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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - La Repubblica Rassegna Stampa
26.09.2007 Il prode Ahmadinejad sfida le grandi potenze all'Onu
due cronache acritiche, non oggettive

Testata:La Stampa - La Repubblica
Autore: Francesco Semprini - Arturo Zampaglione
Titolo: «Ahmadinejad: gli Usa i veri tiranni planetari - Bush evita l´affondo contro l´Iran»

Il 26 settembre 2007, alcuni quotidiani riportano in modo acritico le enormità pronunciate da Ahmadinejad all'Assemblea generale dell'Onu.
Non si tratta di oggettività, perché la propaganda di un tiranno come Ahmadinejad andrebbe apertamente riconosciuta come tale e smontata.
Le violazioni dei diritti umani in Iran, il sostegno al terrorismo, il negazionismo di Stato, la volontà di distruggere Israele, l'inganno a danno della comunità internazionale sul nucleare sono fatti noti. Ometterli quando si riportano le menzogne di Ahmadinejad significa, quanto meno, non informare adeguatamente.

Da La STAMPA, l'articolo di Francesco Semprini (pagina 12)
Il prode Ahmadinejad dichiara "la fine dei nuovi imperi", annuncia
"la chiusura del dossier nucleare",   "è ancora una volta protagonista di un’invettiva a tutto campo contro le grandi potenze e i loro alleati":

Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad sfida George W. Bush dalla scranno dell’Onu dichiarando la fine dei nuovi imperi e annuncia la chiusura del dossier nucleare. Nell’aula semivuota delle Nazioni Unite, disertata dai membri della delegazione americana, Ahmadinejad è ancora una volta protagonista di un’invettiva a tutto campo contro le grandi potenze e i loro alleati. «E’ giunta la fine dei nuovi imperi, quelli nati dopo la Seconda guerra mondiale e ispirati ai principi del materialismo», ha dichiarato il presidente iraniano nel corso dei lavori della 62esima Assemblea Generale. «I diritti umani sono stati ampiamente violati da certe potenze specie da quelle che ritengono di avere il monopolio del potere», avverte il capo della Repubblica islamica secondo cui «creare prigioni segrete, rapire persone, processare e punire la gente calpestandone ogni diritto, così come intercettare le telefonate, sono diventate pratiche comuni e prevalenti». A causa di questi metodi «i diritti umani sono stati annullati e le famiglie distrutte a favore degli interessi del profitto delle grandi aziende - specie dei Paesi monopolistici - e dei loro amici», incalza Ahmadinejad convinto che «anche i diritti e la dignità del popolo americano sono stati sacrificati»
Sul piano internazionale queste potenze hanno preteso di invadere con la forza Stati sovrani «adducendo falsità e menzogne». E’ il caso dell’Iraq, ricorda, «occupato con la scusa di trovare le armi di distruzione di massa e di fermare Saddam Hussein: ebbene il regime è caduto e le armi non sono state trovate, eppure l’occupazione continua». Ma è senza dubbio il popolo palestinese quello che, secondo il leader iraniano, paga i costi più alti della politica dei nuovi imperi, subendo da anni «l’occupazione illegale del regime sionista» e scontando la sola colpa di «lottare per la libertà», perché «alcune potenze pensano di avere più diritti di altre», e le grandi istituzioni internazionali ne escono indebolite, dice il presidente, convinto che il potere del Consiglio di Sicurezza sia «ormai ossidato». «L’Iran comunque - aveva assicurato in mattinata in un intervista - non lancerà attacchi né contro Israele né contro altri Paesi».
L’attenzione della platea presente nella grande sala del Palazzo di Vetro viene realmente catalizzata solo dalle dichiarazioni sul dossier dei piani di Teheran per lo sviluppo dell’energia atomica: la «questione nucleare dell’Iran è ora chiusa» avverte Ahmadinejad spiegando che il programma del Paese sarà sottoposto al controllo dell’agenzia incaricata dalle Nazioni Unite. «Anche perché - continua - la scala industriale per lo sviluppo di un ciclo combustibile nucleare per scopi pacifici» è ormai raggiunta.
«L’Iran sarà sempre pronto ad aver colloqui costruttivi con tutte le parti», ha aggiunto il presidente iraniano che ha puntato il dito contro «alcune potenze arroganti per aver abusato» del Consiglio di Sicurezza al fine di «accusare l’Iran, minacciarlo militarmente e imporgli sanzioni illegali». Invece l’Iran ha deciso di seguire la strada della trasparenza permettendo il monitoraggio dei propri programmi nucleari, aggiunge, «attraverso il controllo previsto dalle procedure legali» stabilite dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica, l’organismo dell’Onu autorizzato per la vigilanza.
In una crisi che occupa ampio spazio nell’agenda del Consiglio di Sicurezza, Ahmadinejad risponde così al presidente francese Nicolas Sarkozy e al cancelliere tedesco Angela Merkel che avevano sottolineato il potenziale destabilizzante rappresentato da un Iran dotato della bomba atomica. Ma è soprattutto al presidente americano George W. Bush che aveva paventato sanzioni più severe che si rivolge indirettamente il leader iraniano definendo in una successiva conferenza stampa, il «dossier nucleare chiuso come questione politica», di cui non «voglio più parlarne né con gli Usa né con altri Paesi».

L'articolo di Arturo Zampaglione da La REPUBBLICA , che non trova nulla da ridire su Ahmadinejad, ma solo sul fatto che( in occidente)   si continua a parlare molto - troppo - di guerra (pagina 9):

NEW YORK - Occhi, luci e telecamere sono tutti puntati su di lui. Dopo lo show di lunedì alla Columbia University, le vecchiette protestano nei pressi del Palazzo di Vetro paragonandolo a Hitler, mentre i media americani fanno a gara per una intervista. Il Congresso approva in modo frettoloso e bipartisan un blocco degli investimenti esteri (soprattutto europei) in Iran. E dal palco di granito dell´assemblea generale c´è chi lo osanna (Manuel Ortega, Nicaragua), chi lo minaccia (Nicolas Sarkozy, Francia) e chi lo ignora strumentalmente (George W. Bush, Stati Uniti). Insomma, è lui, Mahmoud Ahmadinejad, la vera star del summit annuale dell´Onu, che si apre a Manhattan in un clima di stato d´assedio.
Le strade del centro sono presidiate da migliaia di agenti dal grilletto facile, ai camion è vietato l´accesso, spesso anche i convogli dei capi di Stato e dei ministri si arenano nel traffico, a dispetto delle corsie preferenziali e delle scorte. Gli unici che sembrano muoversi senza problemi sono Bush e Ahmadinejad. I due arcinemici si rincorrono e si inseguono a distanza, ma i loro occhi si incrociano solo una volta: quando il presidente americano parla martedì mattina all´Onu e l´iraniano lo ascolta seduto in platea.
Chi si aspetta una denuncia frontale, violenta, come quella del 2002 contro Saddam Hussein, che fu la premessa dell´attacco militare contro l´Iraq, resta deluso: Bush preferisce sorvolare sull´Iran. Quando è il turno del discorso di Ahmadinejad, nel pomeriggio, Bush non c´è più.
«Sarà il solito intreccio di bugie e propaganda», spiegano i collaboratori del presidente americano, forse infastiditi dall´inaspettato trionfo dell´iraniano nel teatro della politica internazionale.
Poco prima che il presidente dell´Iran, dalla corporatura gracile e i vestiti senza "glamour", parli alla 62ma Assembla generale, e poi in una conferenza stampa - denunciando e attaccando, promettendo che ha solo scopi pacifici e difendendosi dalla accuse occidentali - qualcun altro si sente in dovere di intervenire sul dossier dell´atomica. Il cancelliere tedesco Angela Merkel preannuncia un inasprimento delle sanzioni in caso di mancata collaborazione dell´Iran. Il presidente del Nicaragua Ortega ironizza invece sulla volontà americana di bloccare l´Iran, anche se sono stati gli Stati Uniti a usare per primi la bomba atomica sulle popolazioni civili e a disporre del più temibile arsenale nucleare della storia.
Il francese Sarkozy, al suo primo intervento al Palazzo di Vetro, è chiarissimo: «Non ci sarà pace nel mondo se la comunità internazionale vacillerà di fronte alla proliferazione nucleare», dice il successore di Chirac, sempre più allineato sulle posizioni di Washington. «Se permetteremo all´Iran di disporre di armi nucleari ci saranno rischi inaccettabili per quella regione e per il mondo. La debolezza e la rinuncia non portano alla pace, ma alla guerra», conclude Sarkozy, chiedendo che fermezza e dialogo vadano a braccetto.
Nessuno si aspetta grandi novità diplomatiche su Teheran in questi giorni iniziali dell´Assemblea dell´Onu. Certo, se ne parla molto in aula, nei think-tank di politica estera e soprattutto nei corridoi, anche in preparazione di una riunione ad hoc del Consiglio di sicurezza. Per non essere da meno, anche la Camera dei rappresentanti ieri si è occupata della questione, votando ieri a larga maggioranza (397 contro 16) una legge contro gli investimenti di Paesi esteri in Iran, che irriterà gli europei, i più colpiti dal provvedimento.
Intanto un rapporto della Freedom House, un´organizzazione finanziata dal governo americano, conclude che la democrazia iraniana è sempre più fragile e in difficoltà. E in una intervista ad Al Jazeera l´ammiraglio William Fallon, comandante delle forze americane in Medio Oriente, si mostra scettico nei confronti di un attacco militare. Eppure si continua a parlare molto - troppo - di guerra.

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