giovedi` 15 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






La Repubblica - Il Riformista Rassegna Stampa
19.09.2007 La guerra mai, le sanzioni quando tutti saranno d'accordo, la trattativa sempre
come aiutare l'Iran ad avere ciò che vuole

Testata:La Repubblica - Il Riformista
Autore: Vincenzo Nigro - Sonia Oranges
Titolo: «La marcia indietro di Parigi»

Secondo la cronaca di Vincenzo Nigro pubblicata da La REPUBBLICA del 19 settembre 2007, le dichiarazioni di Bernardio Kouchner sulla possibilità di una guerra all'Iran non possono che essere una "gaffe" involontaria.

Kouchner ha criticato il modo in cui i media hanno distorto le sue dichiarazioni.
Perché è stato presentato come fautore impaziente di un'avventura bellica, mentre l'opzione militare è per lui solo una extrema ratio.

Oggi, probabilmente, i media producono un'altra manipolazione. Questa volta negando che per Kouchner un'azione militare sia inevitabile, una volta fallito ogni altro tentativo di impedire all'Iran di dotarsi di armi nucleari.
Lo scopo non può che essere quello di sostenere la politica dell'attendismo, dei compromessi e dell'ambiguità nei confronti di Teheran.

Ecco il testo:

Ora tutti frenano, la guerra all´Iran è una follia di cui nessuno vuole nemmeno lontanamente la paternità dell´idea. Il primo è lo stesso Bernard Kouchner, il ministro francese che domenica aveva parlato della guerra come di un fatto ineluttabile, tanto che perfino «lo Stato maggiore francese sta preparando dei piani di contingenza». Ieri Kouchner è stato costretto ad accusare la stampa mondiale di "manipolazione" per l´interpretazione che è stata data alle sue parole. In visita a Mosca, il ministro degli Esteri ex-socialista ha ripetuto forte: «Si dice: "Bernard Kouchner vuole la guerra", ma questo non è vero, è una manipolazione, non voglio la guerra, voglio la pace». E ha aggiunto che con Teheran «bisogna negoziare senza tregua e senza temere passi indietro. Siamo pronti a lavorare su sanzioni tecniche che non colpiscano il popolo iraniano».
La fuga in avanti di Kouchner è spiegabile soltanto come una gaffe, tanto che lo stesso presidente iraniano Ahmadinejad ha tenuto bassi i toni. Ma lo stop and go francese di sicuro è servito a chiarire posizioni sulla partita. Innanzitutto ieri Russia e Cina hanno confermato che non pensano affatto a una guerra per bloccare il nucleare iraniano e sono molto fredde anche su nuove sanzioni economiche all´Iran. E siccome Russia e Cina sono in Consiglio di sicurezza, una guerra con l´approvazione dell´Onu sarebbe impossibile.
La stessa Casa Bianca ha dovuto essere molto cauta: Bush ha fatto dire alla sua portavoce che la sua scelta principale è per il negoziato, «crediamo che vi sia una soluzione diplomatica: stiamo lavorando con i francesi e con il resto della Ue per premere sull´Iran affinché rispetti i suoi obblighi con l´Onu». Il generale John Abizaid, ex-capo del Centcom, ieri addirittura ha dato voce alla corrente realista presente anche tra i militari Usa: «Meglio un Iran senza arma atomica, ma gli Usa hanno un potere militare in grado di contenere un Iran nucleare: abbiamo convissuto con una Urss nucleare, con una Cina nucleare, con altre potenze nucleari».
Il problema è che all´Onu la possibilità di nuove sanzioni non è affatto sicura: il gruppo dei 5+1 (i 5 membri permanenti del Consiglio di sicurezza più la Germania) si riunirà venerdì, vedremo che effetto avranno avuto le parole di Kouchner. Ieri il ministro degli Esteri Massimo D´Alema ha frenato sull´idea di sanzioni solo europee: «La discussione sull´Iran è aperta all´Onu, dove siamo impegnati con altri Paesi a esaminare la possibilità di una terza risoluzione: altre ipotesi possono essere esaminate soltanto dopo aver discusso all´Onu».

Niente guerra in nessun caso, che bisogna combattere la "militarizzazione delle idee"  , niente sanzioni se anche Cina e Russia non esprimono il loro consenso al Consiglio di sicurezza dell'Onu, trattativa ad oltranza (sull'esempio di quelle che non hanno finora portato a nulla)  con l'Iran.
E' la ricetta del diplomatico  José María Ridao, riferita con approvazione da Sonia Oranges sul RIFORMISTA.
E'chiaramente si tratta della ricettadell' "Iran atomico". La si potrebbe infatti sintetizzare così: "Diamo a Teheran il tempo di completare i suoi progetti, evitando di fare per fermarli  qualsiasi cosa  possa rischiare di essere efficace . Come scusa, usiamo gli incontri bilaterali".

Ecco il testo:


La militarizzazione delle idee rende molto più concreto il rischio di un conflitto nucleare: a lanciare l’allarme, a poche ore dalla sortita del ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner su una possibile guerra contro l’Iran, è il diplomatico spagnolo José María Ridao, ieri a Roma per partecipare alla tavola rotonda, organizzata dall’Istituto Cervantes, sugli «scontri-incontri nel Mediterraneo» per fare il punto sulle conseguenze delle decisioni adottate sullo scacchiere internazionale nei vari processi di pace.«Quella che io chiamo la militarizzazione delle idee e della politica ha svilito il peso della diplomazia a favore della soluzione militare - ha spiegato al Riformista Ridao - Il rischio, dunque, è che le tensioni passino direttamente a uno scontro che non esclude l’opzione nucleare, proprio perché l’utilità delle discussioni convenzionali sembra essere passata in secondo piano ».Un tema,questo, che si attaglia (e non a caso) bene con la crisi appena esplosa tra Francia e Iran.Anche se il numero uno del Quai d’Orsay ieri ha corretto il tiro, spiegando la necessità di «proseguire con i negoziati intrapresi e rimanere fermi riguardo alle sanzioni», appare infatti evidente il riavvicinamento tra Parigi e Washington, con la Casa Bianca che non ha mai smesso di mostrare i muscoli a Teheran, da quando Mahmoud Ahmadinejad è stato eletto presidente della repubblica islamica. E, mandato in pensione Jacques Chirac, appare altrettanto evidente che il governo francese sta facendo di tutto per distendere i rapporti con l’alleato a stelle e strisce.Alleato che,nella versione guidata da George W. Bush, non sembra essere particolarmente incline alla mediazione. È il meccanismo globale, dunque, a sembrare irrigidito sulle posizioni di scontro piuttosto che sui tentativi d’incontro. Nel caso iraniano, Ridao ha indicato il gap di metodo a monte della successiva (e complicata) gestione della crisi, ovvero nella mancata definizione del problema: «La comunità internazionale deve stabilire, prima di tutto, quale sia l’oggetto dell’impasse. Se è definita sul punto del possesso o meno da parte della repubblica islamica dell’arma nucleare, allora all’orizzonte si delinea un conflitto, perché il possesso dell’atomica tout court sarebbe inaccettabile per tutti, a cominciare da Israele. Stesso risultato si otterrebbe qualora il cuore del problema fosse individuato nell’opposizione dura a un Iran atomico». Ma allora è una crisi senza soluzione? «Un margine di negoziazione, seppur minimo, si avrebbe se la questione fosse posta in altri termini: ossia, se la comunità internazionale decidesse che intende stabilire in quali condizioni, e con un accordo ampiamente condiviso da tutti gli attori in campo, è possibile l’esistenza di un Iran nucleare». La direzione privilegiata finora, però, sembra essere un’altra: «I francesi danno l’impressione di ridurre la questione al fatto che Ahmadinejad abbia o meno l’arma atomica. Una strada che non allontana il rischio di un conflitto». Certo, la Francia non è l’unico attore in campo. C’è un’Unione europea, in cui la Spagna ha un ruolo sempre più pesante, grazie all’accelerazione datale dal premier Zapatero, sia in politica interna sia in politica estera. «Questo sicuramente,ma ora bisogna passare a un piano più concreto - commenta Ridao con sguardo lungo - Dopo la sua elezione,Zapatero ha proposto e lavorato per la creazione della cosiddetta alleanza di civilizzazione. Nei fatti, però, questo progetto si è rivelato un mero “gioco da salone”, mentre fuori infuriava, e continua a infuriare, la tormenta». Insomma, la politica per la pace spagnola si sarebbe mostrata alla fine inconcludente, «probabilmente per la mancanza d’esperienza» dell’attuale esecutivo, e per una buona dose d’ingenuità. E ora come si può modificare questa linea in una strategia più concreta? «La Spagna dovrà prendere una posizione forte, insieme con i partner dell’Unione europea. A questo punto, non è più possibile continuare con il “gioco da salone”, è necessario dimostrare fermezza su alcuni punti sui quali non si deve transigere». Una visione, quella di Ridao, in conflitto con i piani prima affermati o poi mezzi smentiti dal capo della diplomazia francese: «Almeno la Spagna dovrebbe rifiutare completamente l’idea portata avanti da Parigi di applicare delle sanzioni contro Teheran, con decisione presa al di fuori del consesso istituzionale della comunità internazionale, ovvero il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». Ma non basta: «È indispensabile che Madrid, insieme con l’Unione Europea, prema affinché l’intera discussione sul nucleare iraniano resti all’interno dell’Aiea». Non a caso, lunedì il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Mohammed ElBaradei, era tornato ad ammonire la comunità internazionale affinché si eviti un’escalation della tensione con l’Iran, che non rappresenta, per ora, «un pericolo chiaro e immediato », sottolineando come «la forza dovrebbe essere usata soltanto come ultima opzione». E se la Spagna probabilmente si dirigerà in questa direzione, l’Italia l’ha già fatto. Ieri, il capo della Farnesina Massimo D’Alema ha invitato a continuare la discussione al Palazzo di Vetro: «Una delle condizioni importanti sin qui nell’affrontare la difficile questione del nucleare iraniano, è stata proprio l’unità del consiglio di sicurezza, e prima di abbandonare questa unità, credo che sia giusto portare avanti il tentativo di discutere e trovare un accordo in quella sede».

Per inviare una e-mail alla redazione della Repubblica e del Riformista cliccare sul link sottostante


rubrica.lettere@repubblica.it
cipiace@ilriformista.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT