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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Manifesto - Europa Rassegna Stampa
17.08.2007 Non toccate i pasdaran
in nome della "sovranità statale" difendono un gruppo criminale

Testata:Il Manifesto - Europa
Autore: Marina Forti - SIAVUSH RANDJBAR-DAEMI
Titolo: ««Pasdaran nella lista del terrore» - Pasdaran wanted. S’allunga la lista di Bush»
Due quotidiani, Il MANIFESTO ed EUROPA il 17 agosto 2007, ignorando la natura dei pasdaran iraniani (vedi a questo proposito l'articolo di Guido Olimpio riportato qui)  presentano una loro eventuale inclusione nella lista delle organizzazioni terroristiche del Dipartimento di Stato americano come una provocazione e una mostruisità giuridica, dato che i guardiani della rivoluzione sono forze armate di uno stato sovrano.
In realtà i pasdaran sono un corpo al servizio di un'ideologia totalitaria, non di uno stato. Esattamente come lo furono le SS, i cui membri, infatti, vengono oggi giudicati come membri di un'organizzazione criminale, non di un esercito.
Nel caso dei pasdaran, che già hanno commesso crimini efferati, ma che ne stanno apertamente preparando altri (la distruzione di Israele, forse con armi nucleari), qualcuno sembra aver  capito la loro natura con un certo anticipo rispetto a quanto avvenne per le SS.
E' una buona notizia.

Ecco l'articolo di Marina Forti, da pagina 10 del MANIFESTO :

Secondo notizie ancora non ufficiali, gli Stati uniti si preparano a includere le Guardie della rivoluzione, istituzione militare della Repubblica islamica dell'Iran, nella loro lista di «organizzazioni terroriste straniere». La notizia è stata diffusa il 15 agosto dal New York Times, che cita diversi «alti funzionari» dell'amministrazione Bush e alcuni diplomatici europei. Non è un annuncio ufficiale dunque, ma non è neppure stato smentito.
Sarebbe la prima volta che Washington (o qualunque altro governo) dichiara «terroriste» le forze armate di un altro stato sovrano, e anche solo l'ipotesi segna una netta escalation aggressiva nella politica degli Stati uniti nei confronti dell'Iran. Da tempo Washington sostiene che l'Iran è uno stato «sponsor» del terrorismo (vedi «asse del male»), e negli ultimi mesi accusa proprio le Guardie della rivoluzione di fornire armi alle milizie sciite che combattono le truppe Usa in Iraq (in gennaio le forze Usa hanno arrestato quattro addetti consolari iraniani a Erbil, nel Kurdistan iracheno, accusandoli di essere «agenti di collegamento» delle Guardie della rivoluzione addetti al traffico d'armi). Più di recente hanno accusato le Guardie di fornire armi anche ai taleban in Afghanistan.
Secondo quanto ricostruisce il quotidiano newyorkese, la proposta di includere le Guardie della rivoluzione tra le organizzazioni terroriste è sostenuta dalla segretaria di stato Condoleezza Rice. Sarebbe stata lei a parlarne con alcuni degli alleati europei: in settembre infatti il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite dovrà decidere su nuove sanzioni verso l'Iran per il suo programma nucleare, e così gli Stati uniti mandano a dire che se il Consiglio non approverà le sanzioni più dure chieste da Washington, allora gli Usa dovranno agire unilateralmente. Secondo il Nyt insomma la segretaria di stato brandisce la minaccia di quella lista di «organizzazioni terroriste» da un lato per tenere tranquilli i «falchi» dell'amministrazione, dall'altro per fare pressione su alleati europei. Sullo sfondo, le divisioni nell'amministrazione Bush circa l'atteggiamento da tenere verso l'Iran, con uno schieramento guidato da Rice più favorevole a impegnare gli Usa nell'azione diplomatica (così vengono chiamati condanne, ultimatum e sanzioni) e un fronte che favorisce azioni militari: nell'ultimo anno Rice aveva avuto la meglio, ma negli ultimi mesi alcuni consiglieri del vicepresidente Dick Cheney hanno ripreso a spingere per una linea aggressiva. Non sfuggirà il paradosso: per togliere argomenti ai «falchi», i sostenitori della via diplomatica vogliono sanzioni più dure che tolgano all'Iran molto del suo spazio di manovra (un embargo sulle transazioni finanziarie più ampio di quello già decretato, insieme al bando sui viaggi di alcuni dirigenti iraniani). E per convincere i partners europei, Rice minaccia di includere la principale istituzione militare dell'Iran nella lista delle organizzazioni terroriste internazionali - cosa che permetterà a Washington di darsi un appiglio di «legalità» per eventuali future azioni aggressive contro Tehran.
Le Guardie della Rivoluzione Islamica (Sepah-e Pasdaran) sono il principale corpo militare dell'Iran. Creato nel 1979 dall'ayatollah Khomeini per affiancare l'esercito regolare sospettato di mantenere fedeltà monarchiche, ha avuto un ruolo prominente negli otto anni di guerra con l'Iraq (è allora, nell'85, che alle forze di terra ha aggiunto una marina e un'aviazione). Oggi ha il compito della difesa delle frontiere. Il Sepah-e Pasdaran è tra le istituzioni che rispondono direttamente alla Guida suprema, massima autorità della repubblica islamica. Conta circa 120mila uomini e ha un servizio di intelligence proprio. E' probabilmente l'istituzione diffusa nel modo più capillare in Iran, strumento di consenso politico poderoso. La sua influenza politica è notevolmente aumentata con l'elezione del presidente della repubblica Mahmoud Ahmadi Nejad, un ex quadro intermedio dei pasdaran, da loro sostenuto. Le Guardie della rivoluzione sono anche un soggetto economico, in proprio e attraverso diverse società controllate (tra l'altro il controllo delle frontiere gli ha permesso di gestire un importante flusso di importazioni che sfugge alle dogane ufficiali), e anche il loro ruolo economico si è rafforzato con Ahmadi Nejad. Nel 2006 in particolare il governo ha dato alla società di engineering delle Guardie, Ghorb Khatam, un contratto per 2 miliardi di dollari per lo sviluppo di gas naturale in due settori del giacimento di South Pars, che seguiva altri contratti miliardari. Ghorb ha poca esperienza nel settore petrolifero, e i contratti sono stati attribuiti senza gara d'appalto: così nel luglio 2006 il quotidiano riformista E'temad Melli commentava che quei contratti provano come «il vincitore delle elezioni presidenziali è stato Ghorb» e i militari affaristi.

E quello di Siavush Randjbar- Daemi da pagina 5 di EUROPA :

Il dipartimento di stato americano sarebbe in procinto di includere, per la prima volta, un corpo militare appartenente a uno stato sovrano nella lista nera delle organizzazione terroristiche internazionali. La rivelazione, fatta dal New York Times, ha nuovamente acceso i riflettori sulle guardie rivoluzionarie iraniane, uno dei gangli più complessi dell’apparato statale della repubblica islamica.
Conosciuto in patria come Sepah-e-Pasdaran – o armata dei guardiani – il corpo delle guardie rivoluzionarie nacque pochi mesi dopo l’affermazione della rivoluzione del 1979. Assillati da pressanti dubbi sulla lealtà dell’esercito regolare, infarcito di ufficiali fedeli alla monarchia, i collaboratori più radicali dell’ayatollah Khomeini proposero la creazione di una milizia popolare non dissimile da Amal, creata mezzo decennio prima nel Libano meridionale dal carismatico capo degli sciiti libanesi, l’imam Mussa al-Sadr.
I pasdaran sono coadiuvati dai Basij, nucleo di volontari (secondo alcune stime supererebbero addirittura i cinque milioni) che ha il compito di garantire il rispetto delle rigide leggi morali promulgate nel primo periodo post-rivoluzionario.
I pasdaran consacrarono la propria posizione all’interno del regime islamico combattendo accanitamente contro l’invasore iracheno. Per otto lunghi anni, mossi da uno smisurato desiderio di martirio collettivo, i guardiani della rivoluzione pagarono un prezzo di sangue altissimo nel tentativo di conquistare l’entroterra sciita dell’Iraq. Fornirono inoltre, sempre nello stesso periodo, l’apporto logistico per la costituzione di Hezbollah, aiutando i “cugini” libanesi a fronteggiare l’invasione israeliana del 1982 e la “deriva” laica del leader di Amal, Nabih Berri.
Esclusi dal potere politico alla fine della guerra con l’Iraq – il presidente Rafsanjani, un pragmatico, affidò la ricostruzione del paese ai tecnocrati – i pasdaran dovettero “accontentarsi” dei generosi dividendi di guerra elargiti dalla nuova guida suprema, Ali Khamenei, che affidò loro la gestione delle influenti fondazioni economiche parastatali. I guardiani espansero così la propria dimensione affaristica, fino a entrare apertamente in contrasto con il resto del regime, come testimoniano le severe condanne per estorsione inflitte nel 1997 a otto faccendieri vicinissimi a Mohsen Rafiq-Doost, l’allora capo della fondazione dei diseredati, un’enorme organizzazione che fungeva da paravento per le guardie rivoluzionarie.
L’avvento al potere di Mahmoud Ahmadinejad, ex esponente della milizia, sembra favorito l’ingresso, comunque graduale, dei pasdaran nell’arena politica. Buona parte degli attuali ministri – su tutti i titolari degli esteri e della cultura, Mottaki e Saffar Harandi – provengono dai ranghi dei pasdaran. Anche l’attuale capo negoziatore nucleare, Ali Larijani, in carica dall’estate 2005, ha avuto nei primi anni ottanta un ruolo di assoluto rilievo all’interno della milizia. I buoni rapporti tra Ahmadinejad e i pasdaran hanno però subito una battuta d’arresto con la chiusura, recente, del sito baztab.com (legato al tutt’ora influente ex capo pasdaran Mohsen Rezai), temporaneamente oscurato per le avere criticato ferocemente la mancata attuazione della promessa, lanciata in campagna elettorale da Ahmadinejad, di sradicare la povertà, che dilaga in tutto il paese.
L’ascesa politica dei pasdaran ha rafforzato uno dei suoi reparti più “catacombali”, le brigate al Qods (Gerusalemme).
Formato negli anni ottanta per assistere i movimenti radicali attivi nel mondo islamico, il reparto, secondo fonti d’intelligence angloamericane, fornirebbe supporto materiale agli insorti sciiti in Iraq, i quali avrebbero utilizzato armi e ordigni di fabbricazione iraniana per compiere attentati, in buona parte fatali, contro convogli militari alleati.
Le accuse americane, combinate all’arresto di cinque presunti membri di al Qods («semplici diplomatici», per Teheran) nell’ufficio di rappresentanza iraniano a Erbil, avvenuto a dicembre nel nord dell’Iraq, ha scatanato una crociata contro i pasdaran, diventati uno dei bersagli principali della diplomazia statunitense, specialmente in chiave antinucleare.
Sono però ben poche le possibilità che il potere delle guardie rivoluzionarie, ormai dotate di decine di società prestanome a Dubai e in altri centri finanziari del Medio Oriente, possa essere significativamente scalfito dalle risoluzioni del palazzo di vetro sul nucleare di Teheran o dall’equiparazione con al Qaeda, Hamas o Hezbollah. E nemmeno l’iscrizione nella lista nera del dipartimento di stato – una mossa che tradisce il «dilettantismo»dell’amministrazione Bush, ha scritto il New York Times – sembra capace di “colpire” le guardie rivoluzionarie. Dopo quasi trent’anni di fedeli servigi resi alla repubblica islamica, i pasdaran sono ormai un tentacolare stato nello stato che coniuga silenziosamente il proprio strapotere economico con il tanto bramato ingresso nell’agone politico, un tempo “riserva di caccia” del vecchio clero rivoluzionario.

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