Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
L'islamico Abdullah Gul eletto presidente della Turchia cosa e come cambierà nel paese che ha coniugato islam e modernità ?
Testata:Il Foglio - Il Giornale - La Repubblica Autore: Carlo Panella - Marcello Foa - Marco Ansaldo Titolo: «Il Gran Mogul - L'elezione di Gül - Ecco il piano per la nuova Costituzione»
L'esponente dell'"islam politico" Abdullah Gul è stato eletto presidente della Turchia. Riportiamo di seguito due analisi divergenti sulla valutazione di questo evento.
Per Carlo Panella, che pubblica sulla prima pagina del FOGLIO del 29 agosto 2007, la vittoria di Gul segna la "sconfitta piena e totale del kemalismo", dimostrando nel contempo che "nessun modello, nessuna dottrina politica di marca laico-occidentale riesce comunque a imporsi nelle società islamiche" e dunque che "solo una proposta politica democratica in ambito musulmano potrà riuscire a accumulare sufficiente consenso popolare". Il partito di Gul, per Panella, è appunto "pienamente democratico", "moderno e moderato, ma integralmente musulmano".
Ecco il testo dell'articolo:
Roma. L’elezione di Abdullah Gul a presidente della Turchia pone il sigillo alla sconfitta piena e totale del kemalismo con conseguenze straordinarie non solo per il quadro politico mediterraneo, ma anche per la riflessione dottrinale sull’islam nella modernità. Per imporre il laicismo, per “esportare la democrazia europea”, fortemente influenzato dal pensiero massone e mazziniano (i Giovani Turchi copiarono il nome dalla Giovane Italia), Kemal Atatürk abolì il califfato e il sultanato, sciolse tutte le confraternite religiose e ne confiscò gli immensi beni, abolì la sharia e la sostituì col codice penale Rocco e quello amministrativo di Neuchâtel e abolì anche l’alfabeto arabo (scritto da destra a sinistra) e impose quello latino, con una cesura drammatica che impedì ai turchi la lettura dei testi nella vecchia scrittura (di fatto, la censura totale sulla cultura islamica). Atatürk pose infine l’esercito nazionale a guardia della laicità, sovraordinandone il potere a tutte le istituzioni (nove anni fa una parlamentare fu privata del mandato per la sola colpa di indossare il hijab in aula). Una riforma che ha riscosso per 80 anni universale approvazione, tanto che da sempre molti studiosi (Bernardi Lewis tra questi) la indicano come l’unica in grado di coniugare –con la sua violenza riformatrice- Islam e modernità . Passati 83 anni, il kemalismo, oggi è morto. Per via democratica la “vecchia talpa musulmana” ha sbriciolato tutti i vincoli che tenevano l’islam ai margini del potere e l’Akp, un partito moderno e moderato, ma integralmente musulmano, è stato scelto dal popolo turco quale detentore di tutto il potere politico: governo e presidenza della repubblica. Il fallimento del modello di stato laico kemalista, pur legittimato dalla straordinaria vittoria militare di Atatürk contro l’invasione greco-inglese del 1920-22 (a cui partecipò pure l’Italia), costituisce oggi la prova provata che nessun modello, nessuna dottrina politica di marca laico-occidentale riesce comunque a imporsi nelle società islamiche. Momento di riflessione capitale non solo per l’Iraq, ma anche per l’Iran, là dove l’esperienza turca indica che solo una proposta politica democratica in ambito musulmano potrà riuscire a accumulare sufficiente consenso popolare per rovesciare la dittatura. Ma il fallimento del kemalismo, suona soprattutto da monito, inascoltato, alla misera cultura politica dell’Europa. E’ stata infatti l’Ue a fare a Erdogan l’immenso favore di “imporgli” la eliminazione del potere sovraordinato al governo dei militari, fedeli e democratici custodi della laicità. E’stata l’Ue a pretendere l’idiota applicazione meccanica dei “criteri di Copenhagen” (pensati per guidare alla democrazia i paesi ex comunisti, non certo quelli musulmani) che hanno permesso al antilaicista Erdogan di impadronirsi, grazie al voto del 46,5 per cento degli elettori, di tutto, assolutamente tutto il potere. Ora, l’esercito turco, l’unico al mondo a aver fatto tre golpe pienamente democratici, non ha più potere politico e non può più fare da guardia al laicismo. L’Ue, può solo ringraziare: l’Akp di Erdogan e Gul – anche grazie al golpe militare del 1997- è un partito pienamente democratico. Ma le prossime elezioni potrebbero essere vinte dai Fratelli Musulmani, o dai fondamentalisti. Come in Algeria. E si sa come è finita.
Invece per Marcello Foa, che pubblica sulla prima pagina del GIORNALE " il partito per la Giustizia e il Progresso (Akp) del premier Erdogan e dello stesso Gül ha una doppia agenda". Una economica e strategica,"dichiaratamente moderna" e una sociale e culturale, che mira alla reislamizzazione della Turchia. Ecco il testo:
L’Europa ha capito poco o perlomeno solo in parte, come sempre quando si parla di Turchia. Il capo della Commissione Ue Barroso «si è congratulato di cuore» per l’elezione di Abdullah Gül alla presidenza della Repubblica turca, che «darà nuovo impulso alle riforme». Prodi lo ha salutato «come un uomo di grande intelligenza» destinato a essere un grande statista. Il Partito socialista europeo pronostica addirittura «un rafforzamento della democrazia nel percorso verso l’Ue». Per loro Gül è un moderato, affidabile. Islamico? Sì, ma non più di quanto lo siano i democristiani tedeschi o quelli italiani. Insomma, il nuovo capo dello Stato turco sarebbe una sorta di Helmut Kohl musulmano. La realtà, purtroppo, è diversa. Perché il partito per la Giustizia e il Progresso (Akp) del premier Erdogan e dello stesso Gül ha una doppia agenda. Una economica e strategica dichiaratamente moderna, che applica con dovizia le riforme suggerite dal Fondo monetario internazionale, liberalizza l’economia, rinsalda i legami con gli Usa e accetta le condizioni poste da Bruxelles per continuare le trattative in vista dell’adesione alla Ue. Ma poi ce n’è un’altra, che la classe politica e i media europei si ostinano a non vedere. Hanno cambiato tattica, gli islamici turchi. Fino alla fine degli anni Novanta puntavano a sovvertire la Costituzione rigorosamente laica voluta dal fondatore della Repubblica Kamal Atatürk 80 anni fa. Ma l’esercito glielo impediva. E muro contro muro perdevano. Poi hanno capito che esisteva uno strumento più efficace e non violento per riportare la Turchia sulla via del Corano. L’islamizzazione strisciante. Anziché sovvertire le istituzioni, hanno iniziato a svuotarle progressivamente dall’interno, contando sulla trasformazione silenziosa dei costumi sociali, che è molto più efficace di una rivoluzione. Negli ultimi cinque anni in Turchia si sono moltiplicate le scuole musulmane, è aumentato il numero delle donne che indossano il velo; intere città ora rispettano il ramadan e vietano gli alcolici nei locali pubblici, mentre nell’amministrazione pubblica fanno carriera i funzionari di provata fede. Viaggiando nella Turchia di oggi ci si accorge che le zone moderne e autenticamente laiche sono limitate alle località turistiche sul mare e ai centri delle grandi città come Istanbul, Ankara, Ismir. La Turchia profonda è sempre di più musulmana. Oggi l’Akp concentra su di sé poteri senza precedenti: ha la maggioranza assoluta dei seggi, la presidenza della Repubblica, del governo e del Parlamento. E davanti a sé ha altri cinque anni di supremazia. Quella di ieri è stata una giornata storica perché è crollato uno dei tre bastioni a difesa dei valori secolari: la presidenza della Repubblica, l’esercito e la Corte costituzionale. Gül è il primo capo dello Stato dichiaratamente islamico e sarebbe ingenuo pensare che non intenda avvalersi di questo privilegio per realizzare il Fine Ultimo, un tempo dichiarato e ora sapientemente celato. Certo inizialmente eviterà gesti plateali o inutili strappi protocollari, come quelli in violazione delle consuetudini che impediscono alle donne velate di assistere a cerimonie negli edifici pubblici. Ieri, al momento del giuramento, la neo first lady non era al suo fianco: ha preferito restare a casa pur di non togliersi il velo. Si sacrificherà, Gül, che ieri ha promesso imparzialità. D’altronde non ha fretta. Sa che la linea seguita finora è risultata vincente. Ora basta continuare, possibilmente infiltrando le ultime due cittadelle, l’Alta Corte e le Forze armate. Ci riuscirà? A Istanbul c’è chi spera di no e fa affidamento sul capo di Stato maggiore, Yasar Buyukanit, che ieri ha disertato polemicamente la cerimonia d’insediamento del neopresidente, 24 ore dopo aver lanciato un durissimo monito «contro le forze del male che erodono la natura secolare della Repubblica». Ma l’esercito ha perso la battaglia elettorale di luglio e non sembra più in grado di bloccare l’avanzata islamica. Il finale sembra già scritto, con il plauso di questa improvvida Europa. http://blog.ilgiornale.it/foa
Da La REPUBBLICA (pagina 7) riportiamo anche un articolo di Marco Ansaldo sul progetto di nuova Costituzione civile fatto trapelare, in coincidenza con l'elezione di Gul, dal premier Recep Tayyip Erdogan:
Poco o niente potere ai militari, autonomia ai curdi, libertà di indossare il velo nelle scuole e negli edifici pubblici. Ma soprattutto basta con il kemalismo, l´ideologia ispirata a Mustafa Kemal, detto Ataturk, padre della Turchia laica e moderna. Nel giorno in cui l´islamico moderato Abdullah Gul diventa l´undicesimo capo dello Stato turco, l´artefice della vittoria, il premier Recep Tayyip Erdogan, fa trapelare un progetto fino a ieri segreto: la nuova Costituzione civile, la prima nella storia del paese dopo quella scritta dai generali in seguito al golpe del 1981. E´ una svolta epocale per la Turchia. Lo schema, secondo quanto reso noto a Repubblica da alte fonti all´interno del partito al governo, è già a buon punto. Ecco come Erdogan e Gul stanno preparando la svolta. STOP AI MILITARI. Ampia riduzione del potere assegnato alle Forze armate. Due gli organi colpiti dal maglio dei legislatori di Erdogan, ma fondamentali negli equilibri istituzionali. Dal prossimo anno le decisioni del Consiglio militare supremo saranno soggette a revisione legale. E il Consiglio di sicurezza nazionale, cioè l´organo principale del paese, finora dominato dai generali che davano ai cinque ministri più importanti del governo le linee guida con cui amministrare il paese, verrà strutturato da personalità civili. CURDI E NAZIONALITA´. Via libera all´esistenza di più nazionalità e autonomie regionali all´interno dello Stato, quindi apertura a curdi e armeni. Cambierà l´articolo 66: essere turco sarà determinato semplicemente dalla cittadinanza e non dallo jus sanguinis. DONNE E VELO. E il punto più delicato di tutta la riforma costituzionale. Gli uomini di Erdogan e Gul non lo ammettono ancora ufficialmente. Ma allo studio c´è la possibilità di poter indossare il velo ovunque. Finora chi porta il foulard non può entrare - per legge - all´interno di università e di edifici dello Stato. EUROPA E RIFORME. La nuova Costituzione punta in molti casi a rispettare le richieste fatte ad Ankara dall´Unione europea. Uno dei cardini principali è l´acquisizione di standard europei basati su libertà e diritti. La Turchia si impegna ad accelerare sulla strada delle riforme. CAPO DELLO STATO E CORTE COSTITUZIONALE. Il presidente della Repubblica dovrà essere eletto direttamente dal popolo e non più scelto in Parlamento. Erdogan riuscirà probabilmente a ottenere la modifica già nel referendum previsto il prossimo ottobre. Saranno inoltre ridefinite le strutture e i compiti della Corte Costituzionale, così come è da aspettarsi una nuova impostazione per l´Alta commissione di Istruzione. UNA COSTITUZIONE IN STILE SPAGNOLO. Erdogan ha dato mandato due mesi fa a dieci costituzionalisti fedeli al partito di studiare la nuova Legge primaria, ispirata a quella della Spagna post Franco. I giuristi sono coordinati dall´ex ministro della Giustizia, il "falco" Cemil Cicek. I legislatori di Erdogan si preparano a convogliare in un testo unico le bozze preparate da quattro commissioni diverse. Il progetto verrà sottoposto già il mese prossimo al vaglio del Parlamento, e all´inizio del 2008 a referendum nazionale. Ma Erdogan e Gul vogliono far convergere sul loro piano rivoluzionario anche buona parte dell´opposizione, delle associazioni industriali e della società civile. FINE DELL´ERA ATATURK. Erdogan ha intenzione di chiudere con il passato kemalista, basato sulla difesa dei principi laici della Turchia da parte dell´esercito. E´ la fine dell´era dominata dal pensiero di Mustafa Kemal, fondatore della Repubblica nel 1923.