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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
06.09.2007 La filarmonica d'Israele a Torino e Milano
recensioni e pareri a confronto

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Enrico Girardi - PAOLO GALLARATI
Titolo: «MiTo, via alla maratona musicale di 25 giorni - Un Mehta da MITO»
Dal CORRIERE della SERA del 5 settembre 2007 riportiamo una recensione dei concerti della  Filarmonica di Israele a Torino e a Milano.
Secondo il critico Enrico Girardi, l'orchestra israeliana "dal punto di vista artistico equivale a formazione tedesca di medio livello".
Non entriamo nel merito di questo giudizio personale. Abbiamo però chiesto una valutazione allo storico della musica Enrico Fubini, il quale ci assicurato che la filarmonica di Israele è universalmente considerata tra le migliori al mondo.

Ecco il testo 


MILANO — Due, tre, anche quattro concerti al giorno per 25 giorni a Torino e Milano; orchestre di vaglia come le Filarmoniche di Israele, di San Pietroburgo e della Scala, la Philharmonia di Londra, i gloriosi Staatskapelle di Dresda e Gewandhaus di Lipsia, la meravigliosa, possente Chicago Symphony; direttori di primo e primissimo ordine come Mehta e Temirkanov, Muti e Chailly, Luisi e Nagano; solisti eccelsi come Martha Argerich; e poi ancora ensemble di musica barocca e contemporanea, cameristi di rango, senza dimenticare significative aperture al mondo del jazz, del pop-rock e della canzone d'autore.
È «MiTo - Festival Internazionale della Musica di Torino e Milano», che ha preso il via l'altro ieri al Lingotto e ieri sera alla Scala, con Zubin Mehta a dirigere la Israel Philharmonic Orchestra. A giudicare dai contenuti, più che un festival, se col termine s'identificano le manifestazioni che si peritano d'attribuirsi una missione artistica, o più semplicemente qualche idea originale, sembra una vetrina dove trovare di tutto e di più, in ogni genere possibile e immaginabile, e per tutte le tasche: un supermercato che si apre in due città già molto ricche di «negozi» musicali. Nessun allarme, tuttavia: più musica si fa e più se ne ingenera il bisogno. Ben venga dunque il MiTo. Abbia lunga vita. E chissà che un giorno non diventi appuntamento irrinunciabile della vita musicale europea, con meno cose già in cartellone altrove.
Avvincente la doppia inaugurazione. La Filarmonica di Israele è orchestra eccezionale ove se ne studino la storia e le condizioni socio- politiche entro le quali s'è costituita, ha operato e opera. Dal punto di vista artistico equivale a formazione tedesca di medio livello. Vanta però come valore aggiunto un immenso feeling con Mehta, che la dirige da una vita.
Programmone a Torino con il Nuovo mondo di Dvorák e la Grande di Schubert. Nientemeno che la Settima
di Mahler alla Scala. Buone prime parti, discreta coesione, senso della verticalità del suono (perciò se ne parla come d'orchestra «tedesca») ma senza penalizzare per questo né la varietà timbrica né la cantabilità, sorgiva e acquatica nel Nuovo mondo, nobile e piana in Schubert, franta in Mahler.
In Mahler, però, esiti meno luminosi. Strano, perché Mehta, di solito, è di quelli che trovano leggerezza e trasparenza senza privarsi della profondità dei volumi e degli spessori connessi a questa musica, dove la tornitura del dettaglio è tanto più preziosa quanto più emerge dalla massa sonora. Ma la concertazione, stavolta, è approssimativa con troppe sbavature e tante frasi prive della poesia che una buona esecuzione dovrebbe rivelare. In ogni caso, successo sia a To sia a Mi.

Da La STAMPA del 4 settembre, la positiva critica all'esecuzione di Torino:

Grande festa, nell'Auditorium del Lingotto, per l'inaugurazione di MITO-Settembre musica: Zubin Mehta ha diretto la maestosa Sinfonia in do maggiore di Schubert e la Sinfonia dal Nuovo Mondo di Dvorák con l'Orchestra Filarmonica di Israele che porterà questa sera alla Scala con la Settima di Mahler. Il sodalizio di Mehta con l'orchestra israeliana dura dal 1977, quando ne assunse la direzione stabile, carica estesa a vita nel 1981: un'intesa profonda caratterizza, quindi, queste esecuzioni, nate da lunghi anni di lavoro comune, attraverso i concerti a Tel Aviv e le numerose tournées in tutto il mondo.
Fondata nel 1936 e inaugurata il 26 dicembre di quell'anno da uno storico concerto di Toscanini, che andò in Palestina a proprie spese, per dimostrazione politica, la «Palestine Orchestra» aveva preso vita per iniziativa del grande violinista polacco Bronislav Huberman che, presagendo l'Olocausto, riuscì a persuadere 75 musicisti ebrei delle migliori orchestre europee ad emigrare in Palestina e realizzare, a Tel Aviv, quella che definiva l'«incarnazione della cultura sionista nella terra dei padri».
Mehta è sempre stato molto vicino alla Filarmonica di Israele, ne ha diretto i concerti durante la guerra dei sei giorni e quella del Golfo, sotto la minaccia dei missili puntati su Tel Aviv. Un legame intenso a cui non si poteva non pensare ascoltando il tono affettuoso e naturale con cui Mehta e la sua orchestra hanno eseguito la Sinfonia di Dvorák. D'altra parte, non c'è mai nulla di forzato, di esagerato o di eccessivamente carico, per suono o sentimento, nell'interpretazione di questo direttore che ha sempre cercato la freschezza, la scorrevolezza di ritmi alacri e leggeri e un canto alato e libero. Per questa ricerca, la Sinfonia dal Nuovo Mondo è un campo d'azione ideale e la Filarmonica di Israele uno strumento perfetto, duttile, trasparente e, quando necessario, poderoso. Così, dopo le ampie spaziature dei canti dei pellirosse che si dilatano nel «Largo», dopo lo spumeggiare dello «Scherzo», ci siamo apprestati con la massima curiosità ad ascoltare la grande Sinfonia in do maggiore di Schubert, che viene sovente squadrata in andamenti massicci, perché è un lavoro monumentale, che incede solenne, nei suoi echi e nelle ampie prospettive spaziali. Mehta, invece, la alleggerisce, il che non vuol dire sacrificarne la profondità, ma coglierne la freschezza naturalistica, la vitalità di acque scroscianti e di danze campestri, ossia un romanticismo positivo e salubre, privo di ombre e di presagi.
Anche in questo capolavoro l'orchestra israeliana ha dato prova di smalto, affiatamento, varietà di colori e sfumature. Alla fine, il pubblico, foltissimo ed entusiasta, ha atteso i bis, e sono venuti Mozart e Strauss, a completare il panorama viennese additato da Mehta all'ammirazione degli ascoltatori.

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