva" se sospenderà, per brevi periodi e senza creare problemi umanitari, le forniture di carburante ed elettricità, finchè continueranno i lanci di razzi kassam
Ecco il testo:
«Una punizione collettiva». L’Unione Europea ha così stigmatizzato la decisione di Israele di tagliare i rifornimenti di carburante verso la Striscia di Gaza, controllata da giugno dal partito filoislamico Hamas, a causa dei continui lanci di missili provenienti dalla regione.
Gerusalemme ha iniziato domenica a ridurre la quantità di combustibile destinato alla principale centrale elettrica della Striscia, da 360 mila litri al giorno a 273 mila. Inoltre, secondo Naharu al Hismawy, direttore del principale centro di distribuzione di benzina a Gaza, Israele ha ridotto da 300 mila a 213 mila litri al giorno (circa il 30 per cento) anche la quantità di benzina che fornisce ai Territori palestinesi controllati da Hamas. Anche se al ministero della difesa israeliano si parla di una riduzione di circa il 14 per cento, a seconda del tipo di carburante, e di tagli limitati all’elettricità, di circa l’un per cento per 15 minuti al giorno, che potrebbero iniziare già oggi in quelle zone della Striscia da cui vengono lanciati i qassam. Un intervento, secondo Israele, che peserà minimamente sui cittadini di Gaza ma invierà «un segnale» ad Hamas.
Già venerdì scorso il ministro della difesa israeliano, Ehud Barack, aveva dato il via libera alla mossa punitiva. Un’azione, appunto, in risposta ai continui attacchi di razzi qassam provenienti dalla Strisci di Gaza, è stata la spiegazione di Gerusalemme.
«Comprendiamo il pericolo che corre Israele a causa dei continui attacchi missilistici da Gaza – ha affermato il commissario europeo per le relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner dopo il suo incontro con il premier israeliano Ehud Olmert a Gerusalemme – ma queste nuove sanzioni avranno delle conseguenze molto gravi per la vita della popolazione locale e serviranno soltanto a rafforzare Hamas».
«Non si dovrebbe ricorrere a queste punizioni collettive », ha concluso il commissario.
Anche la Francia ha biasimato le nuove sanzioni di Gerusalemme. Secondo Parigi, queste contribuiscono a deteriorare una «situazione umanitaria già allarmante».
«Deploriamo la decisione d’Israele di adottare sanzioni che toccano la popolazione civile della Striscia, tramite restrizioni sulla fornitura di elettricità e di combustibile», ha dichiarato il portavoce del ministero degli esteri, Pascale Andreani. «La popolazione non deve né essere presa in ostaggio, né punita collettivamente», ha aggiunto il portavoce del Quai d’Orsay, che ha però tenuto a sottolineare come la Francia condanni «fermamente il lancio di razzi provenienti da Gaza».
Anche la La Russia condanna la volontà di «isolare » Gaza: «l’isolamento e le rappresaglie che colpiscono le necessità più vitali della popolazione civile hanno poche possibilità di essere un mezzo di lotta contro l’estremismo», ha dichiarato il ministero degli Esteri russo in un comunicato.
Intanto nella Striscia si continua a sparare; ieri un soldato israeliano e due militanti di Hamas e un civile palestinese hanno perso la vita in scontri a fuoco, mentre il movimento islamico ha continuato a bombardare a colpi di mortaio e qassam i valichi di frontiera.
Israele è pertanto tornato a minacciare ulteriori tagli alle forniture alla Striscia di Gaza se continueranno gli attacchi missilistici. «Inviamo un segnale ai palestinesi, diciamo che la tendenza è quella del disimpegno: Israele non continuerà a fornire quello di cui hanno bisogno se continueranno a lanciare qassam contro di noi», ha detto Shlomo Dror, portavoce di un organismo delle Forze armate israeliane che coordina la politica del governo con i militari.
Se Hamas sceglierà di continuare a sostenere il lancio di missili contro il territorio israeliano «allora dovrà cominciare a pensare a come far arrivare il carburante, magari attraverso l’Egitto, e come costruire una propria centrale elettrica», ha concluso Dror.
AVVENIRE denuncia la "nuova vittima" dell' "assedio israeliano": la nazionale della Palestina di calcio: nessun cenno ai lanci di razzi kassam e alle vittime che hanno provocato
L’assedio israeliano alla Striscia di Gaza ha fatto una nuova vittima: la nazionale della Palestina di calcio. È questa la denuncia dell’Unione calcistica palestinese, che ha chiesto alla Fifa di fissare una nuova data per la gara di qualificazione ai mondiali del 2010 in programma domenica a Singapore, dove la nazionale non è mai arrivata perché a sei giocatori non è stato dato il permesso di lasciare la Striscia di Gaza. In realtà la qualificazione è compromessa dall’andata (0-4 sul neutro di Doha) e, d’altra parte, la squadra è composta comunque per lo più da giocatori provenienti dalla Cisgiordania e da altri Paesi come la Giordania, l’Egitto e il Cile che non avrebbero avuto problemi a partire. Ma i palestinesi vogliono far valere la questione di principio e far annullare la sconfitta a tavolino, anche per chiedere un intervento della Fifa su Israele. È improbabile, tuttavia, che la spuntino.
Michele Giorgio sul MANIFESTO dà naturalmente il massimo rilievo alle accuse di Onu e Ue a Israele.
Aggiunge affermazioni che non trovano sugli altri quotidiani. : la morte del 77enne Nemer Shuheibar è riferita, oltre che dal quotidiano comunista dal blog propagandistico Palestinian Times
http://palestiniantimes.blogspot.com/
Lecito dubitare della veridicità della notizia.
Ecco il testo:
È sempre più buia la notte di Gaza city. I lampioni ancora funzionanti illuminano il lungomare, mentre in molte strade dei quartieri più poveri e nei campi profughi sono soltanto i fari delle automobili a squarciare l'oscurità. Nelle vie prive di luce, gli esseri umani sono ombre senza volto che si muovono veloci accompagnate da voci che sembrano provenire dal nulla. Ma se oggi l'energia elettrica disponibile è insufficiente a coprire la domanda, tra qualche giorno le cose andranno peggio. La Comunità internazionale però ha risposto duramente alle misure di Tel Aviv. Il segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, ha parlato di «misure inaccettabili che colpiscono l'intera popolazione». «Ritengo che una punizione collettiva non rappresenti mai una soluzione» ha dichiarato ieri a Gerusalemme Benita Ferrero-Waldner, commissario per le relazioni esterne dell'Unione europea. «Non provocheremo un'emergenza umanitaria», si era affrettato a precisare il premier Olmert al termine dell'incontro di venerdì scorso con il presidente palestinese Abu Mazen, pur sapendo che le misure approvate avranno conseguenze gravi per la popolazione civile: la Striscia consuma circa 200 megawatt di energia elettrica, 120 dei quali sono forniti da Israele, 17 dall'Egitto e 65 di produzione locale. E ieri il procuratore generale Menachem Mazuz ha bloccato temporaneamente la decisione - presa dal ministro della difesa Barak - di tagliare l'elettricità, proprio perché sarebbe in contraddizione con l'intento «di non provocare un'emergenza umanitaria». Un anno fa, dopo la cattura del caporale Ghilad Shalit da parte di un commando palestinese, i cacciabombardieri israeliani colpirono l'unica centrale di Gaza che produceva un centinaio di megawatt. Da allora le attività delle persone sono scandite dalle ore in cui è disponibile la corrente elettrica. A Gaza sanno che l'obiettivo vero di Israele non sono i Qassam, ma il controllo della Striscia che da metà giugno è nella mani di Hamas. «Ci hanno tagliato la benzina, poi sarà la volta della luce e dell'acqua, infine non avremo più neanche le candele», si lamenta Kamal Masri, mentre aspetta il suo turno in una stazione di rifornimento nel campo profughi di Shate. La mancanza di benzina e quella probabile dell'elettricità lo preoccupano più dell'offensiva di terra minacciata dai comandi israeliani. «Desideriamo una vita tranquilla, ma ci preme di più la libertà - dice - perciò non abbiamo paura di morire e se gli israeliani verranno qui sanno che a rimetterci la pelle non saranno solo i palestinesi ma anche i soldati». In attesa del peggio, la penuria crescente di merci, prodotti, specie quelli non di prima necessità, sta trasformando Gaza in una zona franca per i traffici clandestini e la borsa nera. Fumare a Gaza è diventato un lusso, le sigarette sono rare e i prezzi sono saliti alle stelle. Non solo, ma il tabacco sta alimentando una nuova guerra tra Hamas e Fatah. Il movimento islamico, alla disperata ricerca di fondi a causa dell'isolamento in cui viene tenuto, deve affidarsi alla «creatività» dei suoi uomini per racimolare i milioni di dollari per pagare, ogni mese, gli stipendi agli uomini della sua Forza Esecutiva e agli impiegati dei ministeri. «Hamas esercita il monopolio sulla vendita delle sigarette - racconta Abdel Rahman, che si descrive come un commerciante intraprendente che ora vive con la borsa nera - per questo il prezzo di un pacchetto di sigarette di marca internazionale è molto alto, otto anche dieci dollari, un costo che non è per le tasche di tutti. Per le sigarette egiziane (che entrano a Gaza grazie ai tunnel sotterranei assieme a molte altre merci, armi incluse) invece ci vogliono quattro dollari. Potrebbero costare meno ma le imposte di Hamas tengono alto il prezzo. Vendo anche sigarette sfuse, persino una per volta». Il flusso di soldi che entra ogni giorno nelle casse del movimento islamico esce in gran parte dalle tasche dei sostenitori del partito di Abu Mazen. I fumatori a Gaza sono in prevalenza vicini a Fatah o ad altre formazioni laiche, perché Hamas scoraggia il fumo tra i suoi militanti e simpatizzanti in quanto contrario allo stile di vita sobrio del musulmano osservante. E il giro d'affari è destinato a continuare visto che all'uscita dai tunnel con l'Egitto ora i contrabbandieri non trovano più gli agenti della polizia dell'Anp pronti a chiedere la «tassa di passaggio» ma le «guardie di frontiera» di Hamas. In piccola scala si è riprodotto quel sistema di tangenti ben collaudato che avevano messo in piedi gli uomini di Mohammed Dahlan, pronti come ad un casello autostradale a riscuotere il «pedaggio» da importatori ed esportatori palestinesi in transito per il valico di Karni. Con il tabacco il colpo grosso lo ha fatto Abu Taha, un grossista di Khan Yunis. Hamas gli avrebbe venduto per sei milioni di dollari i magazzini pieni di merci, tra cui molte migliaia di stecche di sigarette, sequestrate dalla guardia presidenziale dell'Anp (impiegata fino allo scorso giugno al valico di Rafah), tra i viaggiatori di ritorno dall'Egitto. A sua volta Abu Taha, riferiscono i ben informati, ha rivenduto le sigarette ai commercianti, realizzando un guadagno netto di 2,5 milioni dollari. «Sino a quando Israele farà entrare a Gaza solo alimenti di prima necessità, carburante (vicino anch'esso al blocco come l'elettricità, ndr), medicine e foraggio per gli animali, tutto il resto sarà oggetto di forti speculazioni. I grossisti e i commercianti tenderanno ad accumulare le merci per rivenderle a prezzi più alti», prevede il giornalista Salim Abu Ramadan. In questo clima favorevole agli speculatori si comprende perché il prezzo di 50 kg di cemento - merce oggi tra le più rare a Gaza - sia passato dai 20 shekel (3,5 euro) di quattro mesi fa ai 270 (48 euro) di oggi. Una risma di carta per fotocopiatrici costa 120 shekel contro i 60 di qualche settimana fa. Lo stesso vale per il legno e le coppie di sposi per non pagare cifre astronomiche comprano mobili usati persino 2-3 volte in precedenza. I giocattoli per bambini sono diventati un lusso. «Siamo impegnati a Gaza con un progetto educativo per bambini e perciò compriamo anche giocattoli - racconta Sami, impiegato presso una Ong italiana - ma ora i costi sono esorbitanti». Se le merci non entrano, gli esseri umani non escono. Non possono lasciare Gaza 670 studenti iscritti in università all'estero perché, secondo l'esercito, il loro trasposto alla frontiera con l'Egitto esporrebbe i militari di scorta al «lancio dei Qassam». Persino i malati cronici o bisognosi di cure urgenti spesso si sono visti sbattere la porta in faccia nelle ultime settimane. A Munir Mahmud, 43 anni, ammalato di cancro, gli israeliani hanno detto che per lasciare Gaza dovrà pagare 1.300 dollari alle guardie di sicurezza incaricate di scortarlo dal valico di Erez al confine con la Giordania, da dove potrà raggiungere un ospedale di Amman. «Non posso pagare quella cifra, in questo modo mi hanno condannato a morte», riferisce dal suo letto di malattia. L'associazione israeliana «Medici per i diritti umani», è riuscita a far uscire da Gaza una cinquantina di malati gravi ma altri 88 rimangono in attesa con l'angoscia di perdere la vita. Nelle ultime settimane sono morti almeno quattro palestinesi gravemente ammalati, ai quali era stato negato il permesso, talvolta quando erano già ad Erez e pronti a salire sulle ambulanze. L'ultimo è Nemer Shuheibar, di 77 anni, rimasto per giorni tra la vita e la morte. Anche lui era un «pericolo per la sicurezza».
Intanto il procuratore generale israeliano Menachem Mazuz ha proibito per il momento tagli alla fornitura elettrica di Gaza.Da La REPUBBLICA:
GERUSALEMME - Il procuratore generale israeliano Menachem Mazuz ha proibito per il momento tagli alla fornitura elettrica di Gaza, come minacciava il ministero della Difesa in risposta al lancio di razzi Qassam. Mazuz, che ha esaminato un rapporto dell´avvocato generale militare, ha stabilito che Israele ha il diritto di tagliare i legami economici e commerciali con la Striscia, definita il mese scorso «entità nemica». Tuttavia, per quanto riguarda l´elettricità, il procuratore generale ritiene che il tema vada approfondito prima di poter autorizzare questa misura, per il rischio di aggravare la crisi umanitaria nella Striscia. La decisione di Mazuz è arrivata in seguito a numerosi ricorsi presentati all´Alta Corte israeliana da decine di associazioni per la difesa dei diritti umani
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