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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.08.2007 Campagna contro la renitenza alla leva in Israele
presi di mira attori, cantanti e modelle che hanno evitato il servizio militare

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 agosto 2007
Pagina: 15
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Israele, «lista nera» dei divi renitenti alla leva»
Dal CORRIERE della SERA del 22 agosto 2007:

GERUSALEMME — «Amo il mio Paese». La maglietta che spesso indossa ai concerti non è bastata. Lo spettacolo di Ivri Lieder, uno dei più popolari cantanti israeliani, è stato cancellato all'ultimo momento. Avrebbe dovuto esibirsi davanti a diecimila soldati, uno show per sostenere i giovani in divisa. L'uniforme verde oliva che lui non ha mai indossato e che lo Stato Maggiore vede anno dopo anno perdere fascino sui ragazzi: quest'anno il 25 per cento dei maschi non è entrato nelle forze armate, le donne che hanno evitato il militare sono il 43 per cento.
Le cifre record spaventano i generali. Sotto accusa sono finite le celebrità come Lieder, considerati simboli negativi perché «non hanno fatto il loro dovere». «È preoccupante — commenta Elazar Stern, capo delle risorse umane nell'esercito — che chi ha schivato il militare possa diventare un modello culturale». Al cantante, uno dei primi divi a dichiarare pubblicamente di essere omosessuale, è stata offerta una possibilità: firmare una lettera in cui giurava «di amare e rispettare le forze armate». Oppure considerare i suoi concerti per i soldati come servizio da riservista e impegnarsi per due anni. «Ivri è stato riformato per ragioni mediche — spiega la portavoce Roni Arditi —. In un decennio di carriera è apparso centinaia di volte nelle caserme o negli ospedali militari. Durante la guerra in Libano dell'estate scorsa, è andato come volontario vicino al fronte per sostenere il morale dei combattenti ».
La percentuale di chi non finisce sotto le armi è raddoppiata rispetto agli anni Settanta. La maggior parte degli esentati resta formata dagli ultraortodossi, che per legge possono scegliere gli studi religiosi invece del servizio. «Fino a trent'anni fa — scrive Yoel Marcus sul quotidiano liberal Haaretz — indossare la divisa era considerato un onore o almeno parte fondamentale della vita e della formazione
di un israeliano. Oggi le famiglie più ricche, le élite del Paese, si possono permettere di mandare i figli all'estero, quando il momento della partenza per l'addestramento si avvicina».
Un terzo dei soldati nelle unità combattenti, una volta le più ambite, è composto da nuovi immigrati e un altro 30 per cento è rappresentato dai sionisti religiosi, tra i più attivi fino alla frattura con le forze armate aperta dal ritiro da Gaza nell'agosto del 2005. «Da esercito del popolo ci stiamo trasformando in esercito di metà del popolo. Quando un militare va in battaglia non può pensare che per gran parte della nazione è uno stupido, uno che rischia la vita per niente», ha attaccato Ehud Barak in un discorso all'inizio del mese. Il neo-ministro della Difesa, il soldato più decorato della Storia del Paese, ha invocato un ritorno al «marchio di Caino»: «Non prestare servizio dev'essere un disonore ».
Il governo e lo Stato maggiore lo hanno preso in parola. Vered Swid, consigliere del premier Ehud Olmert per gli Affari sociali, progetta una lista nera dei divi che si sono sottratti ai tre anni in caserma. «Stiamo spingendo i comuni
e le organizzazioni pubbliche a non invitarli per concerti o esibizioni». Chi finisce nell'elenco dovrebbe venire escluso soprattutto dalle celebrazioni, nel 2008, per i sessant'anni dalla fondazione dello Stato. «È cominciato un processo di delegittimazione — commenta Haaretz in un editoriale — che ricorda le strategie del senatore Joseph McCarthy contro le star hollywoodiane».
La radio dell'esercito ha tolto un programma ad Aviv Geffen, la rockstar più amata dagli adolescenti israeliani, per il suo sostegno agli obiettori di coscienza. I giornali hanno ritirato fuori il caso della modella Bar Rafaeli (si è sposata segretamente per evitare il servizio) o della cantante Maya Buskila: ha dichiarato di essere ultraortodossa, ma si esibisce con così pochi vestiti che i parlamentari ormai parlano della «legge Buskila » per far passare un provvedimento contro truffe simili. Le associazioni delle madri dei combattenti hanno scritto lettere infuriate, quando è stato rivelato che cinque su otto tra gli adolescenti che partecipano in televisione alla nuova edizione di È nata una stella si sono «imboscati». «Che cosa dovrebbe scegliere un diciottenne che cresce in questa società sempre più materialista? — scrive sarcastico un sergente della riserva in un forum su Internet —. Farsi un mazzo così per tre anni o diventare un divo, pieno di soldi e ragazze? ».
Una volta sarebbe stato impossibile per Oshri Cohen ottenere, anche solo sul set, le mostrine per interpretare il ruolo dell'ufficiale in Beaufort. L'attore ha lasciato l'esercito dopo un anno e il quotidiano Yedioth Ahronoth lo ha attaccato perché ha avuto un'altra parte da soldato in un film dedicato all'ultima guerra in Libano. «Potrà essere sorprendente — ha replicato la casa di produzione — ma quando scegliamo gli attori non chiediamo se hanno fatto il militare ».

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