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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.08.2007 I terroristi di Hamas chiedono aiuto a Europa e Italia
un'intervista di Lorenzo Cremonesi ad Ismail Haniyeh

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 agosto 2007
Pagina: 13
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: ««Europa e Italia ci aiutino a cancellare l'embargo»»

Intervista di Lorenzo Cremonesi a  Ismail Haniyeh, capo del governo golpista di Hamas a Gaza, sul CORRIERE della SERA del 21 agosto 2007.
Haniyeh esordisce "con una battuta" : «Come si fa a parlare di pace, se ci tagliano persino l'elettricità in casa?».
Ad essa Cremonesi avrebbe potuto rispondere ricordando che Hamas, con il progetto di imporre tasse sulle forniture elettriche, ha costretto l'Unione europea a sospendere il pagamento del carburante necessario al funzionamento della centrale elettrica di Gaza. Il giornalista ha preferito invece avanzare un'ipotesi su come Hamas potrebbe "aiutare l'Europa" ad aiutarla.
"Lei sa bene", ha detto ad Haniyeh "che basterebbe una piccola frase del tipo «Hamas potrebbe evolversi, siamo disposti a lavorare per riconoscere Israele nel futuro » e per voi si aprirebbero le porte della legittimazione e dei contributi internazionali."
A noi risulta che le condizioni del quartetto prevedano il riconoscimento di Israele da parte di Hamas, non un'ipotesi  di futuro riconoscimento. E ci auguriamo che l'ipotesi di Cremonesi sia falsa. Se Hamas prometesse di potersi evolvere in futuro non si dovrebbe affatto considerare il rinnovamento come già avvenuto.

Ecco il testo dell'intervista, nella quale Cremonesi, gliene va dato atto, solleva la questione della differenza tra hudna e pace e delle radici teologiche dell'opposizione di Hamas a Israele.

Ecco il testo:

GAZA — «Come si fa a parlare di pace, se ci tagliano persino l'elettricità in casa?». Reagisce con una battuta il leader del governo di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, quando per l'ennesima volta ieri mattina il generatore nel cortile fa cilecca e il suo ufficio resta al buio. Ci concede quest'intervista per 50 minuti in pieno giorno, ma per motivi di sicurezza le persiane sono abbassate.
Perché non aiuta l'Europa ad aiutarvi? Lei sa bene che basterebbe una piccola frase del tipo «Hamas potrebbe evolversi, siamo disposti a lavorare per riconoscere Israele nel futuro » e per voi si aprirebbero le porte della legittimazione e dei contributi internazionali.
«Noi abbiamo detto più volte chiaramente che vorremmo vedere riconosciuto uno Stato palestinese all'interno dei confini delle terre occupate nel 1967. Se Israele accetta questa opportunità allora siamo pronti ad proporre una Hudna, un cessate il fuoco, lungo decenni e decenni».
Perché non aggiunge invece che alla fine della Hudna potranno esserci due Stati in piena convivenza pacifica?
«Inutile anticipare la storia, perché correre tanto avanti? In passato l'Olp riconobbe Israele, ma non è servito a nulla. Oggi crescono le colonie ebraiche in Cisgiordania, Gerusalemme è sempre più occupata con i suoi abitanti arabi sempre più discriminati. In verità Israele non ha mai accettato politicamente e geograficamente uno Stato palestinese sui confini del 1967».
Ahmed Yassin, massimo ideologo di Hamas assassinato dagli israeliani nel 2003 a Gaza, sosteneva con parametri teologici che la Palestina è «Waqf», terra santa islamica, che non può essere condivisa con lo Stato ebraico. Anche lei fonda il suo rifiuto su termini religiosi?
«Io sono solo un premier eletto. E come tale fondo il mio agire sulla piattaforma politica del nostro governo».
Come ha letto le recenti dichiarazioni di apertura pronunciate da Romano Prodi nei confronti di Hamas?
«Sono ottime. Diamo il benvenuto a Prodi. Il suo è un approccio equilibrato che riconosce Hamas e il pieno valore della nostra vittoria elettorale nel gennaio 2006. Noi siamo un partner flessibile, democratico, siamo la vera espressione della volontà popolare palestinese. Non possiamo venire ignorati, né ostracizzati. E siamo molto interessati a mantenere aperto il dialogo con l'Europa. Hamas può diventare la testa di ponte del rapporto tra mondo arabo l'Europa e l'Italia. Chiedo a Prodi di aiutarci a cancellare l'embargo. Con il suo contributo questa regione potrebbe davvero diventare pacifica per decenni».
Il presidente Abu Mazen sta preparando con Ehud Olmert la piattaforma per la conferenza di pace che dovrebbe tenersi a Washington in novembre. Hamas gli concede carta bianca?
«Assolutamente no. Credo che la conferenza negli Usa non avrà alcuna rilevanza concreta. Sarà solo un piccolo party di addio in vista della fine della presidenza Bush. E in ogni caso Abu Mazen non possiede alcun mandato per decidere indipendentemente del futuro dei palestinesi ».
È plausibile che lei possa dare la luce verde per gli scontri armati in Cisgiordania contro il Fatah come è già avvenuto a Gaza in giugno?
«Voglio dire che non siamo stati noi ad iniziare lo scontro a Gaza, bensì il Fatah e le sue squadre armate che hanno voluto le violenze per affossare il risultato delle elezioni democratiche. Ora fanno lo stesso in Cisgiordania, arrestano o uccidono i nostri militanti. Una situazione molto pericolosa, che rischia di degenerare ».
Che relazione c'è tra Al Qaeda e Hamas?
«Solo i nostri detrattori vedono un legame tra noi ed Al Qaeda, che in verità non c'è affatto».
Considerate Al Qaeda un nemico?
«Hamas ha un solo nemico: l'occupazione israeliana. Comunque, tutta la nostra attività è indirizzata alla Palestina. I nostri metodi e obiettivi non hanno nulla a che fare con quelli di Al Qaeda».
Fatah vi accusa di arrestare e torturare i suoi uomini e di censurare la stampa di Gaza.
«È vero l'opposto. Sono loro che arrestano i nostri uomini in Cisgiordania e bloccano la vendita dei nostri giornali».
Ancora Fatah vi accusa di imboscare il gasolio per i generatori che producono l'energia elettrica di Gaza. Un affronto anche per l'Unione Europea, che paga almeno un quarto delle spese.
«Falsità. La mancanza di carburante e il blocco dei generatori è invece stato voluto dal Fatah per metterci in difficoltà. Un fatto gravissimo. Per risolverlo mi rivolgo ancora a Prodi: perché non manda una commissione d'inchiesta italiana? Siamo prontissimi a collaborare. Capirebbero subito che alcuni mafiosi legati al Fatah sono all'origine di questa che è una delle crisi più difficili per la gente di Gaza ».

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