Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
D'Alema chiede aiuto all'Iran, Diliberto vuole ritirarsi il governo italiano e il rapimento dei due soldati a Herat
Testata:La Stampa - Corriere della Sera Autore: Maurizio Molinari - Paola Di Caro - un giornalista Titolo: «D’Alema all’Onu chiede aiuti a tutti, anche all'Iran - Via le truppe E si apre il caso Diliberto - Nessuna decisione sotto ricatto»
Chiedere aiuto al governo di Kabul, ma anche all'Iran, che, nel momento stesso in cui più o meno apertamente si propone come mediatore, rivela il sul ruolo di promotore del terrorismo in Afghainistan ( e che certo non fornirà il suo aiuto per mera sensibilità umanitaria ). O addirittura ritirarci. Di fronte alla scomparsa dei due militari italiani a Herat, le soluzioni prospettate all'interno della maggioranza di governo sono queste.
Di seguito, la cronaca di Maurizio Molinari sulle mosse del ministro degli Esteri Massimo D'Alema. Ecco il testo:
«Ho trovato grande sensibilità da parte di tutti». All’uscita dalla riunione del comitato ministeriale sull’Afghanistan, al Palazzo di Vetro, è Massimo D’Alema a raccontare come a margine dei colloqui abbia chiesto aiuto e collaborazione a «Paesi amici e partner» per fare fronte all’emergenza scaturita dalla scomparsa di due militari italiani nella regione di Herat. «Ho sollecitato l’aiuto dei partner», spiega il capo della Farnesina, ricostruendo così il colloquio con il presidente afghano Hamid Karzai che pure dopo il rapimento Mastrogiacomo aveva detto di non voler più trattare con i terroristi: «Gli ho parlato dei due militari, mi ha informato di cosa stanno facendo e subito dopo il suo consigliere per la sicurezza ha chiamato al telefono il governatore di Herat», la provincia dell’Afghanistan occidentale ai confini con l’Iran. Teheran è un interlocutore obbligato nella crisi, essendo fra l’altro il protettore politico di Gulbuddin Hekmatyar, il capo dei mujaheddin le cui milizie operano proprio a Herat, ed anche per questo il ministro degli Esteri si è soffermato al Palazzo di Vetro con il collega iraniano Manouchehr Mottaki. «Mi ha detto che non disponeva di informazioni, ma ha chiesto alle autorità iraniane di collaborare con chi sta conducendo le indagini per ritrovare i nostri militari scomparsi», ha spiegato D’Alema, che ha poi affrontato la questione anche con il Segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice. La girandola di incontri diplomatici ha lasciato in D’Alema la convinzione di aver «trovato sensibilità da parte di tutti» e proprio tali convergenze serviranno ora a Roma per tentare di appurare la sorte dei militari in una nazione dove, come ha spiegato lo stesso ministro degli Esteri, «mentre una parte non piccola sta ritornando alla normalità restano zone dove le attività violente aumentano». Fra i 17 ministri partecipanti al summit sull’Afghanistan la Rice e il plenipotenziario Miguel Moratinos sono stati fra i primi ad esprimere solidarietà all’Italia, riscontrando nella scomparsa dei due soldati - che potrebbero essere stati rapiti - l’esistenza in alcune aree del Paese di quella che il comunicato finale dell’Onu ha definito «una situazione drammatica alla luce dell’aumento della violenza e delle attività terroristiche di taleban, Al Qaeda, gruppi armati illegali, criminali e narcotrafficanti». Per il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki moon, si tratta di «sfide enormi alle quali dobbiamo fare fronte». E la linea di marcia scelta è stata quella di ribadire la necessità di affiancare «lotta al terrorismo, aperture al dialogo e impegno per ricostruzione e sviluppo», come ha riassunto Massimo D’Alema, ribadendo l’impegno del governo a sostegno delle scelte dell’Onu, nonostante le prese di posizione di alcuni esponenti della maggioranza di centrosinistra che hanno rilanciato la richiesta di un ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Le promesse di aiuto per ritrovare i militari raccolte da D’Alema all’Onu aprono la strada ad una collaborazione di intelligence dalla cornice tuttavia incerta. Se è vero che dopo la caduta dei taleban, nel novembre 2001, Teheran e la Nato hanno collaborato per stabilizzare il confine dell’Afghanistan occidentale, negli ultimi mesi la situazione sul terreno è mutata di molto: in più occasioni i comandi dell’Alleanza hanno imputato all’Iran di far arrivare aiuti alle milizie taleban ed il ritrovamento nella regione di ordigni esplosivi di fabbricazione iraniana ha aumentato la tensione. Forse non a caso i due militari italiani, fanno notare fonti diplomatiche all’Onu, sono scomparsi nei pressi di Shindand dove in maggio avvenne una dura battaglia fra forze Nato e taleban che portò alla morte di 136 guerriglieri in un’area considerata fino ad allora tranquilla. L’ipotesi che Teheran possa giocare un ruolo di primo piano nella ricerca dei due italiani coincide con l’odierno arrivo a New York del presidente iraniano, Ahmadinejad, atteso da tre giorni di colloqui al Palazzo di Vetro ma nella cui agenda non figura, al momento, un appuntamento con il presidente del Consiglio Romano Prodi.
Dal CORRIERE della SERA, l'articolo sulle dichiarazioni di Diliberto:
ROMA — L'Afghanistan lacera ancora il centrosinistra. Il rapimento di due militari italiani fa insorgere una parte della sinistra radicale — Pdci e alcuni senatori «rosso-verdi» — che chiede il ritiro immediato del nostro contingente. Replicano indignati dal centrodestra, invocano «senso di responsabilità» le altre componenti della maggioranza, mentre il ministro della Difesa Arturo Parisi fa capire che non ci saranno passi indietro: «La nostra preoccupazione prioritaria è la salvezza delle vite dei due militari nel perseguimento della missione». Posizione ribadita ieri sera dal premier Romano Prodi appena arrivato a New York per l'Assemblea dell'Onu: «L'atteggiamento del governo sulla missione in Afghanistan non cambia dopo la scomparsa dei due militari italiani». Mentre Massimo D'Alema, sempre a New York, precisava che «di rinnovo della missione si parlerà a gennaio». È Oliviero Diliberto a scatenare la polemica: «Quest'ultimo episodio conferma l'assurdità della nostra presenza in Afghanistan. Lo diciamo da tempo: ritiriamo subito le truppe», dice il segretario Pdci dopo aver espresso «solidarietà» alle famiglie ed essersi impegnato a non lasciare «nulla di intentato» per giungere alla liberazione. Con lui si schierano i senatori Grassi e Giannini (Prc) e Bulgarelli (Verdi), componenti di quella pattuglia di «ribelli » che fa tremare il governo: a gennaio, quando si voterà il rifinanziamento alla missione, bisognerà decidere di andare «via da quell'inferno». Ma da Prc e Verdi arriva un appello alla cautela: prima bisogna «concentrarsi sulle vite dei militari », dice il leader del Prc Franco Giordano, spiegando che «questa vicenda non aggiunge né toglie nulla alla nostra posizione sull'Afghanistan, un dibattito lo apriremo dopo». In linea il capogruppo dei Verdi alla Camera Bonelli: «La politica eviti divisioni e polemiche e parli con una voce sola», concetto ripetuto dalla capogruppo dell'Ulivo al Senato Anna Finocchiaro, e in qualche modo accolto dal centrodestra. È infatti Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia, a dichiarare per primo che questo è «il momento della serietà e del dialogo, nel nome degli interessi dell'Italia ». Insomma, non è su questo terreno che l'opposizione vuole tentare la spallata, come conferma Cicchitto (FI): «La vicenda deve essere seguita con il massimo senso di responsabilità. È incredibile, comunque, che anche su un problema così delicato emerga una spaccatura nella maggioranza». E il portavoce di An, Andrea Ronchi, è scandalizzato: «Non è il momento delle speculazioni, Diliberto si vergogni ». E se anche dal centrosinistra arrivano bacchettate al leader del Pdci da Udeur, Sdi e dipietristi, il segretario dell'Udc Cesa chiede a Prodi di «smentire e isolare la posizione irresponsabile di Diliberto», che secondo il leghista Calderoli dimostra «ancora una volta come l'Italia cammini sempre sull'orlo del baratro grazie a questa maggioranza che sa solo litigare». Ma Diliberto insiste: «Chiederò a Prodi un atto ufficiale con i tempi del ritiro».
La replica di Cesare Salvi:
ROMA — «Nessuna iniziativa politica va presa sotto il ricatto di un rapimento». Cesare Salvi (nella foto) è uscito dai Ds per fondare Sinistra democratica insieme agli altri compagni scettici sul Partito democratico. È quindi non distante dalle posizioni della sinistra radicale, ma non condivide le parole di Oliviero Diliberto. Il segretario del Pdci è subito tornato a chiedere il ritiro dei nostri militari dall'Afghanistan. «Non giudico le iniziative degli altri». D'accordo, ma ci dobbiamo ritirare oppure no? «Sono sempre poco favorevole a partire da episodi singoli per prendere decisioni drastiche. L'importante è mettere in primo piano la salvezza dei nostri militari». «No, il problema del ritiro c'è ma va affrontato con calma. Non dimentichiamo che se ne discute in tutti i Paesi che hanno mandato i loro militari in Afghanistan». Cosa significa affrontare il problema con calma? «Prima risolvere la questione del rapimento. Poi prendere atto che in Afghanistan si è creata una situazione molto diversa da quella iniziale: dovevamo accompagnare i primi passi di una democrazia nascente ed invece siamo in una situazione di guerra». «Serve una forte iniziativa di pace del governo italiano per dare una soluzione al conflitto, anche perché l'Afghanistan si inserisce in un quadro che dalla Palestina all'Iran non ci può lasciare certo tranquilli». Crede che il rapimento e la nuova richiesta di ritiro possano creare problemi alla stabilità della maggioranza? «Mi auguro di no. Spero che il governo faccia una riflessione collegiale e prenda decisioni condivise».
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