Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Tutte le opzioni per fermare l'atomica iraniana gli Stati Uniti studiano la possibilità di un attacco aereo
Testata:Corriere della Sera - La Repubblica Autore: Ennio Caretto - Mario Calabresi Titolo: ««Gli Usa si preparano a bombardare l'Iran» - I "falchi" Usa premono per il blitz Tutte le opzioni sono sul tavolo»
La cronaca di Ennio Caretto, pubblicata dal CORRIERE della SERA del17 settembre 2007, sulla possibilità di un intervento militare americano in Iran è sostanzialemente corretta, ma in alcuni punti mette in secondo piano il fatto che la possibilità della guerra è determinata dalla minaccia del nucleare iraniano, non da immotivate pulsioni bellicistiche americane. Così anche il monito di Kouchner sulla necessità di "prepararsi al peggio" se la via delle sanzioni e della trattativa non approderà a nulla viene inserito nell'elenco delle rivelazioni e delle dichiarazioni che proverebbero che "il vicepresidente Richard Cheney sta vincendo il braccio di ferro sull'Iran con il Segretario di Stato Condoleezza Rice" e l'articolo si chiude con i sospetti degli esponenti democratici che temono che l'amministrazione Bush attacchi l'Iran per motivi elettorali.
Ecco il testo:
WASHINGTON — Il vicepresidente Richard Cheney sta vincendo il braccio di ferro sull'Iran con il Segretario di Stato Condoleezza Rice, ed è possibile che tra pochi mesi il presidente George Bush faccia bombardare Teheran. Lo scrive il New York Times, mentre a Londra il Daily Telegraph afferma che il Pentagono ha pronti due piani, un blitz solo sugli impianti atomici iraniani e uno più vasto su 2 mila obiettivi anche militari e industriali. A Parigi ha dato l'allarme Bernard Kouchner, il ministro degli Esteri francese: «Bisogna prepararsi al peggio, cioè alla guerra» ha detto Kouchner chiedendo all'Ue nuove misure contro Teheran «ma bisogna anche negoziare sino alla fine perché un Iran con l'atomica sarebbe un vero pericolo per tutto il mondo». Secondo il Washington Post, in vista di una rappresaglia iraniana in Medio Oriente la Siria ha mobilitato le forze armate avvisando Israele che su ordine di Teheran Hezbollah l'attaccherebbe con i missili. Sull'Iran, Cheney e Rice, riferisce il New York Times, sono ai ferri corti. «Gli alleati del vicepresidente dicono pubblicamente che bisogna rovesciare il regime degli ayatollah », osserva il giornale, e in privato caldeggiano un bombardamento diretto o tramite Israele. I sostenitori del Segretario di Stato insistono invece su una soluzione diplomatica: venerdì Nicholas Burns, vice della Rice, cercherà di convincere i partner degli Usa all' Onu, la Cina, la Russia, la Francia, la Germania e l'Inghilterra ad adottare più aspre sanzioni contro Teheran. Se il tentativo fallisse, Bush adotterebbe la linea di Cheney: giovedì nel discorso sull' Iraq, il presidente ha detto che impedirà all'Iran «di avere armi nucleari e dominare il Golfo persico e il Medio Oriente ». Alla vittoria del vicepresidente sul Segretario di Stato avrebbero contribuito il monito del generale David Petraeus secondo cui l'Iran «arma addestra e finanzia le milizie sciite che ci attaccano in Iraq» e — a quanto rivela il Washington Post — l'intercettazione di una massiccia fornitura di armi iraniana ai talebani in Afghanistan. Cheney avrebbe fatto presente a Bush che tra gli Usa e l'Iran è già in corso «una guerra per procura », e che occorre dichiarare «organizzazione terroristica » la Guardia rivoluzionaria di Teheran. Con tale passo, il presidente si riterrebbe autorizzato a bombardare l'Iran. I Paesi arabi non si opporrebbero, conclude il giornale, perché preoccupati dell'estremismo ed espansionismo iraniani. In tv il ministro della Difesa Robert Gates ha detto che «per il momento ci basiamo sulla diplomazia» ma che «tutte le opzioni siano sul tavolo». I democratici temono che Bush attacchi l'Iran anche per cambiare la dinamica della campagna elettorale, dove i repubblicani sono dati per sconfitti, e lo hanno comunicato ai diplomatici europei a Washington. Dai sondaggi, la maggioranza degli elettori è propensa all'uso della forza contro Teheran: se i democratici lo denunciassero potrebbero perdere voti.
Da La REPUBBLICA, la cronaca di Mario Calabresi. In questo caso, è il titolo ad attribuire la possibilità della guerra alle macchinazioni dei "falchi Usa". Ecco il testo dell'articolo, che appare corretto:
New York - Nella domenica in cui il ministro degli Esteri francese lancia l´allarme per un nuovo e imminente conflitto, quello iraniano, il tema occupa le prime pagine dei principali quotidiani americani. L´attacco ai laboratori e alle centrali in cui il regime di Teheran sta mettendo a punto il nucleare made in Iran sarà davvero il prossimo passo dell´Amministrazione Bush, l´ultimo lascito della presidenza repubblicana? I pareri sono discordi: il dibattito occupa i giornali, i centri studi ed è entrato a far parte della campagna elettorale, discusso sia dai repubblicani sia dai democratici. Ma i pareri sono discordi perché anche la Casa Bianca sarebbe divisa, lo schema, ancora ieri lo ripeteva il New York Times, è sempre lo stesso e semplificando può essere letto con Dick Cheney nella parte del falco e Condoleezza Rice in quella della colomba. Il vicepresidente sarebbe sostenitore di un´azione mirata e preventiva contro le strutture dove si prepara il nucleare iraniano, per impedire che il regime di Ahmadinejad possa arrivare a possedere la bomba atomica. Mentre il segretario di Stato è impegnata in una politica che tenga insieme l´offensiva diplomatica e un progressivo rafforzamento delle sanzioni contro Teheran. Lo schema della Rice, che da studiosa dell´Unione Sovietica ripete un modello già sperimentato con Mosca, si muove all´interno dell´Onu con la convinzione che l´isolamento crescente dell´Iran possa indebolirlo e spingerlo alla trattativa. Il 21 settembre i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, più la Germania, si vedranno per discutere una nuova bozza di risoluzione che prevede più dure sanzioni per spingere Teheran a rinunciare al programma nucleare. In quella sede gli Stati Uniti solleciteranno l´adozione di una terza risoluzione con nuove e più stringenti sanzioni economiche, come ha spiegato il sottosegretario del Dipartimento di Stato Nicholas Burns. Certamente entrambe le opzioni, quella diplomatica e quella militare e i dossier correlati, sono sul tavolo del presidente, insieme ai piani per un´azione mirata che il Pentagono ha pronti da tempo. «Tutte le opzioni sono sul tavolo e gli Stati Uniti non escludono alcuna strada», ha ribadito il capo del Pentagono, Robert Gates parlando alla Fox tv, ma ha poi sottolineato che «l´Amministrazione è convinta di continuare a cercare di rispondere alla minaccia iraniana intensificando gli sforzi diplomatici e le pressioni di natura economica». Non è casuale che l´Iran sia tornato al centro dell´attenzione proprio questa settimana: nel momento in cui, seppur in modo parziale, gli Stati Uniti pensano all´inizio del ritiro delle truppe dall´Iraq la questione iraniana torna a porsi con forza. Teheran infatti si appresterebbe ad essere il protagonista principale sulla scena mediorientale e ad aumentare la sua influenza in tutte le aree di crisi, da Bagdad a Gaza passando per il Libano. Proprio la Rice ha sottolineato che «l´Iran riempirebbe immediatamente il vuoto lasciato da una partenza delle truppe americane». Il generale David Petraeus nella sua audizione al Congresso americano della scorsa settimana ha sostenuto che Teheran «sta cercando di trasformare le milizie sciite in una forza simile a Hezbollah per portare avanti i suoi interessi e condurre una guerra per procura contro l´Iraq e le forze della coalizione». Anche Hillary Clinton questo fine settimana ha parlato della minaccia iraniana, chiedendo alla Casa Bianca un´azione diplomatica più incisiva, mentre per il candidato repubblicano John McCain la sfida iraniana deve diventare la priorità dell´agenda politica americana «per cercare di bloccare la crescente influenza di Teheran in Iraq». Quell´influenza che l´ambasciatore Usa a Bagdad Crocker ha definito «malefica». E proprio la prossima settimana, in occasione dell´Assemblea generale delle Nazioni Unite, potrebbe riapparire a New York, insieme ai capi di Stato e di governo di tutto il mondo, anche il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.