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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio Rassegna Stampa
15.09.2007 Iraq: Bush e l'opposizione democratica
le ragioni elettorali

Testata: Il Foglio
Data: 15 settembre 2007
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Bush conferma l'impegno duraturo e lega il ritorno delle truppe ai successi»

Sul FOGLIO di oggi,  15/09/2007, una analisi  della politica americana sull'Iraq.

New York. “Il piano meno sbagliato”. del Washington Post il commento più equilibrato sul nuovo corso iracheno annunciato da George W. Bush giovedì notte. “La strategia di lungo termine del presidente – scritto ieri il giornale liberal – è meno rischiosa delle sue alternative”, cioè del disimpegno proposto dal Partito democratico senza alcuna preoccupazione delle conseguenze umanitarie, militari e geopolitiche tale scelta. Bush ha annunciato il ritiro 2.000 soldati entro la fine del mese, che diventeranno 5.700 prima di Natale e circa 3.000 a luglio del 2008, legandolo ai risultati conseguiti dal “surge”, cioè dalla nuova strategia politica e militare decisa a gennaio ed eseguita dal generale David Petraeus. A luglio 2008 le truppe torneranno a essere 130 mila, ai livelli precedenti il surge”. Qualche mese prima, a marzo, Petraeus tornerà al Congresso per un’ulteriore valutazione. Soltanto allora, Bush deciderà se continuare a ritirare le truppe o meno, perché la chiave del “ritorno”, ha detto giovedì il presidente, non può che essere il “successo”, per cui maggiori saranno i miglioramenti, meno truppe americane resteranno in Iraq. Bush ha ribadito che, in ogni caso, l’impegno generazionale per un Iraq libero, stabile e democratico sarà di lungo termine. I leader democratici non sono d’accordo, anche perché non credono che la guerra si possa vincere e comunque sembrano più interessati a vincere la campagna elettorale del 2008. Sospettano anzi che la vera strategia di Bush sia quella di imbrigliare il prossimo presidente, lasciandogli in eredità il caos iracheno. I candidati alla Casa Bianca chiedono ritiro delle truppe combattenti, ma nelle a piè di pagina dei loro piani “per porre fine alla guerra” ammettono che alcune decine di migliaia di soldati dovranno comunque rimanere. Un mese fa, il Congresso era certo poter costringere Bush a chiudere la partita irachena, ora è alla ricerca di un compromesso onorevole. A Bush i democratici hanno sempre imputato di non voler ascoltare, per ragioni ideologiche, i consigli dei migliori generali. Ora sono loro a non ascoltare Petraeus, ma per ragioni elettorali.


lettere@ilfoglio.it

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