Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La Siria voleva l'atomica dalla Corea del Nord, Israele l'ha fermata cronache e analisi
Testata:Corriere della Sera - Il Giornale Autore: Davide Frattini - Guido Olimpio - R. A. Segre Titolo: ««Sequestrato in Siria materiale nucleare» - Così la flotta fantasma nordcoreana rifornisce Damasco di armi proibite - L'eloquente silenzio del mondo»
Dal CORRIERE della SERAdel 24 settembre 2007, la cronaca di Davide Frattini:
GERUSALEMME — «Mista' Aravim». Diventare come gli arabi. Per una missione dietro le linee nemiche. Gli uomini del Sayeret Matkal, rivela il Sunday Times, sarebbero entrati segretamente in Siria e avrebbero raggiunto una base militare a Dayr az-Zawr. Sotto copertura, indossando divise dell'esercito di Damasco. L'operazione sarebbe stata coordinata direttamente dal ministro della Difesa Ehud Barak, che dell'unità d'élite israeliana è stato l'ufficiale più celebre e decorato. Obiettivo: raccogliere le prove di una collaborazione nucleare tra la Nord Corea e il regime di Bashar Assad. George W. Bush, presidente Usa, sarebbe stato informato in estate dei sospetti raccolti dall'intelligence dello Stato ebraico, che ha sorvegliato per mesi la zona, dove tecnici nordcoreani avrebbero lavorato a un progetto per armi non convenzionali. I commando avrebbero raccolto materiale atomico e un laboratorio avrebbe confermato l'origine nordcoreana. Sarebbero state queste prove a spingere gli americani a dare il via libera al raid del 6 settembre, quando nella notte gli F15I avrebbero bombardato la base. Diplomatici a Pyongyang e in Cina — sempre secondo il giornale britannico — sono convinte che numerosi nordcoreani siano morti nell'attacco. Giovedì scorso Sayid Elias Daoud, tra i leader del partito Baath siriano, è volato in Nord Corea. Gli israeliani e gli analisti occidentali temono che i due Paesi stiano coordinando la reazione. Il governo israeliano ha mantenuto il silenzio totale sul raid. Benjamin Netanyahu, capo del partito d'opposizione Likud, è stato criticato per aver rotto in parte il blackout, rivelando di essere stato informato della missione fin dall'inizio e di aver dato il suo appoggio. Anche la Casa Bianca non ha rilasciato commenti. Condoleezza Rice, segretario di Stato americano, ha dichiarato «ci sono molte domande a cui la Nord Corea dovrà dare delle risposte». E in serata ha espresso la «speranza» che Damasco partecipi al vertice sul Medio Oriente di metà novembre a Washington (che ieri ha raccolto il sostegno formale anche del Quartetto), lasciando però intendere che l'invito alla Siria non è stato ancora ufficialmente formulato. Concentrati sul fronte Nord, gli israeliani continuano le operazioni nella Striscia di Gaza. Gli scrittori Amos Oz, David Grossman e Avraham Yehoshua hanno firmato un appello con altri intellettuali perché il premier Ehud Olmert «non si lasci sfuggire l'occasione e raggiunga un accordo di pace con Abu Mazen». Nella lettera chiedono anche di negoziare con Hamas per «una tregua generale e incondizionata».
L'analisi di Guido Olimpio sui rapporti traCorea del Nord e Siria:
WASHINGTON — Il mercantile «Finir» lascia, un anno fa, un porto cinese e si dirige verso la Corea del Nord. Breve scalo per caricare tubi e una ventina di camion, quindi riparte. Ma con un nuove nome. La «Finir» diventa la «Gregorio I». Il cargo riappare nel porto cipriota di Limassol. E' qui che gli ispettori doganali scoprono che nelle stive della nave ci sono componenti militari. Radar, sistemi per missili. L'acquirente è la Siria che reagisce sostenendo che il materiale serve per l'osservatorio meteorologico. Di cargo come la «Gregorio I» ve ne sono molti. Trasportano moderni macchinari, armi, strumenti sofisticati per conto della Corea del Nord. E alcuni hanno come ultimo approdo lo scalo di Latakia, in Siria. La stessa rotta seguita dalla nave che avrebbe trasferito il carico bersaglio del misterioso raid israeliano. Per non dare sospetti i coreani, quando non utilizzano uno dei loro 200 mercantili, si affidano a navi di Paesi terzi. La Cambogia e persino la Mongolia, stato che non ha sbocco al mare, hanno messo a disposizione le loro navi in cambio di dollari. In altre occasioni Pyongyang ha impiegato unità navali con bandiere di comodo. E' grazie a questa flotta segreta che la Siria (insieme all'Iran) viene rifornita di tecnologia proibita. Compresa quella nucleare. Damasco, come gli altri stati della regione, è interessate all'energia atomica. Ufficialmente per «scopi medici», in realtà qualcuno teme che anche la Siria si sia accodata alla marcia verso la Bomba. Un processo iniziato nel 1979 e sviluppato durante gli anni '90 con l'aiuto, oltre che dei nordcoreani, di Argentina (poi ritiratasi), Russia e Cina. Contatti che hanno permesso nel 1998 l'apertura di un centro ricerche a Homs, seguita dall'installazione di un piccolo reattore. Avendo firmato il trattato di non proliferazione la Siria dovrebbe garantire una certa trasparenza sulle ricerche ma il suo comportamento ha sollevato non pochi interrogativi. Nel «Rapporto 271», presentato al Congresso americano nel 2006, gli 007 statunitensi hanno allargato i loro sospetti al pachistano A.Q. Khan, lo scienziato divenuto il commesso viaggiatore del nucleare «in nero». Senza alcuno scrupolo, la banda Khan ha fornito assistenza alla Corea del Nord, alla Libia, all'Iran e alla Siria. Relazioni confermate dalle dichiarazioni di un transfuga siriano: «Il regime sta conducendo un piano di ricerche molto esteso e c'è la mano dei nordcoreani». In base ai dati raccolti da Washington «i siriani già nel 2004 hanno condotto esperimenti per uso civile dell'energia nucleare». L'intelligence statunitense avrebbe identificato tre centri: Dayr (l'obiettivo del presunto blitz israeliano), Al Hayar e Dubaya. Foto dei satelliti spia, scattate negli ultimi sei mesi, hanno portato altri indizi. I siriani lavorano sodo, avendo al fianco dei consulenti giunti da Pyongyang. Imitando l'Iran ed evitando l'errore compiuto da Saddam che aveva costruito il reattore Osirak in superficie, la Siria tenta di proteggere gli impianti costruendoli all'interno di enormi bunker. In parallelo il Paese arabo continua lo sviluppo Scud D — 700 chilometri di raggio — che possono essere dotati di testate non convenzionali. Nell'est della Siria sarebbe stata ultimata la «città dei missili», una rete di 30 bunker, dove si conducono test e si realizzano gli ordigni. Di nuovo — è la versione americana/israeliana — è fondamentale il ruolo degli esperti venuti dalla Corea del Nord. Sono ancora le navi-fantasma che alimentano la catena di produzione. Damasco ha affidato la gestione dei programmi allo «SSCRC», un istituto scientifico che ha uffici in Asia come in Europa sotto sigle diverse. A fianco una miriade di società. Agli inizi dell'anno, il Dipartimento del Tesoro statunitense ha disposto il congelamento dei conti di tre compagnie siriane — Electronic Institute, Hiast, Nscl — sospettate di coinvolgimento nei traffici. A preoccupare gli 007 non è solo Pyongyang ma anche le disinvolte ditte europee che vendono materiale sensibile. Olanda, Francia, Germania, Austria, Svizzera sono Paesi dove i siriani fanno la spesa usando come copertura «gli accordi farmaceutici». Non tutti gli esperti sono però convinti della fondatezza delle accuse. Alcuni ritengono che vi siano delle esagerazioni se non addirittura delle manipolazioni per giustificare operazioni militari. I prossimi obiettivi sulla lista dei neocon — è il teorema — sono i siriani e gli iraniani. C'è però un dato nella bizzarra storia del raid israeliano. Sono stati proprio i siriani a svelare l'incursione e i nordcoreani a protestare. Poi Damasco ha mandato una delegazione a Pyongyang. Quasi che il presidente Bashar Assad volesse far credere che qualcosa di vero c'è. In fondo l'amico nordcoreano, dopo aver ingigantito le proprie capacità nucleari, è riuscito a strappare un accordo con l'Occidente.
Dal GIORNALE, il commento di R. A. Segre:
Dal 6 settembre, data del misterioso «sconfinamento aereo» israeliano in Siria a ieri, quando il Sunday Times di Londra ha pubblicato unampio servizio ispirato da «fonti informate » americane e israeliane, sono trascorsi 17 giorni di curioso inspiegabile silenzio. In Israele un alto ufficiale ha detto senza ulteriori spiegazioni che il «potere deterrente» perduto nella guerra del Libanoera stato «ritrovato». Il capo dell'opposizione, Benjamin Netanyahu, è stato violentemente redarguito dal governo per essersi congratulato pubblicamente col primo ministro in merito ad una azione di cui - detto alla stampa - Olmert lo aveva messo al corrente «prima che questa avesse luogo». All'estero si è detto e negato di tutto: i siriani dopo aver denunciato l'intrusione israeliana nei loro cieli nel corso della quale gli aerei nemici, cacciati dalla contraerea, erano stati obbligati a abbandonare le loro «armi» (identificatedaqualche espertocometank di benzina) hanno fatto dire al loro ambasciatore all'Onu che non c'era stato alcun attacco. I coreani hanno dichiarato di non avere commerci di materiale «illegale» con la Siria. La stampa araba ha ipotizzato trattarsi di un sorvolo per mettere alla prova le difese aeree di Damasco. La Cnn per prima ha indicato la possibilità di una azione israeliana contro un centro di stoccaggio di materiale bellico coreano. È chiaro che Israele ha - una volta tanto con un abile sfruttamento dei media - voluto creare una crescente atmosfera di «suspense» prima di decidere quale organo di stampa fosse il più appropriato per ricevere «ufficiosamente» alcuni dei più ghiotti dettagli di questa operazione. Cheil colpo fosse grosso, nonc'era dubbio. In un certo senso, anche se non si sa ancora in quale misura, l'operazione ricalca quella straordinaria della distruzione della centrale atomica Ozirak nei pressi di Bagdad nel 1981. Condannata dalla società internazionale ma anche da Shimon Peres, oggi presidente dello Stato d'Israele, allora all'opposizione, essa permise a Begin che l'aveva autorizzato di rivincere le elezioni e agli americani di condurre con molta più sicurezza la prima guerra contro l'Irak. Per Olmert si tratta di un grosso successo personale che gli ha già permesso di far salire di 21 punti la sua bassa popolarità. Cosa per lui più importante, potrebbe aver messo fine alla tensione con il suo ministro della Difesa e capo del partito laburista, Barak. Questi ha cessato di minacciare di uscire dal governo congratulandosi, invece, col primo ministro per la sua condotta. Barak era spinto amostrarsi magnanimocol premier da lui apertamente vilipeso, sia per ragioni politiche che personali. Il commando che ha partecipato all' operazione in Siria appartiene alla leggendaria unità che Barak aveva comandato. Questo successo permette al ministro della Difesa di presentarlo come il risultato della riforma delle forze armate che si è impegnato a condurre a buon termine. Sul piano internazionale questa - per il momento ancora misteriosa - azione ha avuto ricadute interessanti. Anzitutto per i balbettamenti del governo siriano, per le riserve della Turchia (che potrebbe essere accusata di aver permesso agli aerei israeliani che comunque si allenano sul suo territorio di penetrare in Siria); per il silenzio «soddisfatto» del presidente Bush e quello confuso dell'Onu a cuiDamascoaveva annunciato di fare appello per mettere fine alle violazioni del suo spazio aereo da parte israeliana. Ma c'è anche il silenzio dai Paesi arabi cosi detti moderati, quegli stessi che si erano «scandalizzati» per il fatto che Israele non fosse stato capace di eliminare gli Hezbollah in Libano e che preoccupati per il crescere delle ambizioni di Teheran sarebbero felici di vederla messa in imbarazzo attraverso l'alleata Siria; c'è un silenzio di certi governi europei che è difficile capire se sia dovuto al dispiacere di veder confermate le buone ragioni di Israele per reagire a minacce a cui essi non vogliono credere o alla malcelata speranza che sia spinto a prendere quelle decisioni militari di cui non vogliono assumersi la responsabilità. C'è poi la notizia dell'uccisione (cattura?) di personale militare coreano del nord nella base segreta siriana mentre nulla trapela sulla cattura di importanti documenti che coinvolgerebbero tanto la Corea quanto la Siria in una delicata collusione di materiale nucleare. Così delicata che la Cina ha cancellato l'incontro previsto con la Corea del Nord mentre Newsweek cita una fonte israeliana che dice «non so cosa è successo ma quando lo si saprà tutti rimarranno stupiti». Perché? Anzitutto perché nuovi dettagli di questa spericolata operazione potrebbero far perdere la faccia tanto ai governanti coreani che siriani e forse iraniani; in secondo luogo perché nella fase di attuale crescente tensione con l'Iran, le prove materiali e la documentazione cartacea sul tentativo siriano di mettere a punto una «sorpresa nucleare» potrebbe essere imbarazzante per Teheran; infine perché nella situazione psicologicamente volatile dell'opinione pubblica israeliana essa sta dando al governo Olmert e in particolare al primo ministro quella boccata di ossigeno che tanto gli mancava per continuare a mantenersi al potere.
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